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Lazio, Klose: “26 maggio tra le gioie più grandi della mia carriera. Lulic quella sera…”

Miroslav Klose
Le dichiarazioni dell'ex attaccante biancoceleste Miroslav Klose in occasione del decennale della vittoria della Coppa Italia contro la Roma
redazionecittaceleste

Sono trascorsi esattamente dieci anni da quel 26 maggio 2013, data indelebile per tutti i tifosi biancocelesti. L'esultanza al gol di Lulic riecheggia ancora oggi nella Capitale, per una delle reti più importanti di tutta la storia della Lazio. Tra i principali attori di quella storica partita c'era Miroslav Klose, protagonista del libro "26 maggio, tutta la storia del derby dei derby", in uscita in occasione del decennale.

Ecco le parole dell'ex attaccante biancoceleste: "Non mi ricordo davvero quanto abbiamo festeggiato quella sera, perché la gioia era incontenibile. È stato incredibile l’affetto dei tifosi quando siamo andati dallo stadio a Ponte Milvio sul pullman scoperto, c’era così tanto casino per la strada che non riuscivamo a passare. Poi siamo andati a cena a un locale, e lì mi ricordo bene che successe un problema con le mogli e le compagne perché alla porta non le facevano entrare non sapendo chi fossero. Allora ogni volta veniva qualcuno a chiamarci e dovevamo uscire a riconoscerle e autorizzarle ad entrare, e fuori c’erano migliaia di tifosi in festa.

Qualche giocatore, preso dalla troppa euforia, diceva «ma che ci frega delle mogli, lasciamole fuori», ma poi quando entravano si capiva che erano loro i veri capi! Allora io mi avvicinavo a chi aveva fatto lo spiritoso e lo terrorizzavo chiedendo di ripetere davanti alla moglie cosa aveva detto prima. Avevano tutti paura e mi dicevano di stare zitto perché altrimenti quando sarebbero tornati a casa si sarebbero fatte sentire. C’era davvero un clima di festa magnifico, perché sapevamo tutti di aver regalato una gioia incredibile a tutti i tifosi biancocelesti.

Un derby straordinario

Sono arrivato alla Lazio nel 2011 e ho capito fin da subito che quello della Capitale era un derby speciale, unico in Italia e come ne esistono pochi al mondo. Si parlava già del derby che era in programma ad ottobre, quindi più di un mese e mezzo prima i giornali scrivevano di quella partita, i giocatori che stavano da tempo nella Lazio ne parlavano tutti i giorni, i tifosi ne parlavano. Mi ricordo che prima del mio arrivo e di quello di Lulić erano due anni che la Lazio non ne vinceva uno. Al campo di allenamento vedevamo i tifosi che ci incitavano, lo staff che ne parlava, insomma si respirava già l’aria di quella sfida.

Poi arrivò la partita, la vincemmo e io segnai allo scadere il gol decisivo, e vedere la gioia dei tifosi sia quel giorno che i giorni dopo agli allenamenti, dove si strinsero con calore intorno a noi, mi fece capire definitivamente quanto era importante il derby della Capitale. Per me la cosa più bella da giocatore è sempre stata quella di fare felici i tifosi del club dove giocavo. Ricordo che la settimana del derby la società ci mandò in ritiro a Norcia. Ci eravamo andati altre volte, ovviamente quando qualcosa non andava bene per troppo tempo. Se perdevamo qualche partita di troppo si andava in ritiro, quindi quel posto evocava momenti brutti che avevamo passato in alcune occasioni.

Io non volevo che quei giorni si creasse un’atmosfera come in quelle occasioni, al contrario dovevamo acquisire una consapevolezza differente. E grazie a un grande gruppo fu proprio così, perché in quei giorni abbiamo parlato molto, abbiamo scherzato, insomma ci siamo divertiti e avvicinati ancora di più come un gruppo stretto. Insomma, abbiamo reso le cose facili e questo ha fatto bene a tutti, perché tra noi c’erano diversi giocatori che già nelle settimane precedenti avevano accumulato tanta tensione.

Convinti di vincere

Quel 26 maggio ricordo bene i volti emozionati di tutti quanti prima di entrare in campo, ma anche la tensione che c’era. Ricordo gli occhi e i gesti dei fisioterapisti, dei magazzinieri, insomma di tutto lo staff che era lì da tempo e quindi viveva quella sfida in modo differente. In quei minuti prima della partita ho cercato di portare un po’ di tranquillità, perché sapevo bene per esperienza che se entri in campo stressato è molto difficile che tu riesca a giocare una buona partita e soprattutto a vincerla.

