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LA SQUADRA – Klose chi l’ha visto? Felipe, non ci siamo!

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di Andrea Colacione ROMA – Una squadra si chiama squadra perché è composta da undici titolari e da una panchina affidabile e di livello, ma tutto ciò sembra non voler entrare in testa al duo Lotito-Tare, evidentemente attratti e...

redazionecittaceleste

di Andrea Colacione

ROMA - Una squadra si chiama squadra perché è composta da undici titolari e da una panchina affidabile e di livello, ma tutto ciò sembra non voler entrare in testa al duo Lotito-Tare, evidentemente attratti e concentrati su ben altri tipi di affari. E così dopo la sconfitta di Reggio Emilia si è tornati punto e daccapo, cioè a leccarsi le sanguinanti ferite. Intendiamoci: contro il Sassuolo ci sta anche di perdere e magari ci perderà anche qualche altra squadra molto meglio attrezzata della Lazio. Ma è la prestazione che deve far riflettere e che deve far aprire gli occhi a parecchi, Pioli in testa che ha avallato o coperto scelte di mercato tragicomiche del duo di “dittatori” con eccessivo aziendalismo. La difesa continua ad essere di cartone e ieri pur non essendo direttamente responsabile sui gol, Mauricio ha continuato ad esibire tutto il campionario dell’anti calcio. Sempre in ritardo con i suoi piedi di legno e con la sua totale assenza di senso tattico, il brasiliano si è fatto puntualmente saltare dall’avversario di turno, arrangiandosi con i suoi consueti metodi ruvidi e rimediando l’immancabile ammonizione. Sempre impacciato, anzi un impaccio sia quando difende che quando deve far ripartire l’azione. Presentare un elemento del genere in serie A è un’offesa grave ed ingiustificabile nei confronti della parte intelligente del tifo laziale.

 

SENZA BIGLIA A CENTROCAMPO E’ BUIO PESTO - Il duo Onazi-Cataldi è improponibile a certi livelli. Il nigeriano corre tanto ma ha due ferri da stiro al posto dei piedi; troppo lento e sempre in difficoltà nella costruzione del gioco e nella distribuzione dei palloni, spesso sbaglia tutto o quasi e finisce con il farsi inghiottire dagli eventi. Il ragazzo ex Crotone viceversa non ha e non può avere la classe, l’esperienza e la personalità della “Luce Perpetua” Lucas Rodrigo Biglia ma ciò che preoccupa maggiormente è il fatto che da tempo sembra stia avendo una lenta ed inesorabile involuzione, quando al contrario  tutti noi ci aspettavamo una certa crescita seppur graduale ed una maturazione.

Non costruisce gioco e non riesce più nemmeno ad arginare la furia degli avversari ed inoltre si concede pause che alla sua età non dovrebbe concedersi. L’espulsione finale è l’ennesimo episodio che fa capire che in questo preciso momento proprio non gira, né per lui e né per la Lazio.

FELIPE NON CI SIAMO - Felipe Anderson è colui il quale dovrebbe trascinare la squadra, soprattutto quando manca la stella cometa Lucas Biglia. Avrebbe i mezzi tecnici per riuscirci ma evidentemente sul piano della personalità questo bravissimo ragazzo non riesce proprio a far progressi e ve lo dice uno che lo conosce a menadito per averlo seguito sempre e comunque sin da quando aveva quindici anni. A volte è svogliato, altre si intestardisce in dribbling che ormai non gli riescono più da parecchio tempo. E’ spesso fuori dal match e di conseguenza è assolutamente inconcludente: né carne e né pesce, un po’ come tutta la Lazio, capace di accendersi e di spegnersi in una frazione di secondi. Il gol di ieri, peraltro inutile, non può bastare perché uno come lui potrebbe e dovrebbe fare la differenza: Keita quantomeno entrando a gara in corso spacca le partite e qualche volta riesce persino a rianimare la Lazio. Poi c’è il capitolo centravanti che è un’altra piaga allucinante per una squadra che avrebbe dovuto spaccare il mondo e che invece rischia di sciogliersi come un ghiacciolo.

 

KLOSE DOV'E'? - In estate ci era stato detto che il centravanti non serviva e si è affrontato il doppio impegno del preliminare quasi come fosse una scampagnata per precisi voleri lotitiani, finendo con l’essere inghiottiti dal Bayer Leverkusen. Poi resisi conto che Klose e Djordjevic sono quasi di cristallo, Lotito si è fatto fare l’elemosina dal suo compagno di merende Galliani, che ha sbadigliato e si è rabbonito come Mangiafuoco, regalandogli Matri: badate bene Matri, cioè un top player di livello internazionale… Il tutto quando il giorno prima il suo alter ego Igli Tare aveva ribadito per l’ennesima volta che il centravanti non serviva. E ieri Tare nel pre match ci ha regalato l’ennesima perla. Klose per entrare in forma ha bisogno di almeno quattro o cinque partite: massimo rispetto per il tedesco che è leggenda umana e sportiva ma tutto ciò significa che tra infortuni vari e recuperi della condizione fisica, su Re Miro, ci si può contare per cinque o sei partite grasso che cola. Finora prima di ieri era sceso in campo soltanto per mezza partita il 18 agosto e contro il Sassuolo è stato completamente nullo, come era lecito attendersi. Tanto valeva schierare Horst Hrubesc alla sua veneranda età… E poi c’è appunto il capitolo Matri che aveva acceso i cuori ed illuso le menti di qualche “lazialone” capace di emanare proclami di scudetto o quasi e di predire per l’ex rossonero quindici o venti gol.

PIETA'... -  Dopo il debutto boom con una meravigliosa doppietta contro l’Udinese, Matri si è puntualmente spento confermando il trend delle ultime stagioni tra infortuni, rendimento e quoziente di gol realizzati. Sembra un piccione che vaga per il campo alla ricerca di cibo che intravede ma che non riesce mai a raggiungere. Scatti inutili che si vanno puntualmente ad infrangere contro i difensori avversari e zero conclusioni in porta che dovrebbero essere il suo pane quotidiano. Questo è il centravanti che avrebbe dovuto far la differenza in una Lazio che come al solito non è né maschio e né femmina ma soltanto un’incompiuta a volte bella e a volte brutta per fermo volere di chi la tiene in ostaggio e le impedisce di volare da più di undici anni. Diciamoci la verità: mezza squadra è da rifare e non verrà rifatta mai e se manca qualche titolare serve la bombola d’ossigeno. E vigiliamo attentamente sul futuro perché nuovi Ciani e Mauricio o nuovi Alfaro e Perea con questa società sono sempre più che possibili e probabili, grazie anche ad una parte della tifoseria che ormai si è piegata, ha abbassato la testa e si è rassegnata a questa desolante mediocrità. E’ un eterno punto di partenza o di ripartenza con tanto di discorsi da incantatori di serpenti.

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