ROMA - Miglior difesa del campionato con appena 21 gol subiti, secondo attacco del torneo con 55 reti realizzate e un centrocampo da far invidia alle big di mezza Europa. L’analisi della cavalcata da sogno della Lazio non può prescindere da questo. Inzaghi è stato bravo a dare equilibrio ai reparti esaltando le caratteristiche dei singoli. Se fino a poco tempo fa la difesa era il reparto più debole ora è diventato il principale punto di forza. Non a caso nella storia sono le squadre che hanno preso meno gol quelle ad aver vinto lo scudetto. Strakosha è un portieri di medio livello che però sa fare lo straordinario. Acerbi è il leader silenzioso ma vero valore aggiunto. In due anni ha saltato una sola gara, per squalifica. Il reintegro del figliol prodigo Radu una visione importante in termini di equilibri di squadra. L’anello debole della corsia di destra è stato fortificato proprio grazie ai continui cambi. Luiz Felipe, Patric e Bastos vengono alternati in base alle caratteristiche dell’avversario di turno. L’attacco è stellare. Immobile distrugge record su record: 26 reti in 24 giornate. Caicedo e Correa si alternano nello spalleggiarlo. Otto centri il primo con cui forma la coppia migliore d’Europa e sei il secondo. Epoi c’è il centrocampo dei sogn. Leiva è il cervello, Milinkovic i muscoli e il cervello, Luis Alberto la genialità e Lazzarri e Lulic la corsa. In Italia non ce n’è uno così completo.
notizie
Lazio, i punti cardinali dell’impresa di Lotito
Dalla permanenza dei campioni alla squadra trattata e vissuta come una famiglia
Il peso specifico di campioni e un mercato fatto nel tempo
«Milinkovic lo vendo solo per 100 milioni». Una frase che in estate venne presa come una sbrasonata del presidente Lotito, a riascoltarla oggi se ne intuisci la centralità. Ossia il mettere il campione al centro del progetto. La forza di resistere alle grandi squadre e ai morsi dei procuratori divoratori. Le basi solide del progetto. La Lazio come punto di arrivo e non come trampolino di lancio. Lotito è stato bravo a coccolare i suoi gioielli, a trattenerli anche alzandogli gli ingaggi. Una mano tesa per riceve un abbraccio. Il Sergej con lo sguardo a Madrid e a Manchester oggi è l’imperatore di Roma. Conquista punti e territori. Conserva gli scalpi delle sue vittime. Un sergente con i gradi di comandante. Il ragazzo duro ha lasciato il posto a quello sorridente e aperto sui social. I tifosi lo amano. Così come impazziscono per le magie di Luis Alberto. La nostalgia di Siviglia è sparita. Ora bacia la maglia biancoceleste. Da oggetto misterioso a campione assoluto. Pazzesche le ultime tre partite giocate. Tecnica, intelligenza e ora anche corsa. I problemi fisici si sono dissolti non appena la mente si è liberata. E’ il compagno che tutti “invidiano” e che tutti vorrebbero avere al fianco. Su questa base nel corso del tempo Tare e Lotito sono stati bravi ad aggiungere i vari tasselli mancati per una squadra completa in ogni reparto e che soprattutto è costata poco. Basti pensare che Luis Alberto e Milinkovic sono costati 20 milioni in due.
Uomini contati ma contano tutti
La Lazio ha gli uomini contati ma contano tutti. Una frase detta da un tifoso biancoceleste al termine della sfida con l’Inter. Poche parole che nella loro semplicità fotografano in maniera nitida la realtà. Più volte si è dibattuto sull’esiguità della rosa di Inzaghi rispetto a quella di Sarri e a quella di Conte. E’ vero i numeri dicono questo ma il campo dice decisamente altro. Il tecnico biancoceleste è stato bravo, nel corso del tempo, a capire che per avere le giuste risposte doveva coinvolgere tutti. Detto fatto. Le rotazioni in quest’ultimo anno sono aumentate. Ora chi entra dalla panchina non si sente più il Carneade di giornata ma è un protagonista al pari di Immobile. Tutti per uno e uno per tutti. Nelle scorse stagioni più volte si era commesso l’errore di arrivare a marzo giocando coppe e campionato sempre con gli stessi dodici o tredici giocatori. Quest’anno, invece, Simone, pur non avendo uomini in più, è stato capace di allungare la panchina. Se fino a ieri i vari Patric, Jony, Cataldi, Marusic Parolo, erano rincalzi da usare alla bisogna oggi sono pedine fondamentali per cambiare le partite in corso. In questa cavalcata tutti hanno messo il segno. Chi con un cross, chi con una scivolata, chi con un gol e chi semplicemente facendosi trovare pronto. E poi non va sottovalutata la scelta, seppur dolorosa, fatta in autunno: uscire dalle coppe per avere una sola partita a settimana. Un modo per allungare ulteriormente la panchina.
Il segreto di vivere la squadra come una seconda famiglia
Una squadra di calcio? No una seconda famiglia. Questo è il punto di forza della Lazio. Una catena di comando corta dove Lotito recita il ruolo di pater familias. Non padre padrone. Ma un presidente pronto ad ascoltare i suoi giocatori. Nel corso del tempo anche Claudio ha smussato alcuni angoli de suo carattere. Parla con i suoi ragazzi come fossero figli suoi, li carica ogni partita. E non è un caso che alla fine della sfida contro l’Inter più di qualcuno lo abbia accolto nello spogliatoio dicendogli: «Presidente ha visto? Abbiamo fatto come ha detto lei». Tutti per uno e uno per tutti. Una grande famiglia in cui i calciatori si riconoscono e puntano a difendere ogni “maledetta domenica”. Anzi, le prestazioni in campo sono ogni volta la trasposizione del famoso discorso di quel film. Basta guardare quando i difensori si gettano a corpo morto sui tiri dell’avversario per difendere la porta per farsi venire in mente quel «In questa squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra ci massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire». La Lazio oggi è tutto questo. E anche di più.
Cittaceleste.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA