Cittaceleste.it
I migliori video scelti dal nostro canale

news

Eriksson: “Sinisa sognava la panchina della sua Lazio. Era il nostro sogno”

Sven Goran Eriksson, ex allenatore dell'ultima Lazio scudettata.
Con forte emozione, ai microfoni de Il Messaggero, l'ex allenatore Sven Goran Erikkson ricorda Sinisa, figlio acquisito nel mondo del calcio

redazionecittaceleste

Una notizia tragica, non perché a lasciare la sua famiglia è Sinisa Mihajlovicdifensore dal piede che incanta, ma Sinisa Mihajlovic uomo, padre, nonno e marito. Una delle più grandi e sincere figure del calcio moderno lascia un vuoto enorme a chi lo ha amato. Il movimento calcistico mondiale si è mosso a ricordare l'uomo ancor prima che la leggenda sportiva. In lacrime lo ricorda, ai microfoni de Il Messaggero, il suo papà adottivo nel mondodel calcio: Sven Goran Eriksson. Lo svedese fu per Mihajlovic fondamentale per la rinascita con la maglia della Sampdoria dopo l'esperienza non fortunata alla Roma, per poi trovare insieme la gloria eterna, uno in campo l'altro in panchina, con la maglia della Lazio.

Mihajlovic

"Sarà impossibile dimenticarlo, è uno dei giorni più tristi della mia vita perché Sinisa non si meritava questo destino. Era un grande giocatore e un grande uomo - non si da pace Eriksson - non doveva morire a 53 anni, così presto. Non è giusto". 

Cosa lascia al calcio?

"Tutto, e non solo allo sport, insegnamenti a grandi e piccini, la voglia di non mollare mai fuori e dentro al campo, in nessun momento. Sino all'ultimo respiro, Ha sempre lottato, sempre, anche contro questa maledetta malattia".

Ieri si è arreso.

"Ma non si è mai nascosto, ha fatto vedere a tutti come si combatte, il suo coraggio. Ma mostrato i segni sul viso e sul corpo provato. Non ha voluto fermarsi nemmeno quando entrava e usciva dall'ospedale. A Bologna, per stopparlo, hanno dovuto esonerarlo...".

Forse avrebbe meritato un altro trattamento?

"Non lo so, era un frangente delicato. Ha fatto una buona carriera da tecnico e non era finita, doveva continuare ancora a lungo. Purtroppo, il destino è stato crudele, anzi spietato. Io ero convinto che sarebbe guarito e che, prima o poi, lo avrei rivisto sulla panchina della Lazio. Era il suo sogno, era anche il mio sogno".

Sarebbe stata la chiusura di un cerchio dopo lo scudetto?

“Lui e Nesta erano incredibili. Sinisa giocava centrale, poi è diventato il terzino più forte del mondo e, senz’altro, è stato uno dei principali artefici dell’ultimo tricolore biancoceleste, ma anche un simbolo di quella squadra che aveva impressionato sir Alex Ferguson».

Sinisa era un leader dello spogliatoio.

“Certo, bastava guardare il suo sguardo. Era balcanico, veniva da una famiglia umile e aveva vissuto la guerra nell’ex Jugoslavia che lo aveva forgiato. Aveva il fuoco dentro più di chiunque altro. E poi era un vincente, per lui non esisteva perdere nemmeno, mai, nemmeno in allenamento, figuriamoci nelle partite importanti che abbiamo disputato in quelle stagioni straordinarie, indimenticabili. E trasmetteva questa forza a tutto il gruppo, questa era la sua grande forza”.

Insomma era già un allenatore in campo?

“Sì, si capiva da come dava indicazioni ai compagni che percorso avrebbe fatto dopo aver smesso con il calcio giocato. Tutti lo rispettavano e lo seguivano. Già da giovane sapeva tutto del calcio, era molto intelligente, e questo è l’aspetto che più conta per un campione assoluto”.

Leggendarie erano la sue punizioni all’incrocio.

“Per me le batteva meglio di Pirlo. Molte volte, alla fine di ogni seduta, si fermava a calciarle dalla trequarti con i ragazzi che lo ammiravano. Era troppo forte, aveva un piede fatato, ma ogni risultato era anche frutto del suo sacrificio e del suo spirito. Si allenava ed esercitava duramente, e lo faceva ogni giorno con lo spirito del ragazzino che tirava i primi calci e sognava una carriera da grande calciatore".

Purtroppo non è riuscito a battare la leucemia.

«Ancora non ci credo. Sinisa era sicuro di vincere sempre, anche stavolta. L’ho sentito più volte negli ultimi anni, anche nei momenti più duri della malattia, ma era sempre positivo, fiducioso che si sarebbe messo alle spalle quella brutta bestia”

Vuole mandare un messaggio ai suoi cari?

“Sono vicino alla moglie Arianna e a tutta la sua famiglia, che dovrà comunque essere orgogliosa del suo ricordo. Sinisa, un grande uomo, leggenda del calcio. Non ti dimenticherò mai".