ROMA - Un giorno sulla prospettiva Nevski per caso vi incontrai Igor Stravinsky. Stoppato il fastidioso rumore della roulette russa dei tamponi, è ancora musica in Champions. Il dj è sempre Caicedo, come a Torino. Segna 10 anni dopo allo Zenit, dopo aver mollato (era alla Lokomotiv) il campionato sovietico. Ha girato il mondo, ma adesso il Panterone ha trovato il suo graffio unico: quando il tempo sta per scadere, lui azzanna il risultato. Dopo tre giorni, è successo di nuovo: «Non so perché segno all’ultimo, magari perché l’avversario è stanco. Questo è comunque un gol pesantissimo perché il pareggio vale oro». A 8’ dalla fine Felipao riceve l’assist di un Acerbi sempre più anarchico e, di piatto, scatena il putiferio. Perché, dopo il successo alla prima col Borussia, come a Bruges, questa X equivale a un successo. E allora balla, Inzaghi. Balla pure sul St. Petersburg Arena, in mezzo a sedicimila tifosi nemici. Dopo 20 anni torna in Russia da tecnico, senza Immobile, Luis Alberto, Leiva e Lazzari (considerati, come l’ex pupillo Azmoun, dalla Uefa “positivi”). Stavolta si sentono gli assenti, ma Caicedo ora vale più di altri big: «Mancano tanti giocatori importanti, per me è un momento ottimo, ma devo ringraziare tutti i miei compagni. Dopo il gol abbiamo lottato e dominato, con questo carattere possiamo passare il turno e andare avanti». Già, come al solito però la Lazio deve andare sotto, prima di tirar fuori gli attributi.
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Lazio, Caicedo ti porta allo Zenit
Ancora l'ecuadoregno decisivo in Champions nei minuti finali per acciuffare il pareggio
DIFESA HORROR
Prima mezz’ora di sonnolenza pura. Inzaghi ripensa a qualche scelta, così ci sono due sorprese dall’inizio rispetto alle prove della vigilia: Patric al posto di Luiz Felipe nei tre di difesa, Correa al fianco di Muriqi (ancora troppo anonimo) e non il nuovo acquisto Pereira. Gioco spezzettato in avvio, lo Zenit (ora a 1 punto nel girone F) aspetta la Lazio, che preferisce invece controllare il match col minimo sforzo. I russi però vanno in vantaggio al primo vero affondo. La difesa torna colabrodo: Zirkhov crossa, il pennellone Dzyuba (6 gol in Prem'er-Liga) triangola e fa la sponda perfetta per Erokhin, che al volo trafigge Reina. Grosse responsabilità d’Acerbi in area che, col suo sbaglio, fa mettere in mezzo Parolo e costringe Hoedt a mollare la marcatura. La Lazio però a questo punto si sveglia.
ZONA FELIPAO
Il pressing sale, Inzaghi dà un’ulteriore scossa nello spogliatoio. E’ Milinkovic a prendersi sulle spalle il gruppo, con lanci e aperture in lungo (Correa ne spreca subito uno) e in largo. Entrano Cataldi, Pereira e Caicedo, la Lazio si espone a due pericolosi contropiedi (Hoedt in tackle decisivo, poi Mostovoy sfiora il polo) per provare a riacciuffare il pareggio, tra l’altro in modo disordinato e convulso. Prima Marusic invoca il rigore, ma il check dice no. Quindi la prima capocciata di Caicedo è il preambolo del suo colpo da biliardo. Milinkovic al volo potrebbe addirittura ribaltare ancora una volta del tutto il risultato, ma poi nel recupero un suo errore in disimpegno viene graziato da un fuorigioco, che annulla il raddoppio russo. Poco prima Pereira aveva rischiato di regalare un penalty come a Torino. Accontentarsi in questo caso è dunque meglio. Anzi, Inzaghi alla fine mal cela il sorriso per quest’ennesimo punto prezioso. Mascherina, t’ho visto.
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