di Simone Cesarei
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UNA VITA DA LAZIALE- Il bisonte, le minacce di Ciro e il cuore di Radu
La nuova rubrica di Cittaceleste: commento alla partita biancoceleste attraverso gli occhi del tifoso
ROMA- Bucarest, 15 febbraio 2018. Oltre 1200 laziali sbarcano in Romania per assistere alla gara tra Steaua e Lazio. Seconda forza del campionato locale contro quinta, ma che era terza fino allo scorso weekend, della Serie A. Per i bookmakers non c'è storia. Troppo forte la Lazio, troppo inferiore lo Steaua. Che poi, in realtà, nemmeno si chiamerebbe Steaua: all'anagrafe si legge FCSB. La vera Steaua Bucarest milita in quarta divisione, ma la nuova squadra ne ha ereditato stemma, colori e tradizione. Fatto sta quando l'urna di Nyon ha sorteggiato l'FSCB, o Steaua se preferite, nessuno si è preoccupato, nonostante le frasi di circostanza. Peruzzi disse di stare attenti, che nessuno gara è semplice, specialmente in Europa, aggiungendo con un sorriso che "poteva andare molto peggio". I rumeni da parte loro, forse con quella spavalderia propria degli orgogliosi popoli dell'Est, non hanno mai negato di essere affascinati dalla sfida con i capitolini. Nelle ultime due settimane si sono alternate interviste entusiaste e dichiarazioni di sfida, con l'apice che è stato raggiunto dal presidente del club, Gigi Becali: “Stasera non affronteremo una grande squadra. Non puoi definirti una grande squadra se non hai vinto alcun trofeo e se non hai tanti soldi da investire. Noi batteremo gli italiani, ma non sarà una grande sfida”.
LA LEGGE DEL BISONTE
Insomma la Lazio si presenta a Bucarest con i favori del pronostico, con buona pace del presidente rumeno. La squadra però è in crisi di risultati, stanca nei suoi uomini chiave e fragile dal punto di vista mentale: chi più ne ha più ne metta. L'Europa League diventa un'occasione per riscattare il campionato, per ritrovare il sorriso perduto, ma soprattutto per tirare il fiato. Nove undicesimi di turnover, Inzaghi si affida alle sue seconde linee che tanto bene avevano fatto fin qui in Europa. Certo però che se le riserve si chiamano Nani, Lukaku, Murgia e Luiz Felipe dovresti dormire sonni tranquilli. E invece in campo ci va una lontana parente della squadra che ci ha fatto innamorare. Distratta, imprecisa, nervosa: questa non è la Lazio di Inzaghi. La punizione arriva nel primo tempo, e porta il nome di Gnoherè, detto "il bisonte". Mai epiteto fu più appropriato. Un ragazzone di 110 chili che fa a sportellate per tutta la partita con il malcapitato Luiz Felipe, anche ieri uno dei pochi a salvarsi. Sembra uno di quei buttafuori che si vedono nelle discoteche romane, e invece di mestiere fa l'attaccante. E segna pure: 1-0 e apoteosi rumena. Fino al fischio finale si assiste ad una sagra dell'orrore. Unica nota semi positiva è il ritorno di Felipe Anderson. Non il vero Anderson, sia chiaro, quello l'abbiamo lasciato al 2015, però a sprazzi si è intravisto il talento di un patrimonio che sembrava ormai perduto. Ad ogni modo l'apice di una serata disastrosa si raggiunge quando Immobile, appena entrato, ma che in realtà ha toccato quattro palloni sbagliandone cinque, comincia a bisticciare in una lingua non meglio specificata con l'allenatore della Steaua. Tra le poche parole comprese dal labiale del biondo napoletano si coglie un chiaro e distinto: "Tanto ci vediamo a Roma". Una minaccia neanche troppo velata, che nasconde un nervosismo per una crisi di identità che ora comincia a far preoccupare. Non ci sono scuse per questa sconfitta, non ci sono scuse per un'involuzione che sembra a tutti gli effetti una crisi. Inzaghi ora ha il compito di rialzare i suoi ragazzi, di trasmettergli quel coraggio di chi non molla mai: il coraggio dei laziali.
IL CUORE DI STEFAN E CIRO
Non c'è solo buio però, nella notte di Bucarest. Prima del fischio d'inizio, i tifosi dello Steaua hanno voluto dedicare uno striscione a due giocatori biancocelesti: "Grazie Radu e Immobile". Il motivo? I due laziali hanno devoluto l'incasso dalla vendita all'asta delle loro maglie per aiutare un bambino rumeno molto malato. Ci sono volte in cui il calcio ti può deludere, ti può far arrabbiare e imprecare, ma questa è la sua essenza. Un gesto semplice e sincero arrivato dal rivale di sempre. Sì, perchè Radu non ha dimenticato il suo passato alla Dinamo Bucarest, eterna antagonista della Steaua. Eppure, nonostante una rivalità tra le più accese al mondo, il gesto di Stefan ha portato una tifoseria intera a riconoscerne il gran cuore. Perchè morte e malattia non hanno colori nè bandiera, e ancora oggi purtroppo c'è chi troppo spesso se ne dimentica.
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