Intervenuta sulla pagina Instagram "Donne sui Tacchetti" la calciatrice biancoceleste Claudia Palombi si racconta a 360°, dagli inizi della sua carriera fino alla promozione in Serie A conquistata con la Lazio Women.
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WOMEN | Palombi: “Non riesco a spiegare l’amore per la Lazio. La promozione…”
“Un’emozione bellissima, nonostante mi sia già capitato di vincere campionati. Questo è il mio quinto ma l’emozione non finisce mai. E questa è una delle emozioni più grande perché ci avviciniamo al calcio professionistico. Un gruppo fantastico, veramente da invidiare. E’ stato un anno tosto perché ci sono squadre importanti, il livello si è alzato tantissimo. Una su tutte la Ternana, alla quale faccio un grande in bocca al lupo nel playoff. Noi lo abbiamo sperimentato l’anno scorso e sappiamo quanto è complicato. Un in bocca al lupo a loro così come al Napoli. È stato un anno complicato ma sono contenta e ci godiamo questa vittoria.
Credo di non avere mai avuto bambole in giro per casa. Ho avuto l’esempio di mio padre che giocava a calcio. Con mio fratello ho appena un anno e mezzo di differenza e ho una famiglia piena di cugini maschi. Quindi questo mi ha aiutata a intraprendere questo mondo. Facevamo le partitelle sotto casa e per me era quella la mia felicità. Da piccolissima ho capito che era quello che volevo fare da grande.
Io e mio fratello abbiamo fatto una carriera simile, anche lui ha avuto la fortuna di esordire da giovanissimo in Serie A. È ancora attualmente il miglior marcatore del settore giovanile della Lazio. Ha ottenuto una promozione con il Lecce, tante salvezze. Quindi sì, diciamo che è stata una carriera simile. Ci diamo tanti consigli, siamo simili anche come giocatori. Cerchiamo di capire spesso gli errori e cerchiamo di darci consigli su dove possiamo migliorare. Per me è una fortuna avere lui e credo che sia ricambiata. Tra fratello e sorella spesso si litiga. Noi abbiamo avuto i nostri momenti ma il calcio ci ha sempre legato. Purtroppo riesco a viverlo poco perché è sempre in giro per l’Italia. Ma ci aiuta tanto questo legame e sarà per la vita futura una grande fortuna averlo accanto.
Indossare questa maglia? Quando parlo di Lazio faccio sempre fatica. Per me è qualcosa che hai dentro e non riesci a spiegare. Pochi giorni fa in un post scrissi ‘di Lazio ci si ammala inguaribilmente’ perché è talmente forte l’emozione che si prova a giocare per la squadra di cui si fa il tifo che è il massimo a cui puoi ambire. Sono partita da piccolina allo stadio con papà ed ero in mezzo a quella gente che ora ci applaude. Ho vissuto un’emozione all’Olimpico incredibile due domeniche fa. Quando raggiungi questo è il massimo.
L’ho sognato tante volte, è stato uno dei miei sogni irrealizzabili che ho realizzato. Un’emozione simile l’ho provata all’esordio con la Lazio di mio fratello, lì era proprio un senso di orgoglio e di stima nei suoi confronti vederlo raggiungere un obiettivo così importante. E vederlo al centro di un progetto che è la squadra che tifi. Quando sono entrata in campo mi è scesa qualche lacrima ma la cosa più bella è stata vedere passato, presente e futuro. C’erano tutti, dalla storia gloriosa della Lazio al presente, i giocatori attuali e probabilmente tanti giovani che aspirano a questa maglia. E poi c’eravamo noi, il mondo femminile. Ringrazio il presidente perché queste sono occasioni che vengono date se si meritano ed essere lì al fianco degli uomini per far capire che è una cosa sola è la cosa migliore che potessi vedere.
Sogni? Ce ne sono tanti. Giocare in Serie A sarebbe il massimo, spero che questo avvenga. Inizio ad avere anche un’età, il percorso è stato un po’ difficile perché ho avuto anche due rotture del legamento crociato che mi hanno impedito di giocare il mondiale con la Nazionale U17. Però giocare per la Nazionale sarebbe il massimo. Poi ho altri sogni realizzabili nella vita, stiamo progettando tante cose con la famiglia perché stare bene fuori ti permette di fare bene anche in campo. Ci sto lavorando, spero di realizzarli tutti.
Per la promozione ho pianto tanto, da quando abbiamo vinto a Ravenna non ho mai smesso di piangere. La fatica è stata tanta, il mister è uno dei migliori che abbia mai avuto e devo dire che l’anno è stato tosto anche perché lui era molto esigente. Tu dovevi sempre essere sul pezzo e percepire quello che lui chiedeva. Quello che abbiamo costruito dal ritiro credo si sia visto. Le lacrime sono la gioia per un campionato bellissimo e non scontato. Questa è stata la gioia più grande.
Ho sempre detto che questa Lazio aveva tre squadre. Credo che anche chi andava in tribuna potevamo giocare ovunque in questo campionato. Il mister ha fatto un gran lavoro, era difficile scegliere ogni domenica e dover soffrire per questa cosa. La nostra forza è stata questa. Abbiamo doppioni in ogni ruolo e chiunque giocava dava il massimo senza far vedere la differenza tra chi giocava e chi era in panchina. Ma questa è una grande fortuna per il mister, quando c’è competizione si sente appagato.
Se prima non c’erano modelli a cui ispirarsi? Il mio idolo è sempre stata Patrizia Panico, non perché sia laziale, certo anche quello fa la differenza, ma perché la vedevo giocare. Ho avuto la fortuna di giocarci contro e rivedevo tutte le caratteristiche dell’attaccante che a me piacciono. Ad oggi è una fortuna essere presa come ispirazione perché da piccolina se ne conoscevano poche. Essere arrivati a questo, con le bambine che hanno l'imbarazzo della scelta, per loro è una grande fortuna. Mi auguro che possa essere per loro quello che è stato per me all’inizio. La felicità di toccare un pallone e dire ‘è quello che mi rende felice’. È una fortuna che spero possano cogliere perché il calcio è la cosa più bella del mondo.
Quando ho saputo che Carolina (Morace, ndr) sarebbe stata la nostra allenatrice un po’ ti saliva l’adrenalina. Quindi è stato molto emozionante, poi il coronamento è stata con la vittoria del campionato quell’anno.Spero che per le generazioni future il calcio possa davvero essere un lavoro e che possano divertirsi, che è la cosa più bella. Carolina era una persona molto particolare, viveva le partite con una carica agonistica che non ho mai visto neanche negli uomini. La voglia di attaccare la palla fino a fine partite, dava consigli a tutti. Era preparatissima. Mi ha lasciato lo stare in campo sapendo cosa fare e non mollare fino al fischio dell’arbitro. Perché con lei se mollavi un centimetro eri fuori”.
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