Intervenuto ai microfoni del Corriere della Sera nel corso di una lunga intervista, Andrea Agostinelli ha ripercorso i momenti salienti della sua carriera sportiva tra calcio giocato e il ruolo di allenatore. In particolare, l'ex difensore biancoceleste è tornato a parlare della sua Lazio, con cui ha giocato tra il 1975 e il 1979. Ecco un estratto della sua lunga intervista.
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Agostinelli: “Alla Lazio mai un giorno tranquillo: armi e risse continue, ma…”
Il primo ricordo del calcio?
"Quando mi sono messo la maglia della Lazio a 14 anni. Qualche mese prima avevo fatto dei provini con Bologna e Torino, con me c'era Bruno Conti. Partimmo in treno, 20 ore di viaggio. Dormimmo insieme".
E come andò?
"Scartati, entrambi".
Lei era considerato l'erede di Re Cecconi.
"Stesso ruolo ma caratteristiche diverse. Un ragazzo eccezionale, una persona buona. Quando lo ammazzarono ero in ritiro a Santa Margherita Ligure con l'U21, stavo giocando a carte. Poi la tragica notizia. Mi diceva sempre: "Guarda che nel calcio non ti aiuterà nessuno". Lo dico sempre ai miei calciatori. Mors tua vita mea".
La sua Lazio era una gabbia di matti.
"Mai vissuto un giorno tranquillo, lineare. Durante le partitelle le risse erano continue, ho visto picchiarsi anche allenatore e magazziniere. Poi però la domenica eravamo tutti uniti. Una volta partimmo in pullman per una trasferta. Noto che tre o quattro compagni seduti in fondo iniziano a caricare le armi: "Ma dove andiamo, in guerra?", mi chiedo. Poi cominciano a sparare in aria. Guardo fuori dal finestrino e noto un piccolo aereo che ci stava sorvolando. Era Gigi Martini, che oltre a essere calciatore era anche un pilota".
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