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Petrelli: “Nel 73/74 sapevamo di poter compiere l’impresa”

Sergio Petrelli, ex giocatore della Lazio.

Ecco le sue parole

redazionecittaceleste

ROMA - Giorno di ricordi per molti ex biancocelesti del passato, nel 119esimo compleanno della Lazio.

"Queste le dichiarazioni ai microfoni della radio ufficiale biancazzurra, dell'ex difensore Sergio Petrelli: "Per me era una situazione complicata, venivo dalla Roma. Nella stagione 1972/1973 non ho giocato molto perché non sono riuscito ad inserirmi nella vita di squadra, forse alcuni miei compagni mi guardavano anche male. L’anno dopo sono entrato in squadra per via di alcune situazioni che si erano venute a creare, come qualche infortunio. Quell’anno è stata un’annata straordinaria che mi ha fatto capire che nel calcio è importante trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Quella stagione ha migliorato e rivalutato tutta la mia carriera calcistica, vincere uno scudetto con un team che non era tra i favoriti dei pronostici".

L'IMPORTANZA DEL MAESTRO

"Ora se chiedi ai tifosi della Lazio quella formazione la sanno a memoria e quando dicono il mio nome è un'emozione unica, mi fa molto piacere. Ho vissuto e sto vivendo una vita ancora con la mente a quell’anno fantastico che ha lasciato il segno, non siamo scomparsi anche a distanza di tanti anni. Quando giocammo a Napoli, stavo in panchina e guardavo Maestrelli e gli dissi che era un campionato che dovevamo vincere e doveva fare di tutto per riuscirci. Alcuni miei compagni erano “cotti” e dissi al mister che forse andavano cambiati, ma lui mi rispose che non poteva escluderli perché gli era riconoscente per il lavoro fatto in precedenza. Indubbiamente Maestrelli è stato quello che è riuscito a gestire una squadra con tante personalità particolari. Nella stagione 73/74 siamo arrivati convinti che avremmo potuto compiere l’impresa, ricordo che a volte, Chinaglia, sbuffava perché sapeva che si poteva vincere e in alcuni casi le cose non andavano bene".

VITTORIA

"Il 12 maggio è stata un’emozione unica vedere lo stadio pieno, dipendeva tutto da noi, avevamo in mano il nostro destino, è stato bellissimo. Siamo entrati in campo con il coltello fra i denti. L’invasione di campo al 90’ me la ricorderò per sempre, mi presero uno scarpino. Preferivo mi avessero preso la maglia che lo scarpino, dato che ci tenevo tanto e lo curavo in maniera maniacale. Capisco la gioia di vincere un campionato, è una grande emozione. Pensando a Felice Pulici mi commuovo ancora, è stato il mio compagno di camera per quattro anni. Lo ricorderò, come tutti gli altri miei compagni che sono venuti a mancare, con tanto affetto e gratitudine".