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WOMEN | Piemonte: “Maschile o femminile? No, il calcio è calcio. Alla Lazio…”

Piemonte
Le parole dell’attaccante biancoceleste, che ripercorre la sua carriera sin dai primi calci per arrivare al presente tra Lazio e non solo
Michele Cerrotta

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Si racconta a tutto tondo, senza freni o censure, Martina Piemonte. L’attaccante della Lazio Women è stata intervistata da Leggo e ha ripercorso le tappe della sua vita, dai primi e complicati calci a un pallone al momento del movimento calcistico femminile in Italia. Queste le parole dell’attaccante biancoceleste.

La tua famiglia ti ha incoraggiata nel seguire la tua passione?

Ho iniziato a 5 anni. All’inizio mio padre non voleva che io giocassi a calcio. ‘Una donna non può giocare a calcio’, mi diceva. Così mia mamma, insieme a mio zio, mi portò di nascosto a giocare con mio cugino. Mi allenavo con i maschi, non c'erano le scuole calcio femminili quando ho iniziato”.

E adesso tuo padre?

Ora è diverso. È diventato il mio più grande tifoso. Col tempo ha visto che ero felice ed è tanto orgoglioso di me, la mia famiglia è il mio tutto”.

 È stato difficile per te arrivare in Serie A?

Ho fatto tanti sacrifici e li faccio tutt'ora, ma pesano meno con l’esperienza che ho adesso. All’inizio, quando ero al Verona a 18 anni, non ci pagavano e lavoravo come barista la sera per mantenermi. Dopo sono andata al Siviglia, dove ho fatto la prima esperienza grande. Mi mancava casa, quando chiamavo mia mamma per dirle ‘mi manchi’ piangevo. Da donna non è stato facile”.

Quanto pesano gli stereotipi? Ci sono stati momenti in cui hai pensato di mollare?

Rispetto a prima ce ne sono molto meno. Quella della Lazio è una bellissima struttura, non fanno distinzioni di trattamento. Nel corso della mia carriera non ho mai voluto mollare per i pregiudizi, ma per situazioni mie personali. Ho cambiato squadra tante volte e questo è stato molto difficile. Quando ero alla Fiorentina ho pensato di voler tornare a fare boxe. Poi mi sono detta ‘Non posso vivere senza il calcio’ e sono tornata. La vita mi ha regalato tante soddisfazioni, è il lavoro più bello che ci sia”.

Il 2022 per il calcio femminile Italiano è stato un anno di conquiste con l'introduzione del professionismo, ma le disparità sono ancora tante. Quali ti turbano maggiormente?

Sicuramente è stato un salto importantissimo, più che un traguardo vorrei definirlo un punto di partenza, che ripaga tutte le lotte portate avanti dalle compagne più grandi di me. La strada da fare è ancora tanto lunga, ma tutti i Club italiani si stanno impegnando per costruire qualcosa di grande per noi. La disparità è principalmente salariale: non abbiamo la stessa retribuzione, perché il calcio femminile non ha lo stesso seguito e la stessa risonanza mediatica di quello maschile, per questo non ci sono introiti e non abbiamo gli stessi stipendi. Il problema principale è culturale, più che delle società calcistiche. Il Mondiale femminile del 2019 ha dato uno scossone molto forte in questo senso”.

In Italia il calcio è lo sport più popolare di tutti. Negli ultimi anni anche il seguito di quello femminile è in aumento, come dimostra la pubblicazione del primo album Panini per la stagione 2024/2025. Cosa rappresenta questo per te?

Non mi vengono neanche le parole per descriverlo, è un momento storico che ci ricorderemo tutti. È un peccato non sia stato fatto prima. Il 2025 lo ricorderemo per questo aumento di visibilità. È un motivo di grande orgoglio: dà la possibilità alle bambine di sognare e di farci conoscere dai bambini, è bellissimo”.

E sugli spalti che aria tira? Anche la tifoseria è in aumento?

Di più nelle partite con la Nazionale, in campionato è un processo che richiede ancora tempo per richiamare attenzione mediatica. Serve un cambiamento sociale. Non mi piace parlare di "calcio femminile" e "calcio maschile". Il calcio è calcio e basta. Bisogna far capire che noi non abbiamo niente in meno, è uno spettacolo meraviglioso, un calcio genuino e pieno di passione. Anche il nostro”.

Cosa auguri per il futuro?

Che tutte le bambine possano seguire il loro sogno, come ho fatto io. Magari con meno ostacoli. Così un domani potremo ritrovarci anche noi a giocare nei grandi stadi, all'Olimpico o a San Siro, come fanno in Inghilterra, circondate dal calore di migliaia di tifosi e milioni di spettatori”.