ROMA - Tra 4 giorni saranno passati 40 anni da quella giornata nefasta di domenica 28 ottobre 1979. La morte di un tifoso laziale causata dal lancio di un razzo dalla curva sud,Vincenzo Paparelli ci lasciò proprio quel giorno tra le lacrime dei tifosi laziali in curva. Oggi dopo anni, ancora non si ferma la vergogna delle scritte infamanti un defunto, un uomo che è morto allo stadio seguendo sino all'ultimo la sua passione, la Lazio. Il figio Gabriele, ha parlato proprio della mancanza di rispetto che negli anni lo ha ferito, verso suo padre: “Per anni mi alzavo prima di mia madre e percorrevo la strada che lei faceva per andare al lavoro cancellandole con una bomboletta spray. Ora ci sono i social: i laziali mi avvertono e vado. L'ultima volta a San Lorenzo, nel 2017. Quegli insulti sono contronatura: forse le mie uscite forti sono servite”. Gabriele ha una figlia di 6 anni, tifosa della Lazio che gli chiede spesso: “Perché c'è la bandiera con la foto di nonno? - chiede - “Perché era un grande laziale e gli vogliono bene”.
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Lazio, Gabriele Paparelli: “Combatto per le scritte contro mio padre”
Il figlio di Vincenzo Paparelli, Gabriele ricorda la sua lotta contro gli insulti al povero papà scomparso nel 1979
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