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EXTRA LAZIO / Due anni senza Schumi

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Flash news

redazionecittaceleste

- (Da IL TEMPO.IT) - Due anni con e senza Michael Schumacher. Il 29 dicembre ricorrerà un anniversario doloroso per il mondo dello sport, si rinnoverà il ricordo dell’incidente del sette volte campione del mondo di F1. Fu una fatalità, lo accertò un’inchiesta della Procura di Albertville. Fu la caduta degli dei tra i mortali. Fu l’ultimo Natale felice per Schumacher.

Era una domenica come tante altre sulle Alpi dell’Alta Savoia, una gita sulle nevi di Meribel in compagnia del figlio Mick jr e di alcuni amici, un taglio fuoripista a velocità normale e l’impatto contro una roccia che giocava a nascondino con lo spumoso manto bianco. Con gli sci colpì con un masso e piombò di testa su un altro, aveva il caschetto, ma aveva anche una telecamerina GoPro che gli fu fatale: penetrò nell’elmetto e danneggiò il cervello. I soccorsi furono veloci, ma non esenti da errori, la gravità del trauma cranico fu sottovalutata perché durante il primo elitrasporto all’ospedale più vicino, Schumi era ancora cosciente. Si perse tempo e nei casi di emorragia cerebrale i minuti sono fondamentali come l’ossigeno. Con il passare delle ore si comprese che non era una banalità, ma un dramma: l’uomo che aveva riscritto la storia dei motori, il ferrarista che aveva riportato in alto il Cavallino rampante con 5 titoli consecutivi, il Kaiser dai 7 Mondiali, stava lottando tra la vita e la morte al 5° piano della clinica universitaria di Grenoble (centinaia di fan affollarono per giorni il piazzale antistante).

Niente sarebbe stato come prima. Da allora sono passati 24 mesi, il recupero è sfiancante nella sua lentezza e incertezza; i droni, gli elicotteri, i paparazzi appostati sui verdissimi alberi svizzeri che circondano la villa di Gland affacciata sul lago di Ginevra hanno provato in tutti i modi a violare la vita privata e la sofferenza di una famiglia che nel giro di una mattinata si è vista sconvolgere la luccicante esistenza.

Negli anni si sono rincorse mezze verità, bugie, speculazioni, qualcuno ha provato perfino a vendere al miglior offerente la cartella clinica e si è suicidato per questo, ma è un esercizio inutile e un po’ cattivo: solo la moglie Corinna, i due figli, Mick e Gina Maria, e pochissimi altri conoscono le reali condizioni del pilota e i suoi progressi nella camera attrezzata con macchinari all’avanguardia per volere della moglie che contemporaneamente ha venduto il jet personale. Gli scarni comunicati sulla sua salute sono scomparsi e le indiscrezioni della stampa vengono puntualmente rintuzzate dalla portavoce storica Sabine Kehm, oggi anche manager di Mick avviato alle corse nonostante una pressione mediatica che ha spaventato perfino Nico Rosberg («deve essere assolutamente tutelato» ha detto di recente), altro figlio d’arte. L’ultima intromissione giornalistica è di pochi giorni fa. La tedesca «Bunte» (rivista di gossip molto ben informata, una specie di Dagospia tedesco) aveva rivelato che «Michael è molto magro ma è in grado di nuovo di camminare un po’ con l’aiuto del suo terapeuta. Riesce a fare un paio di passi e può anche alzare il braccio». La smentita della Kehm alla «Bild» è stata durissima: «Purtroppo queste notizie ci costringono a sottolineare come l’affermazione che Michael possa camminare di nuovo sia priva di fondamento. Certe dichiarazioni sono irresponsabili perché alimentano false speranze tra chi lo segue con sincera trepidazione».

Dunque, se non è vero, significa che ancora oggi il pilota, pur seguito 24 ore su 24 dal luminare Saillant e da uno staff di fisioterapisti, sarebbe fermo al riconoscimento visivo della famiglia e poco più. Il peggio è però nel silenzio che la Kehm ha opposto a un’altra affermazione della rivista: «L’incidente ha compromesso il cervello del campionissimo costringendolo a un’assistenza a vita». Un silenzio straziante che ha accompagnato un’azione legale della famiglia contro la «Bunte» per violazione della privacy e diffusione di notizie non vere. D’altra parte i tre neurochirurghi dell’ospedale di Grenoble che a dicembre 2013 gli salvarono la vita, erano stati chiari: le lesioni, gli edemi erano troppo estesi, i due interventi chirurgici erano stati fondamentali ma non risolutivi, il coma farmacologico necessario, il risveglio dopo sei mesi l’unica speranza di non ridurlo in stato vegetativo, la neuroriabilitazione di qualche mese a Losanna propedeutica per il ritorno a casa.

Dissero che sarebbe stato un percorso lungo e individuale. Avevano capito quale sarebbe stato il futuro del mito, ma non potevano dichiararlo, non potevano ammetterlo pubblicamente. Schumacher sta riscrivendo la sua storia, il miracolo non c’è stato e il tempo ci serve ad accettare la realtà. Una realtà che ci restituisce l’immagine di un Michael fragile e indifeso.