ROMA - È cambiata la filosofia, soprattutto. Non solo le facce, a parte rarissime eccezioni. Quest’ultimo aspetto, in fondo, è inevitabile: l’ultima volta che la Lazio è stata al comando della classifica nel girone di ritorno risale a vent’anni fa, il 14 maggio del 2000, ed è normale che adesso gli uomini non siano gli stessi di allora. Non sono nuovi solo i calciatori, ma anche quasi tutti i dirigenti e il presidente. E passando da Cragnotti a Lotito si sono trasformati i progetti, i modi di agire, le idee. La filosofia, appunto. Cragnotti spendeva. Senza freni. Le possibilità economiche erano grandi, le ambizioni di più. E allora arrivavano Crespo e Veron, Mendieta e Vieri, tutti a costi stratosferici. Alla lunga il presidente di allora l’ha pagata, ma se l’è goduta. E con lui i tifosi della Lazio, arrivata a vette mai raggiunte né prima né dopo anche in Europa. Per comprendere il modo d’agire diverso, anzi opposto, bastano i numeri: alla faccia dell’inflazione, dei diritti televisivi aumentati a dismisura e dell’introduzione dell’euro, tutti gli acquisti più dispendiosi nella storia biancoceleste risalgono alle stagioni che sono a cavallo tra vecchio e nuovo millennio. Lotito non è mai andato oltre i 20 milioni versati per Zarate e i 19 per Correa, investimenti piuttosto normali per Cragnotti. Il testimone della rivoluzione laziale è Simone Inzaghi, uno che sa adattarsi a ogni filosofia, basta che gli permettano di fare ciò che ama: un tempo il calciatore, adesso (per raggiunti limiti di età) l’allenatore. L’uomo che adesso ha riportato i colori biancocelesti al vertice del calcio italiano, vent’anni fa era un giovane centravanti appena arrivato dal Piacenza. E anche lui fatica a trovare qualche punto di contatto tra il mondo del 2000 e la realtà di oggi. Interrogato in materia, ha
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Inzaghi, l’uomo che in 20 anni lega mondi opposti
Da Cragnotti a Lotito, sono cambiate le filosofie e i presidenti, ma non la grinta dei biancocelesti
spiegato: «Di simile, anzi di uguale, c’è il clima meraviglioso all’interno del gruppo e il rispetto totale nei confronti delle scelte del tecnico. Vent’anni fa c’erano tanti campioni e chiunque di noi voleva
giocare, ma non creavamo alcun problema a Eriksson quando stavamo fuori. Ora i miei calciatori hanno lo stesso atteggiamento nei miei confronti». Grazie perché state in panchina e non mi rompete le scatole, insomma; io
proverò a farvi vivere un altro 14 maggio.
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