archivio2016

PRESAGI DA DERBY – Quattro anni fa moriva Long John. Sette giorni dopo la sforbiciata di Mauri – FOTO

chinaglia
Oggi verrà anche ricordato Chinaglia nella chiesa del Cristo Re a viale Mazzini. Una messa organizzata per non dimenticare mai l'eroe dei due mondi

redazionecittaceleste

AGGIORNAMENTO ORE 21,34 - Alle 19 c'è stata la Messa in Suffragio di Chinaglia e i suoi amici. Hanno partecipato gli amici di sempre, i tifosi e per la Lazio si sono presentati Laura Zaccheo e lo storico team manager Maurizio Manzini e Giorgio Sandri. Dalla Chiesa del Cristo Re ha parlato il Capitano Wilson visibilmente emozionato: "Vi ringrazio che siete qui per ricordare Giorgio e i suoi amici che sono venuti a mancare in questi anni. Per tutti noi e' un momento di giubilo per ricordare momenti belli passati insieme. Parlo di Lovati il nostro confidente e amico, di Bezzi e il dottor Ziaco, il presidente Lenzini, il primo a portare lo Scudetto. Antonio Sbardella, Trippanera, il notaio Nando Gilardoni a cui tutti dobbiamo qualcosa, il nostro Padre Spirituale Lisandrini. Voglio ricordare anche tifosi storici come Goffredo e Frustalupi,Re Cecconi e l'artefice primo del nostro successo Tommaso Maestrelli, insieme a lui i figli Patrizia e Maurizio. Abbiamo fatto parte della storia della Lazio grazie a tutti voi. Ma ci preme di più vedere le nuove generazioni, significa che abbiamo lasciato il segno".

IL MESSAGGIO - "Io li odiavo, non lo so perchè, visto che avevo tanti amici che giocavano nella Roma. Quando scendevo in campo, però, odiavo loro e soprattutto i loro tifosi. Io e Pino sapevamo come farli infuriare: bastava far loro vedere il piedino dal tunnel degli spogliatoi prima dell'ingresso in campo e loro impazzivano. Allora noi uscivamo, facevamo finta di controllare il terreno di gioco, ci bastava star fermi. Guardarli, impassibili, poi sorridevamo, agitavamo le braccia e a quel punto si scatenava il finimondo. Ci caricavamo così, poi io entravo in campo e segnavo", firmato Giorgio Chinaglia.

ROMA - Quattro anni fa finiva la storia, iniziava la leggenda. Quattro anni dopo c’è ancora una spirale del dolore: c’è un oceano, Naples, la Lazio, i tifosi e quel gigante ormai di un altro mondo. Chinaglia è morto d'amore: “Ero troppo innamorato della Lazio, ho fatto delle scelte sbagliate - confessava Giorgione qualche settimana prima di andarsene – e non vedo l'ora di tornare in Italia per chiarire”. Non ne ha avuto il tempo, ha smesso di urlare dal suo esilio “volontario” a 65 anni. Chinaglia si era rifugiato latitante in Florida: la tentata scalata alla Lazio nel 2006 gli era costata un mandato di cattura europeo per riciclaggio.

L’ADDIO - Ha sferrato l'ultimo calcio il primo aprile di 4 anni fa, un gol eterno nel cuore dei laziali: “Non doveva finire così – piangono ancora oggi i tifosi – perché nel bene e nel male, nella vittoria e nella sconfitta, Chinaglia è stato la Lazio. Credevamo che prima o poi si sarebbe riabilitato, che sarebbe riapparso allo stadio da protagonista, acclamato fra le braccia del popolo laziale”. All'Olimpico torna invece ormai solo il suo ricordo.

IL PERSONAGGIO - Calcio e cazzotti, reti e successi, roccia in campo, calamita dei guai fuori. Ora la sua immagine è sgombra dal fango, la memoria lo ritrae col dito irriverente al cielo sotto la Sud. Ed è bello poterlo ricordare a tutti anche oggi, proprio a due giorni da un’altra stracittadina: Chinaglia è il grido di battaglia. Perché “Chinaglia ha fatto la rivoluzione a Roma - tuona il compagno Pulici – ed è ancora oggi l'emblema dei colori biancocelesti”.

LO SPIRITO - Giorgione ribelle, guascone, attaccabrighe, inarrestabile, semplicemente unico. Come il legame indissolubile con la Lazio. Le sue corna al San Paolo con ghigno beffardo sembravano riemergere nella sforbiciata irriverente di Mauri quattro anni fa al Napoli, una settimana dopo la sua scomparsa. Impossibile dimenticare quella serata: l'Olimpico che canta “O surdato ‘Nnammurato” e ammutolisce gli schiamazzi stupidi dei partenopei, le note della canzone di Chinaglia ( “Football Crazy”) che sembrano trombe, tutta la Lazio e il figlio George che ballano sotto la curva, Reja che abbraccia ad uno ad uno i giocatori e alza al cielo la mitica numero 9 insieme al terzo posto in classifica.

Cittaceleste.it