Una vita con Eriksson da vice, poi l’esperienza alla Lazio fino al 2004. C’è un filo che lega le carriere di Sven-Goran Eriksson e Luciano Spinosi. E proprio quest’ultimo è stato intervistato dai canali ufficiali biancocelesti per il match program della gara col Milan. Queste le sue parole.
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Lazio, Spinosi: “Con Eriksson amicizia vera. L’impresa più grande insieme…”
Oltre 150 gare da vice di Eriksson, una vita insieme: che uomo era Sven fuori dal campo?
“Con Sven nacque subito un grande rapporto di stima che si trasformò in una vera amicizia. Ci conoscemmo alla Roma, lui allenava la prima squadra, io la Primavera. Il nostro feeling poi si rafforzò ulteriormente nelle esperienze con Sampdoria e Lazio. Non dimenticherò mai le partite infinite a tennis!”.
Quando vi siete sentiti l'ultima volta?
“Purtroppo non sono riuscito a salutarlo personalmente a maggio, quando venne a ricevere il meritato tributo dell'Olimpico. Dopo la fine dell'avventura alla Lazio, ci siamo sempre sentiti telefonicamente, riuscendoci anche a vedere ogni tanto. Mi piace ricordare la sua felicità dopo la sofferenza di Perugia-Juventus e quel ‘ce l'abbiamo fatta’ che mi disse al fischio finale. Tutto accompagnato da un lungo abbraccio”.
Da Eriksson a Spinosi, 25 anni fa la vittoria contro il Manchester United degli Invincibili: fu questa l'impresa più grande con la Lazio?
“Sicuramente il successo di Montecarlo ci diede la consapevolezza di essere entrati tra le grandi d'Europa, battendo quella che all'epoca era considerata la squadra più forte al mondo”.
Tutto bello, però niente a che vedere con la vittoria in Coppa Italia del 1998 contro il Milan...
“Esatto, non dimenticherò mai il boato dello stadio di quella notte. Inevitabile: era il primo trofeo dopo una lunga astinenza e l'inizio di un ciclo d'oro. Fece assaporare all'intero ambiente il dolce gusto della vittoria e diede a Cragnotti ancora più voglia di inseguire quel sogno, poi realizzato, di portare la Lazio ai vertice del calcio italiano ed europeo”.
Torniamo a Montecarlo: una vittoria che aprì una stagione magica, quella dello Scudetto. Come fu il suo 14 maggio 2000?
“Quella giornata iniziò con il timore di subire la stessa beffa dell'anno precedente, un pensiero credo condiviso un po' da tutti i tifosi biancocelesti. Poi accadde quello che sappiamo: fu un trionfo difficile da spiegare, con un susseguirsi di emozioni che resero quel finale di campionato unico per sempre”.
Domanda impossibile: 7 anni di Lazio, quali altre emozioni porta nel cuore?
“Fortunatamente di vittorie importanti ce ne sono state tante. Cito la finale di Coppa delle Coppe vinta a Birmingham contro il Mallorca, che ci consacrò a livello europeo, e il blitz in casa del Chelsea in Champions League. Quel successo, arrivato grazie a un gol bellissimo di Mihajlovic, ci aiutò a superare un periodo delicato, lanciandoci verso la storica conquisto del double (Scudetto e Coppa Italia, ndr)”.
Altra domanda impossibile: dove collocherebbe la Lazio del 2000 nel calcio di oggi?
“Ve lo dico, quella Lazio avrebbe avuto lo stesso impatto che hanno oggi i calciatori del Real Madrid. Parliamo di potenziali Palloni d'oro, profili che hanno lasciato un'impronta indelebile nel calcio degli anni 2000. Non a caso oggi sono quasi tutti allenatori di livello mondiale. Cosa posso aggiungere, è stata una fortuna vivere da dentro quel periodo”.
Chiudo con la vera domanda impossibile: il calciatore più forte che ha allenato in biancoceleste?
“Hai tempo (ride, ndr)? No, impossibile rispondere, Mancini, Veron, Mihailovic, Vieri, Nesto, Nedved, Stam, Salas, Crespo, Boksic. E potrei andare avanti ancora a lungo...”.
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