Torna a parlare Beppe Signori, dopo l'intervista rilasciata al Corriere dello Sport dove ripercorreva i momenti più bui dall'arresto nel 2011 fino alla ritrova, definitiva libertà. Prima di intraprendere quello che lui ha stesso ha definito un obbiettivo per il futuro ovvero diventare allenatore; adesso è tempo di pensare al suo docu-film "Fuorigioco, una storia di vita e di sport". Il lungometraggio, che racconta la vita a 360° di Signori dal campo alla vita privata ripercorrendo tutti i passi dell'ex capitano laziale, ha fatto il suo esordio nella giornata di ieri a Bologna presso il cinema "Medica". Quest'oggi, ai microfoni di RadioSei Signori ha voluto raccontare, oltre all'esperienza di ieri, qualche aneddoto sul suo passato biancoceleste non nascondendo un po' di rammarico.
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Signori: “Una generazione è cresciuta con la mia Lazio, sarei rimasto a vita”
Torna a parlare ancora Giuseppe Signori dopo la prima del suo docu-film a Bologna è intervenuto ai microfoni di RadioSei
Beppe Signori e i tifosi
"Ieri sera c’è la stata la prima a Bologna del mio docu-film, con un cinema completamente pieno e c’è stata tanta emozione. Per me era la prima volta e quindi è stato duro ripercorrere quei momenti difficili che undici anni fa mi avevano coinvolto, in questi anni cerchi di chiudere determinati cassetti ma quando rivedi le immagini ti torna tutta la sofferenza però allo stesso tempo devo trasformare le lacrime che ho versato in questi anni in gioia. Devo ripartire come ho sempre fatto anche quando giocavo, non mollare mai. Nessuno voleva crederci ma dovevo portare a casa il risultato e il fatto non sussiste è il miglior risultato. Ringrazio tutte quelle persone, tifosi e non, che mi sono state vicine e che mi hanno sempre dimostrato grande affetto. Con la scesa in campo quando dovevo andare a Parma, quello è l’apice di gioia per un giocatore. È una cosa indelebile che rimarrà per tutta la vita di un uomo e di un calciatore che è rimasto perché i tifosi lo volevano a tutti i costi, ovviamente c’era anche la mia volontà però credo che questo sia stato il segnale d’amore chi mi ha sempre legato alla Lazio. Non smetterò mai di ringraziarli. Credo di essermi fatto conoscere per come sono, senza entrare mai in polemiche e ho cercato sempre di essere corretto certo facendo gol perché quello era il mio mestiere ma senza mai creare problemi anche perché quando giocavo ciò che contava era solo buttarla dentro”.
Sulla Lazio e sul futuro
“Quando giocavo ciò che non percepivo e ho capito dopo, è che una generazione è cresciuta con la mia Lazio. in quegli anni eravamo una squadra che stava crescendo e che ancora non aveva toccato l’apice dei successi, ma era importante sia in campionato sia in Europa. Essere il portabandiera di una generazione è una cosa fantastica, perché non sei stato il classico giocatore che è passato. Se non ci fosse stato quel problema con Eriksson io sarei rimasto a vita perché stavo talmente bene a Roma che non avevo nessun motivo per poter andare via. Il mio sogno resta quello di riprendere il discorso per diventare tecnico. Le difficoltà ci sono, ma credo di poter essere un importante insegnante per giovani calciatori. Se così non fosse aprirò una mia accademia, dei progetti ce ne sono".
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