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COS’E’ CHE NON VA – Pioli come Petkovic e Reja, ma…

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di ALBERTO ABBATE ROMA - Tredici giornate, un punto nelle ultime tre partite, Pioli finisce sempre più sul patibolo. Eppure il confronto con i suoi predecessori non è poi così impietoso, anche se non testimonia certo un salto...

redazionecittaceleste

di ALBERTO ABBATE

ROMA - Tredici giornate, un punto nelle ultime tre partite, Pioli finisce sempre più sul patibolo. Eppure il confronto con i suoi predecessori non è poi così impietoso, anche se non testimonia certo un salto di qualità. L'anno scorso Petkovic - alla tredicesima giornata - aveva 17 punti, tre in meno, 17 gol fatti e altrettanti subiti, prima dell'esonero dopo la disfatta del 22 dicembre contro il Verona. Reja, sbarcato per la seconda volta a Formello – in sostituzione - il 6 gennaio racimolava subito tre punti con l'Inter. Ma il dato complessivo delle prime tredici partite del suo secondo mandato recita 21 punti, 15 reti fatte e 12 incassate. C'è però un “piccolo” particolare non trascurabile: la media punti di 1,53 di Pioli, senza un calendario proibitivo, non è stata minimamente intaccata dalle Coppe (sopratutto Europa League) con cui si erano dovuti confrontare gli altri due allenatori. E c'è di più: né Vlado, né zio Edy avevano potuto beneficiare della miglior campagna acquisti degli ultimi anni.

PIOLI SENZA COPPE E SENZA CAMPIONI... - Più gol fatti, molti più subiti, insomma, non possono giustificare la marcia singhiozzante di Pioli in questo campionato. Avrebbe potuto e dovuto fare di più in quest'avvio: in particolare, i 5 punti persi a Empoli e Verona inficiano oltremodo nel giudizio. Che però rimanda il discorso anche ad altri approfondimenti: da Delio Rossi a oggi, son passati ben 5 allenatori sulla sponda biancoceleste e nessuno è riuscito a fare il salto. Non parliamo di “Special one”, insomma di tecnici fenomenali, ma solo un mago può trasformare una zucca in una carrozza, una squadra di buoni giocatori in una corazzata di campioni. Tradotto: il mercato estivo è stato buono, ma ha solo sanato gli ultimi quattro non mercati. E nel frattempo i pochi top player sono invecchiati: da Klose a Mauri. Gli errori fatti in passato non si smaltiscono con una sola spesa.

GIOVANI E INTEGRALISMO TATTICO - Ha le sue colpe, Pioli. Doveva far sbocciare i giovani, ha fatto tornare “piccolo, piccolo” Keita, mai tre volte di seguito in campo per trovare una “misera” continuità. E, pur mettendoci l'anima estate e autunno, il mister sembra aver fallito con Felipe Anderson ancora con testa e piedi sulla spiaggia di Copacabana: col Chievo appena 2 dribbling riusciti su 6, il tiro nello specchio neanche lo menzioniamo, è un miraggio. Nelle ultime tre partite poi neanche il baluardo 4-3-3 ha funzionato, ma Pioli è così testardo da non aver nemmeno minimamente pensato ad un cambio di modulo. La sua Lazio è stanca, questo schema richiede un incredibile dispendio fisico. Così Biglia può anche azzeccare 55 passaggi su 62 (l'89%), ma è tutto inutile se i compagni non gli corrono intorno. Diventano persino sterili i cross (7 a destinazione, ma appena uno su 10 di Braafheid) se non c'è chi sprinta a buttarli dentro. Questo integralismo tattico sembra la più grande colpa di Pioli: la Lazio ha un'identità, ma se non è bella, non è illegale il cambio.

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