ROMA - Un minuto è infinito quando hai in rosa Caicedo. Riecco l’uomo dell’ultimo secondo e il suo graffio leggendario. Ancora non aveva azzannato questo campionato, non poteva che farlo a suo modo. Punizione lunga per Hoedt, torre, Felipao s’avventa sul pallone in mezzo a quattro avversari, sgomita e con la punta la mette dentro. Beffato Sirigu sul suo palo, Toro steso al tappeto al novantottesimo: «Ho fatto l'1-2 col difensore loro e sono stato cattivo. Io lavoro per questo, per fare centro anche all’ultimo istante e sono contento». Non chiamatelo bomber da infarto, piuttosto killer a pagamento. Annichiliti i granata, che pensavano già d’aver vinto: non avevano fatto i conti con Caicedo nel recupero. Inzaghi conosce la sua Pantera e corre in anticipo a stritolarlo. Ancora lui, ancora l’ecuadoregno come l’anno scorso con Juve, Cagliari, Brescia e in principio col Sassuolo. Tutti gol quasi a cronometro scaduto. Con lui il tempo non è mai tiranno. Anzi, diventa relativo per il bene della Lazio: «Questa squadra non molla mai, abbiamo recuperato con lo spirito, Avevamo davanti un avversario forte, che ha un solo punto immeritatamente. Siamo felici, testa avanti perché dobbiamo pensare a mercoledì in Champions». A Bruges Felipao era sembrato sottotono, ora prenota un posto per San Pietroburgo: «Ho amici allo Zenit, è una squadra che gioca bene. Noi dobbiamo essere bravi a gestire i tempi. Oggi abbiamo fatto una bella prova, lì andremo per vincere. Questo deve essere il nostro pensiero».
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Lazio, Caicedo è l’uomo che ferma il tempo e il futuro
Era con le valigie in mano, è rimasto di nuovo. E fu lui a parlare per primo di scudetto
DIETROFRONT
Pure al gong (vedere sotto porta) resta il più freddo e il più lucido. Ascoltatelo, questo feticcio magico. Strofinate il piede di Caicedo e conoscerete il futuro. Fu lui a parlare per la prima volta di scudetto al compleanno della Lazio, quando nessuno c’avrebbe ancora scommesso un euro. Tutti a prenderlo in giro, salvo ricredersi a marzo. Nulla è impossibile per la Pantera con la lacrima sotto l’occhio, per il figlio di un venditore di noci allo stadio, approdato tramite un reality al Boca Juniors. C’ha messo più di un anno per conquistare il tecnico, poi Inzaghi non lo ha più mollato. Anche stavolta a giugno era in bilico, aveva le valigie in mano. Stavolta non era in scadenza di contratto, ma poteva chiudere la carriera in Oriente ricoperto d’oro. C’era sopratutto la moglie a spingerlo, la società biancoceleste voleva accontentarlo, ma alla fine è rimasto con un mood da standing ovation.
COTITOLARE
Sta al suo posto, sta in silenzio. Ringhia solo al nemico, mai a un compagno che prende – magari senza lo stesso merito - il suo posto. Tanto sia che giochi titolare o da subentrato, il suo graffio è un marchio unico: «Non è facile accettare le decisioni del mister, ma io devo farlo. Non ci sono titolari o riserve, neanche quest'anno e soprattutto, col Coronavirus, in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. Dobbiamo essere uniti, io sono sempre con il gruppo. E non mollo mai, sia nella vita privata che nel calcio». Nella clessidra è Caicedo l’ultimo granello.
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