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Lazio, papà Inzaghi: “Vi racconto Simone”

Inzaghi

Ecco le parole di Giancarlo Inzaghi, papà di Simone, tecnico della Lazio, e Pippo, allenatore del Benevento

redazionecittaceleste

ROMA - Da calciatori ad allenatori. In casa Inzaghi non ci si annoia mai. O almeno è questo il pensiero di papà Giancarlo visto che i suoi figli continuano a essere protagonisti in più vesti nel mondo del calcio.

Intervistato daa Radiosei direttamente el ritiro di Auronzo di Cadore, ecco come Inzaghi senior ha parlato del tecnico biancoceleste: "Sto guardando tutta la seduta, per poi portare delle varianti da suggerire al mister! In questi quattro giorni, quello che mi ha colpito è questa sensazione di compattezza della squadra. Di buonumore. C'è una grande unità d'intenti. Mi stanno piacendo molto. Guardandola da fuori, la cosa che viene spontanea dire è che questa è una squadra che può far tribolare tanta gente. Poi ci sono tante cose, gli episodi... Ma il gruppo è davvero unito. Mi sono divertito a vederli così in campo. E' stata una bella vacanza, ho visto gli allenamenti, poi abbiamo fatto passeggiate qui che è bellissimo. Abbiamo anche trovato dei bei giorni".

Sul silenzio di Inzaghi dopo la vittoria della Coppa Italia: "Non era venuto a Piacenza, ma ci siamo sempre sentiti. poi noi siamo venuti a Roma. C'erano tante voci, se andrà, se non andrà. Poi Filippo è venuto da me e mi ha detto: "Papà, tanto non se ne andrà mai da Roma. Capito? Mai. È troppo attaccato alla Lazio. Quando arriva al campo, sono ormai 21 anni che parcheggia lì fuori, per cui è difficile: ormai si sente a casa. Filippo gli ha parlato due giorni e ha capito tutto. Se gli parli di andare via gli venivano le lacrime agli occhi. 'Adesso vediamo, valutiamo', rispondeva. Ma in cuor suo già sapeva. Anche se di interessamenti ce ne sono stati e questo non può che fare piacere".

Sui risultati ottenuti dalla Lazio: "Professionalmente si cresce sempre. A me sembra che sia bravo. Nei rapporti, anche. Non dovrei dirlo come padre. Il modo di fare. Non è sempre un bravo ragazzo, quando ci vuole ci vuole: sa usare il bastone e la carota. Negli spogliatoi, la sua voce si sente. Se mi aspettavo sarebbe stato allenatore? No, me l'aspettavo più da Filippo, per come è fatto, per il suo modo che ha maniacale di non staccare mai. Non pensavo di Simone. Invece mi accorgo, vedendolo lavorare, che lo fa intensamente. Poi, insomma, l'abbiamo visto: se vinci con il Milan, con l'Inter, un motivo ci sarà. Certo, abbiamo perso anche con il Chievo.

E continua: "Di solito mi chiama un minuto dopo la partita con il Chievo mi ha chiamato due ore dopo. Poi in quell'occasione sono stato pesantino anche io: 'Cavolo, non si può, come si fa?'. Lui era calmo, era sereno. Giocava a pallone in salone con il figlio. La moglie mi ha detto: 'Sì, tu ora lo vedi tranquillo, ma poi me lo devo sorbire io quando tra due giorni sarà inc***ato!'. Gli arbitri? Ha deciso di non parlarne più, non gliel'ho consigliato io. Però anche loro hanno un ruolo complicato, deve averlo capito. Ma a volte capita che vedi qualcosa che non va e ti viene da dirlo".

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