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Lazio, Provedel si racconta: “La Champions un sogno. Da bambino…”

Provedel
L’estremo difensore biancoceleste Ivan Provedel ha rilasciato un’intervista dove racconta la sua prima partita e rete in Champions League

La Lazio nel suo girone di Champions League ha guadagnato 4 punti dopo le prime due giornate. Ma, se i biancocelesti sono riusciti a centrare questo risultato, il merito è anche di un uomo: Ivan Provedel. L’estremo difensore, oltre a essere una certezza tra i pali, è stato capace anche di regalare una gioia indescrivibile ai tifosi della prima squadra della Capitale: il gol del pareggio contro l’Atletico Madrid. L’ex Spezia, ha rilasciato un’intervista a Sportweek dove ha parlato di questa sua esperienza, della sua vita privata e le sue passioni.

Provedel, dica la verità, quante volte ha rivisto la sua prodezza con l’Atletico Madrid?

"Giuro di non aver esagerato. Anche perché non sono il tipo che ama queste cose. E poi, giocando ogni tre giorni, non hai neppure il tempo di fermarti a riguardare ciò che hai fatto”.

Però l’esordio in Champions, con gol, è già una roba straordinaria per un giocatore normale. Per un portiere poi...

"Per me quella sera era già fantastico esserci, volevo solo godermela fino in fondo. Giocare in Champions è il sogno di qualsiasi calciatore. Sarebbe stato bello anche se fosse finita diversamente. Ho dato un’occhiata alla panchina, mi hanno detto che mancavano pochi secondi, così sono andato. Dopo l’angolo e la ribattuta c’è stato il cross di Luis Alberto. Sapevo dove l’avrebbe messa perché in allenamento quelle traiettorie le studio da portiere. Così ho fatto il movimento giusto".

Un movimento da attaccante vero.

"Non lo so, però è chiaro che aver giocato da piccolo come centravanti mi ha lasciato dentro certe cose. Senza quel passato probabilmente un gol così non l’avrei segnato".

I suoi trascorsi da giocatore di movimento si notano ancor di più quando è chiamato a fare la costruzione dal basso.

"Vero, anche se ormai tutti i portieri devono saper usare bene i piedi. Io faccio parte della prima generazione cresciuta con questo obbligo. Per noi ormai è una cosa naturale".

Ma non è che dopo aver segnato di testa già due volte adesso progetta un gol di piede?

"Sì, con un tiro dalla mia metà campo però, così il mister non si arrabbia. Certo, mi piacerebbe, ma io spero sinceramente di non farne più di gol, perché non voglio che ci ritroviamo ancora in situazioni tipo quella con l’Atletico. I miei gol devono essere quelli che nego agli avversari".

Però sarebbe bello vederla ancora esultare con quel gesto curioso a braccia conserte.

"Mi è venuto così, ovviamente non avevo preparato nulla. È il modo che abbiamo da sempre di salutarci io e i miei amici d’infanzia. Non ricordo neppure come è nato e perché. Questi sono i legami più importanti e duraturi. Per me sono un punto di riferimento fondamentale".

Sono gli stessi amici con cui si “traveste” da tifoso della Ferrari e va a vedere i gran premi.

"Sì, proprio così. Di solito andiamo in Austria, a Zeltweg, perché è il GP più vicino da Pordenone. La scorsa estate ci siamo andati in camper, come dei tifosi veri. Questa passione me l’ha trasmessa mio padre che non si perdeva un Gran Premio. E poi nel mio paese il Ferrari club è da sempre uno dei luoghi di ritrovo della nostra comunità. Impossibile non essere ferrarista".

Leclerc o Sainz?

"Il monegasco è un grande talento, ma io preferisco lo spagnolo. Perché è partito dal basso, ha fatto tanta gavetta prima di arrivare a certi livelli. E ha una grandissima tenacia".

Questo è anche il suo ritratto.

"Sicuramente sono orgoglioso di essere partito dalle categorie inferiori per arrivare in alto".

Adesso le manca solo la Nazionale, nel cui giro è comunque entrato.

"Aver varcato i cancelli di Coverciano è stata già un’emozione straordinaria. Se poi un giorno dovesse arrivare pure il debutto sarebbe bellissimo. Ma ci sono tanti portieri forti".

Già, la scuola italiana ha ricominciato a sfornare talenti in quantità industriale.

"È vero. Donnarumma è un fenomeno e dietro di lui siamo in tanti di buon livello. E altri ancora stanno arrivando".

Molti, come lei, Meret, Vicario, Scuffet, sono friulani. È l’onda lunga dell’effetto Zoff?

"Chissà, può essere. Anche se non ha senso paragonarsi a un mito come lui. Mi piacerebbe conoscerlo, anche perché come dirigente e allenatore è stato una figura importante della Lazio".

Per una questione generazionale, però, i suoi idoli sono stati altri.

"Ho sempre detto che sulla mia decisione di fare il portiere hanno avuto un peso determinante le parate di Toldo in Olanda-Italia dell’Europeo del 2000. È stato il mio idolo, poi ho avuto modo di conoscerlo in un ritiro della Nazionale Under 20. Dopo il gol all’Atletico mi ha anche mandato un messaggio di ringraziamento per le parole spese nei suoi confronti. Mi ha fatto davvero piacere. Per me il più forte di sempre è Buffon. Averlo ritrovato in Nazionale come capo delegazione è stata un’emozione incredibile".

Il migliore in attività?

"Dico Alisson. Mi piace il suo modo di stare in campo, la tranquillità con cui rende tutto apparentemente semplice. Insomma, il suo essere essenziale. Per lo stesso motivo in Italia quello che mi piace di più è Szczesny, ma pure Maignan è molto forte".

Fuori dal calcio, la sua passione sono le biografie dei grandi personaggi storici.

"Tutto merito di un mio professore di liceo che ci costringeva a studiarle. Da lì è poi nato l’amore per la storia in generale. Infatti ho scelto di prendere casa in centro per poter fare il turista ogni volta che ho un po’ di tempo. La maestosità della città è incredibile. Un museo a cielo aperto".

Tra i personaggi storici preferiti c’è Alessandro Magno, per questo ha chiamato suo figlio Alexander. A proposito, ora che ha 2 anni e mezzo, il pallone lo blocca con le mani o lo calcia con i piedi?

"Si mette davanti alla porticina che abbiamo in casa e mi dice di tirargli. Temo voglia fare anche lui il portiere. Non so se augurarglielo, però, perché il mio è un ruolo per il quale hai sempre i riflettori puntati.".

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