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Di Canio ancora duro con Lotito, la Lazio e il calcio italiano

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A dieci anni di distanza è ancora tra i boschi dell’Appennino umbro, e continua ad allenarsi per sfide sempre più estreme. Nel 2004 Paolo Di Canio si era «comprato» la felicità e sudava per tornare ad...

redazionecittaceleste

A dieci anni di distanza è ancora tra i boschi dell’Appennino umbro, e continua ad allenarsi per sfide sempre più estreme. Nel 2004 Paolo Di Canio si era «comprato» la felicità e sudava per tornare ad abbracciare la sua squadra del cuore, ora studia calcio con la maturità di chi è cresciuto lavorando nella patria del football. Calciatore talentuoso, allenatore vincente, un combattente nato. Da oggi anche commentatore tv del campionato inglese per Fox Sport. «Ho accettato questa collaborazione perché mi consente di mettere la mia competenza al servizio degli appassionati – afferma con entusiasmo – non ci sono teatrini, e non ci sono polemiche, il format mi piace. La Premier è il campionato più seguito, il calcio italiano è peggiorato a livello qualitativo». È andato via anche Balotelli. «Sono curioso di capire come verrà gestito da Brendan Rodgers: conosco il tecnico del Liverpool, è un fautore della disciplina, della dedizione quotidiana, dei comportamenti. Spesso tanti allenatori hanno la presunzione di credere di riuscire là dove altri colleghi hanno fallito. Sarà difficile: Balotelli fa vedere il suo talento una volta ogni quattro partite, per me quello non è talento». Per la Nazionale italiana è stato un Mondiale disastroso. «La squadra non si è espressa degnamente, Prandelli ha fallito anche a livello di gruppo. La formazione è scarsa, al di là di un paio di eccellenze come Pirlo e Buffon. Qui si parla di Candreva e De Rossi in maniera esaltante, ma a livello internazionale sono considerati dei giocatori normalissimi». Il futuro non sembra radioso. «In Italia c’è carenza di talenti, ci sono solo dei talentini: Verratti, Insigne e pochi altri. Abbiamo soltanto 3-4 giocatori di livello internazionale». La Nazionale ripartirà da Antonio Conte. «Volevate un uomo pacato, che piace a tutti, e fa dichiarazioni socialmente corrette? È un film già visto. Ed è stato un disastro. Conte è la scelta giusta, serviva un allenatore di campo. Con la sua cultura del lavoro sarà un valore aggiunto». Al nuovo ct la personalità non fa difetto. «A Bergamo i giocatori pensavano di andare al parco giochi, lui se ne è andato via a testa alta. Ha ricominciato dalla serie B, con umiltà. Alla Juve, seguendo la sua mentalità, hanno vinto tre scudetti di fila: a parte Zeman è uno dei pochi che non scende mai a compromessi». Una volta i migliori tecnici venivano in Italia, oggi se ne vanno. «Il sistema italiano non ti permette di esprimere le tue qualità. Il 99% degli allenatori riceve input, obbedisce; appena i risultati vengono meno arriva il dirigente che interferisce e detta la linea. E loro, per mantenere la panchina, sono costretti ad assecondarlo. I miei colleghi negheranno per cercare di salvare la dignità, ma la verità è questa». Lei non sopporta i compromessi. «Se devo allenare, alleno come dico io, portando la mia mentalità. Per questo ho sempre scelto di lavorare in Inghilterra. In due anni e mezzo ho solo vinto, ho dimostrato di saper lavorare. Il primo problema che ho avuto, non a caso, l’ho avuto quando sono arrivati due dirigenti italiani. In Italia tanti allenatori hanno poca personalità, sono yes-men. Ai miei colleghi dico: fate di testa vostra, siate artefici del vostro destino, sbagliate da soli». Che idea si è fatto della crisi del calcio italiano? «Osservo l’Italia con distacco e indignazione, guardando gli organi competenti che hanno potere in tutti gli ambiti sociali. Sono schifato. Seguo il calcio unicamente sotto l’aspetto professionale, guardo solo l’essenza. Il contorno lo osservo, ma non mi arrabbio più, perché è una partita persa». Quali sono i talenti che la esaltano maggiormente? «Sono innamorato di Iniesta. Ha frequenza di passo, controllo di palla, personalità, sa gestire tutte le situazioni. È il numero uno al mondo, più di Messi. Anche se Messi resta Messi. Poi ammiro lo strapotere fisico di Cristiano Ronaldo: prepotenza, qualità tecnica, cattiveria, è un atleta moderno». Una previsione sulle squadre italiane in Champions? «La Juve si è rinforzata relativamente, con Allegri in panchina avrà un atteggiamento diverso, l’organico è consapevole delle difficoltà della Champions. La Roma avrà una gestione diversa, quest’anno gioca su tre fronti, e affrontare tutte le competizioni non sarà facile nonostante abbiano preso giocatori di esperienza. La grande pecca del Napoli riguarda la difesa, molto debole rispetto ai livelli di eccellenza della Champions. Benitez è un grande stratega, ma a lungo termine, senza difensori forti, non riuscirà a mantenere il passo delle grandi». E la Lazio? Finora ha meno abbonati del Sassuolo. «È una situazione scontata. Quando arrivò il presidente promise una squadra da scudetto entro cinque anni. Ne sono passati dieci, e c’è lo stadio vuoto: mi sembra che abbia fatto un grandissimo capolavoro. Ma lui è tanto impegnato in Lega, o in Federcalcio a spingere di qua o di là. Seimila abbonamenti? Non male, penso che lui lo ritenga un buon risultato: esulterà». (Il Tempo)