ROMA - Parliamoci chiaro, il bello degli analisti è quello di poter parlare a cose fatte, con la soluzione già sotto il naso. Parliamoci chiaro parte due, Inzaghi meriterebbe una statua nell'androne della casa di ognuno di noi. Però, per onestà intellettuale, facciamo che ci parliamo chiaro per la terza volta: ieri, il giocattolo della Lazio, si è inceppato in una maniera assolutamente impensabile facendo da scia ad un irriconoscibile momento che dura - ormai - da Atalanta-Lazio post lockdown ( da lì 8 partite perse su 16 giocate).
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Lazio, quando le ostinazioni tattiche costano caro
Lazio, l'analisi del giorno dopo
Ma torniamo alla Sampdoria e all'amaro pomeriggio di ieri, nel quale non ricordiamo parate di Audero. Le ostinazioni tattiche costano caro, delle volte, e non bisognerebbe sforzarsi di fare le cose - sempre e comunque - nello stesso modo. Ostinazione numero uno: 3-5-2 sempre e comunque. Davvero? Nessuna variante da proporre alla bisogna? E poi: il 3-5-2 senza esterni, semplicemente, non si può fare. Amen; Ostinazione numero due: Vavro mai e comunque, non poteva essere ieri il suo momento piuttosto che sforzarsi di adattare altri giocatori? (vedere prossima ostinazione); ostinazione numero tre: Parolo tanto cuore, ma non può reinventarsi ogni domenica in ogni ruolo, non è possibile, specie in una posizione dove serve una gamba che ormai Marco - vista l'età - non può più avere. Un normale Augello diventa Bale, in certi casi. Alla fine, se proprio non si voleva rischiare Marusic - che comunque è entrato - c'era Patric a disposizione. E, quindi, Vavro in difesa. E poi c'è il punto numero cinque - sempre per essere onesti e chiari - che però non è un'ostinazione bensì un dato di fatto. La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, e presentarsi alla quarta giornata di campionato - dopo la sosta - con cotante defezioni è pura sfiga. Fare bene in queste condizioni, è dura. Ah, ora sotto col Borussia Dortmund, che finalmente siamo in Champions. E guai a chi ci toglie un entusiasmo tenuto in standby per ben 13 anni.
Di Giovanni Manco
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