Ma, tensione a parte, ricordo molto bene che tutti quanti eravamo pronti e carichi al cento per cento ed eravamo convinti che quel derby e quella coppa sarebbero stati nostri. Lo sapevamo tutti, e quei pochi che non lo volevano dire lo facevano solo per scaramanzia, perché dentro di loro sapevano che quel giorno nessuno ci avrebbe potuto battere. Ci eravamo preparati bene fisicamente e tatticamente, avevamo studiato ogni mossa degli avversari, quindi eravamo sicuri di come sarebbe andata la partita. Io in particolare ero molto tranquillo, sia perché convinto dei nostri mezzi sia perché di finali ne avevo già giocate tante.

Il giro di campo con Lulić

Quando è finita la partita è stato fantastico. Sono andato subito a prendere Lulić e me lo sono messo sopra le spalle per portarlo in giro per il campo e farlo acclamare dai tifosi della tribuna e della Curva Nord. Lui quel giorno era diventato il Re di Roma, aveva segnato il gol di quella storica vittoria e meritava di essere celebrato come un sovrano. Mi ricordo che i tifosi si erano avvicinati alle balaustre e potevi vedere i loro occhi pieni di gioia, i loro visi commossi e la felicità che provarono vedendo Lulić sulle mie spalle che li salutava. Per me fu molto emozionante quel giro di campo con Senad, anche perché è stato il mio compagno di stanza in tutti gli anni in cui ho giocato con la Lazio e soprattutto è un caro amico con cui mi frequento ancora.

E poi ricordo quando tornammo nello spogliatoio: in tanti piangevano dalla gioia e fu un altro momento molto emozionante e indimenticabile. E devo ammettere che ancora oggi quando riguardo i video e le foto dei festeggiamenti provo emozione e mi sento veramente felice. Sono ricordi incredibili e indelebili, perché un calciatore vive per questo, il calcio lo ami proprio per vivere giornate come quelle, che ti rimangono impresse nella mente per sempre.

Un onore essere nella storia del club


Quella vittoria ci ha fatto entrare nella storia centenaria della Lazio e per me è un onore esserne parte. Di questo mi sono reso conto negli anni successivi, quando ancora giocavo con il club, ma ancora di più quando ho smesso e tornavo a Roma. Uscivo con Mauri, Lulić e gli altri compagni e i tifosi che ci incontravano ci ringraziavano ancora per quella Coppa. Ancora oggi è un’emozione parlare con i compagni dell’epoca, anche se dopo anni diventa quasi normale per noi calciatori, mentre per i tifosi l’emozione di quel giorno rimane per tutta la vita.

Uno spogliatoio speciale

La Lazio è stata la squadra nella quale ho scelto di chiudere la mia carriera da giocatore e ho fatto la scelta giusta, perché ho imparato alcune cose molto importanti. La prima è stata l’amicizia, perché qui ho incontrato persone bravissime, amici veri con cui ho stretto legami che rimarranno per la vita. Poi ho imparato a giocare senza essere stressato. Ricordo che nei primi giorni, quando andavo a cena al ristorante con Scaloni e Lulić, io volevo mangiare sempre presto perché ero abituato ad andare a letto presto. Ero sempre stato abituato a fare così perché in Germania il calcio lo vivi sempre con un forte stress, sei costretto a vincere sempre, quindi devi essere sempre al massimo della forma e non concederti distrazioni.

Loro invece mi fecero capire che una via di mezzo era la strada giusta da percorrere, ossia che si poteva giocare con tanta intensità anche senza stress, godendoti la vita un po’ di più. E questa è stata una grande cosa per me. Lo spogliatoio della Lazio era qualcosa di speciale, vedere i miei compagni era sempre una gioia e devo dire che mi manca tantissimo vivere quelle giornate. Anche nelle altre squadre mi sono divertito, ma lo spogliatoio della Lazio era davvero speciale. L’ultima cosa che ho imparato alla Lazio è quante emozioni ti possono trasmettere i tifosi. I tifosi biancocelesti vivono questa squadra in modo unico, e i ricordi che mi hanno lasciato sono indelebili.