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Lazio, Marchetti: “Strakosha? Rammarico per come ebbe spazio. Il 26 maggio…”

Federico Marchetti
Le parole dell'ex portiere biancoceleste, che si sofferma anche sul rapporto con i compagni: “Klose? Si vedeva che non era a Roma per vacanza”

redazionecittaceleste

È intervenuto ai microfoni di Radiosei l’ex biancoceleste Federico Marchetti. L’ex portiere della Lazio ha toccato diversi temi, dal rapporto con i compagni al 26 maggio, senza dimenticare riferimenti a Strakosha e agli attuali portieri biancocelesti. Queste le sue parole. “Ora mi sto allenando da solo, non voglio smettere: sto aspettando la soluzione migliore dopo aver finito l'avventura con il Genoa. Farò quarant'anni a febbraio, gli acquario non mollano mai. Girare per Roma mi emoziona ancora. È la mia seconda casa, essere fermato e osannato dalla gente mi riempie ancora di gioia e fa capire cosa significhi giocare per la Lazio. Possono dirlo i calciatori che giocano nelle milanesi o nella Juve, ma quando giochi a Roma capisci di aver giocato in un posto unico. A Ciro avevo detto durante l'Europeo di venire alla Lazio, lui rispose che avrebbe parlato con l’agente: è stata un'operazione intelligente e azzeccata.

La traversa di Totti il 26 maggio arrivò dopo che avevamo segnato da poco. Ci fu un calcio di punizione laterale e dovevamo difendere con una linea alta. Ma ci siamo abbassati subito e si è creata confusione in aria, questo non mi ha permesso di uscire sul pallone. La palla è passata tra difensori e attaccanti, io di istinto l'ho mandata sulla traversa poi è rimasta e l’ho presa. Quello fu un segnale che dovevamo vincere noi la Coppa, loro non ebbero altre occasioni. Ci furono anche tante altre piccole cose: Ledesma non ce la fa, entra Mauri ed è decisivo. Alla fine entra Ciani e sventa diversi pericoli di testa. Ricordo che gli avevo detto di buttare via il pallone, non ce la facevo più: avevo i crampi e non mi reggevo in piedi. Cercavo di non darlo a vedere facendo stretching da solo.

In Napoli-Lazio, in un'azione nel primo tempo ho sentito una fitta alla schiena e mi hanno dato del Toradol per non sentire più dolore. A inizio ripresa Higuain sbaglia il rigore, io mi alzo per esultare e mi faccio più male di prima. A pensarci oggi fa ridere, però è andata bene. È stata una partita che mi è servita per ritrovare la condizione e mi ha permesso di ritornare sui livelli che avevo a Cagliari. Il rapporto più stretto con i compagni? Quello con Radu, prese per il cu*o continue. C'era la cricca con lui, Candreva, Klose e Mauri.

Miro aveva un'ironia pungente classica di un tedesco, non la mandava a dire. Se doveva massacrare lo faceva a modo suo, era un leader silenzioso. Si capiva cosa volesse fare da come si allenava. A Roma non era venuto in gita ma voleva essere protagonista e il suo obiettivo era andare ai Mondiali e vincere. È stato un onore condividere con lui lo spogliatoio. Indifesa c’erano Biava e Dias, terzini Konko e Radu. Si vedeva già allora che la mente di Scaloni andava oltre l'essere calciatore. C’erano anche Ciani, Cana, Garrido, Stankevicius e Zauri. Si era creata la giusta alchimia. Probabilmente ho giocato anche con giocatori più forti, ma si era creata grande sintonia. Lulic è simpatico, ma anche un po' permaloso. Noi ci giocavamo prendendolo in giro quando gli capitava di non fare una bella partita.

Strakosha è un buon portiere, ho rammarico soltanto per come si è creato spazio. Ci sono state delle vicissitudini personali che gli hanno lasciato campo libero. Rispetto a come invece ci sono arrivato io lui ha avuto molta più facilità. Non è passato per tutte le porte ardue in cui sono stato io, ma gli vanno comunque riconosciuti meriti per gli anni buoni che ha fatto. Poi si è un po' adagiato dopo il secondo anno e ha giocato in modo conservativo. E quello che invece non sta facendo prove del che provo ad aiutare sempre la difesa. Ogni tanto si può sbagliare comunque. Le ripartenze da dietro? Me la sono sempre cavata bene con i piedi, ma gli unici erano la Juve di Conte e il Torino di Ventura. Sicuramente porta dei vantaggi nell'attaccare la profondità, però bisogna avere giocatori in grado di farlo.

Buffon e Peruzzi sono stati i modelli per me nel momento in cui ho deciso di diventare portiere. Nel corso del tempo mi sono attaccato maggiormente a Buffon perché era il portiere che è durato più tempo. Si può considerare un po' il Maradona della sua generazione. Oggi i punti di riferimento per me sono Donnarumma e Carnesecchi. Speravo che la Lazio prendesse il portiere della Cremonese, mi ci rivedo. Ma con Provedel hanno trovato il giusto sostituto”.