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ESCLUSIVA – Cragnotti: “Lotito non mi ha invitato allo stadio. Io e la Lazio legate dal destino…”

Intervista esclusiva a Sergio Cragnotti

redazionecittaceleste

Di Luca Spigarelli

ROMA – Il nome di Sergio Cragnotti è legato a doppio a quello della Lazio, vuoi perché entrambi nati lo stesso giorno, vuoi perché è stato lui a portare il club a grandi fasti. Oggi l’ex numero uno biancoceleste ci ha concesso un’intervista esclusiva ai nostri microfoni.

Presidente domani ci sarà una grande festa all’Olimpico. Lei è stato invitato?

"No. Non sono stato invitato da Lotito".

Lei e la Lazio siete stati nati lo stesso giorno: un segno del destino?

"Credo proprio di si, anche perché poi sono stato coinvolto nella gestione di questa società: una cosa davvero particolare. Credo che poi siamo riusciti a dare un grosso risultato, un grosso riconoscimento all’immagine della Lazio in definitiva".

In 120 anni di storia della Lazio, quasi il 10% porta la Sua firma. Un periodo costellato da tanti trofei dopo un periodo di magra.

"Tanti periodi di magra. Noi siamo entrati nella Lazio perché avevamo un progetto, che poi era anche insieme a Franco Sensi (ex presidente della Roma n.d.r.). Noi volevamo riportare un po’ la capitale del calcio, che all’epoca era sempre stata tra Milano e Torino, a Roma. Abbiamo dato vita a un periodo, dal 1999 al 2001, dove le squadre romane si sotto fatte valere costruendo questo grande progetto con ottimi risultati".

Sir Alex Ferguson dichiarò che la Sua Lazio era la squadra più forte del mondo. Come nato questo progetto di investire sulla squadra?

"Io sono stato coinvolto nel mondo del calcio perché avevamo una grande conoscenza del mondo internazionale, del sistema grazie soprattutto al mio lavoro l’ho girato un po’ tutto. Io volevo portare l’immagine della Lazio nel mondo. E credo che poi ci siamo riusciti con la vittoria contro il Manchester United, vincitore della Champions League, nella finale di Supercoppa Europea a Montecarlo. Siamo riusciti a vincere la partita e quindi l’immagine della Lazio era diventata conosciuta per tutto il mondo".

Inzaghi, Mancini, Simeone e Mihajlovic: grandi allenatori passati da giocatori per la Sua Lazio. Lei ha trasmesso qualcosa a questi giocatori?

"Questi nomi fanno capire che i risultati si ottengono quando si hanno uomini di grande carattere, di grande professionalità e di grande mentalità. Infatti nella vita e nel mondo del lavoro loro si sono scoperti dei grandi professionisti. Simeone, Mihajlovic, Mancini, Veron… si capisce perché poi abbiamo vinto e siamo stati riconosciuti come una delle società leader nel mondo del calcio di quei tempi".

Alcuni tifosi sostengono che se “Lei avesse avuto metà della fortuna di Lotito, Lei avrebbe alzato al cielo almeno tre Champions League”. Ce la commenta?

"Non è tanto un problema di fortuna. Io credo che il Presidente Lotito stia facendo un ottimo lavoro, sta cercando di portare a grandi livelli la Lazio attraverso un lavoro assiduo, di presenza e di uno staff, che ha creato intorno a lui, valido: Tare, Peruzzi e Inzaghi. Quindi credo che sia un ottimo lavoro. Evidentemente la lotta oggi per essere sui mercati mondiali debba avere anche una valenza finanziaria. Ci devono essere grandi capitali disponibili al fine di avere i migliori giocatori e i migliori risultati. Vediamo oggi che l’appartenenza di queste squadre di calcio fa appetito un po’ a tutto il mondo finanziario mondiale: vediamo l’Inter, la Roma, la Juventus il Milan. Oramai la proprietà di queste squadre di calcio stanno in mano ai grandi gruppi finanziari. Ed è per questo che occorre anche avere una valenza finanziaria. Oltre al buon lavoro occorre anche una capacità finanziaria che faccia decollare un po’ la società calcistica".

E proprio per questo che ci fu la sua intuizione di quotare la Lazio in borsa?

"Ma io credo che quello sia stato un grande risultato. Peccato che praticamente da noi il concetto borsistico speculativo distoglie quello che è poi l’appartenenza alla società perché il titolo o l’azione doveva avere un valore di proprietà assoluta da parte dell’investitore. Non è che il titolo poi veniva ceduto o si facevano le plusvalenze sulla cessione. Il concetto di portare in quotazione la Lazio era un concetto simile a quello del calcio e del mercato inglese: le società inglesi sono anche quotate però il tifoso che ha in mano il titolo non pensa ad avere una speculazione, pensa ad avere un’appartenenza e una partecipazione alla gestione della società. Quello era il valore della quotazione".

Lei tempo fa dichiarò che “avrebbe venduto Nesta per salvare la Lazio. I giocatori passano, la maglia rimane”. Da questa sua affermazione si evince anche uno dei suoi mantra: la squadra è più importante di tutto? 

"Certamente. I giocatori appartengono a un mondo in cui spesso cambiano maglia. Appartengono a un mondo in cui non diventano proprietà esclusiva. La maglia invece è di proprietà della tifoseria".