ROMA - Un altro ex Lazio ha parlato del suo passato in Italia e ovviamente in biancoceleste. Si tratta di Mourad Meghni, talento francese che non è mai riuscito a esplodere, ma sul quale il club capitolino aveva puntato molto. Oggi il classe '84 si diverte al Val de France, squadra che milita nell'ottava serie francese. Ecco come si è espresso a La Gazzetta dello Sport: "Le petit Zidane? Prima io, poi Ben Arfa e Gourcuff. Quel paragone è stato un danno per tutti. Una volta che hai quell’etichetta, non te la leva più nessuno. Arrivai a Bologna a 16 anni dopo un provino allo United, ero con mio fratello. Da piccoli impazzivamo per le reti delle porte italiane. Erano particolari, non so spiegarlo, e quando le vedemmo da vicino fu un’emozione unica".
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Lazio, Meghni: “Il vero me? Quello contro il Werder. Mi rivedo in Luis Alberto”
Le dichiarazioni dell'ex calciatore della Lazio, Mourad Meghni
Meghni, l’importante è divertirsi.
"Esatto. Dopo qualche anno di calcetto volevo tornare a giocare a 11, i compagni mi hanno dato la numero 10…".
La classe non le è mai mancata.
“Mai. Signori mi chiamava Mulan perché non riusciva a dire Mourad (sorride, ndr), poi sono sempre stato ‘il piccolo Zizou’. Da un lato mi ha lusingato, dall’altro mi ha condizionato. Potevo fare molto di più in carriera, ma ho avuto troppi infortuni”.
Senza, dove sarebbe arrivato?
“Quando stavo bene ho sempre fatto la differenza. Ha presente Lazio-Werder Brema in Champions nel 2007? Quello era Meghni: rigore procurato e assist a Rocchi dopo una magia. Fu la gara più bella mai giocata a Roma, forse la migliore in carriera. Se avessi avuto più continuità, forse oggi sarei in una big”.
Se le dico Italia?
“Penso a Bologna e Lazio, ma anche al buon cibo e a Carlo Mazzone. Un personaggio unico, quante risate ci siamo fatti…”.
Ci racconti un aneddoto.
“Ricordo una gara a Palermo: ero vicino la linea di fondo e mi urlò di passarla, ma dribblai l’uomo. Si girò verso gli altri compagni e disse rassegnato: ‘Vabbè, fai un po’ come te pare…’. Gli voglio bene”.
Anche Delio Rossi le dava fiducia.
“Mi dicevano che non avrei mai giocato, ma spesso mi inseriva al posto di Mauri. Gli anni più belli li ho vissuti a Bologna: dissi ‘no’ al Fulham per restare in rossoblù, è il club della mia vita. L’esperienza più importante, però, è stata all’Olimpico, dove ho giocato in Champions e vinto la Coppa Italia nel 2009”.
Un ricordo agrodolce.
“Tare mi mandò in tribuna per aiutarmi a reagire, me lo confessò anni dopo. Ero al di sotto delle mie possibilità e lui lo sapeva, così cercò di proteggermi non facendomi giocare. Mi arrabbiai, ma aveva ragione lui. Lo capii più tardi. Inoltre, il giorno dopo la vittoria volai subito a Parigi perché mia moglie stava partorendo. Ogni volta che festeggio il compleanno di mio figlio, penso a quel trofeo”.
Oggi in chi si rivede?
“In Luis Alberto. Tocchiamo la palla allo stesso modo. Un giocatore eccezionale”.
Inzaghi l’ha sorpresa?
“Molto, non credevo potesse diventare così bravo. Era un giocherellone, nello spogliatoio era quello che faceva ridere tutti, battute di continuo. Ora guida una Lazio da scudetto. Chapeau a lui”.
Cosa farà in futuro?
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