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CASA LAZIO – Società, tecnico e squadra: tutti sotto accusa dopo la disfatta Champions

Bernardini
Le colpe del presidente Lotito e del ds Tare sono quelle di aver sopravvalutato una rosa che già lo scorso anno aveva bisogno di ritocchi e di aver sottovalutato quei lampi che adesso sono tuoni.

redazionecittaceleste

ROMA - «Questa squadra è difficilmente migliorabile» dichiarava il ds Tare a fine giugno. Dopo la gara contro il Leverkusen, ma a dire il vero anche il giorno dopo averle udite, le sue parole stridono con la realtà dei fatti. Una squadra che viene umiliata così, va assolutamente migliorata. C’è bisogno di uno sforzo economico per competere a certi livelli. Si poteva e si doveva fare di più. Le colpe del naufragio vanno ricercate in ogni componente, nessuno escluso.

LA SOCIETÀ – Le colpe del presidente Lotito e del ds Tare - scrive Il Messaggero - sono quelle di aver sopravvalutato una rosa che già lo scorso anno aveva bisogno di ritocchi e di aver sottovalutato quei lampi che adesso sono tuoni. C’era bisogno di un terzino sinistro per sostituire Radu in difficoltà, c’era bisogno di una punta visto che il limite di Klose risiede nell’età e quello di Djordjevic nello spessore. C’era bisogno di un vice Biglia. Trovarlo non è facile ma almeno ci si doveva provare. E invece niente. Dal mercato sono arrivati giocatori di prospettiva ma acerbi per una squadra che vuole fare il salto di qualità. L’idea forse è che non si è proprio convinti di volerlo fare quel passo in avanti e che questa aura mediocritas stia bene. I successi non arrivano con le chiacchiere ma con i fatti. Giustissimo investire sui giovani ma accanto, per farli crescere, c’è necessità di giocatori d’esperienza. La mancata qualificazione è l’ennesima occasione buttata, dopo la Champions del 2006, dopo la Coppa Italia di Rossi, la Supercoppa di Ballardini e il derby vinto con la Roma nell’ormai storica finale del 26 maggio. Un passo avanti e uno indietro che lasciano i biancocelesti sempre sulla stessa identica mattonella. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

IL TECNICO – Dove è finito il fluido magico di Pioli? Lo scorso anno sembrava avere la bacchetta, il collante che aveva cementato il gruppo ora è scotch posticcio. Lo spogliatoio non è più unito e ognuno vuole cantare a modo suo. Niente più cori Lazio vola ma tanti stridenti acuti. L’allenatore paga anche il suo aziendalismo, va bene assecondare la società ma subire è sbagliato. E così si è passati da «Serve una punta» a «Con Mauri siamo a posto». Inoltre paga un certo provincialismo: senza Biglia sembra non si possa giocare. Cataldi è passato da vice a ignorato. E il coraggio? È lui a doverlo trasmettere. Non si può arrivare in quelle condizioni alla gara più importante dell’anno. Sbagliata la scelta della formazione, la difesa a tre non ha mai dati i frutti sperati. restano gli applausi per la passata stagione ma ora serve qualcosa in più.

I GIOCATORI – Anche i calciatori devono prendersi le loro responsabilità. Troppo facile scaricare verso l’alto. L’entusiasmo e il brivido della musica della Champions non possono produrre la pochezza vista alla BayArena. Sono mancati i big da Anderson a capitan Candreva, passando per de Vrij, Radu, Parolo e Lulic. Scena muta. Le assenze non possono essere l’alibi a tutti i mali e l’aver affrontato questa gara senza nessun nuovo acquisto in campo deve far riflettere. Ora bisogna abbassare la testa, chiedere scusa ai tifosi e ripartire già da domenica a Verona .

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