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Calisti: “Lazio in difficoltà dal punto di vista mentale. I tifosi? Da ringraziare”

Ernesto Calisti
Intervenuto al Corriere dello Sport il doppio ex della gara Ernesto Calisti ha detto la sua sulla partita e sul momento dei biancocelesti
Edoardo Pettinelli Redattore 

Una carriera iniziata in biancoceleste e chiusa in gialloblu: Ernesto Calisti è uno dei grandi ex della sfida di questa sera. Intervenuto ai microfoni del Corriere dello Sport l'ex difensore ha detto la sua in merito alla gara di questa sera oltre che sul delicato momento attraversato dalla Lazio.

Un inizio di carriera alla Lazio, la chiusura al Frosinone. Che esperienze sono state?

Arrivai alla Lazio molto giovane. Avevo solo nove anni, ero un bambino e per me è stato un sogno arrivare in prima squadra, giocare in Serie B e poi in Serie A. Ho avuto grandi soddisfazioni dal punto di vista personale. Frosinone è stata la mia chiusura, breve, ma sempre a causa di quel problema al ginocchio che mi portò sfortuna nel 1986. Nonostante questo, ho fatto la mia carriera, buona, ma poteva essere sicuramente diversa. In Ciociaria ero contento, anche perché avevo Bruno Giordano come allenatore, Piscedda come secondo e ho ritrovato tanti amici ed ex compagni laziali. Avrei voluto continuare a giocare, ma ero perseguitato da quel problema che non mi permise di procedere come volevo. Dissi basta al calcio serio per quel motivo”.

Due i gol in carriera, ricordi il primo con la Lazio?

Con la maglia biancoceleste segnai la mia prima rete. Avevo 19 anni, giocavamo a Genova contro la Samp che a quei tempi era fortissima con Mancini, Vialli, e tanti altri. Riuscimmo a pareggiare e fu una grandissima emozione per me. A quei tempi era difficile per un difensore fare gol, si pensava a difendere. Prima i difensori facevano solo i difensori, non pensavano ad attaccare. Il mio secondo e ultimo gol lo feci a Verona, un'altra esperienza splendida. Sono stati cinque anni grandiosi, mi rimangono tanti ricordi belli della città e di quella gente. Sono piccole soddisfazioni che mi porto dentro con affetto”.

Esperienze nei club e in Nazionale, poi la sfortuna lo colpì anche con la maglia azzurra.

Con Mancini e Vialli avevo un grande rapporto. L'allenatore era Vicini e avevamo una squadra fortissima a livello di Under 21. Ricordo Donadoni, Zenga, Ferri, Matteoli, Francini. Ho un ricordo splendido di quella Nazionale. Riuscii a partecipare alle qualificazioni agli Europei, poi alle fasi finali fui colpito da questo infortunio che mi tenne lontano dal campo per almeno un anno e mezzo”.

Eriksson, Fascetti e non solo: quanti allenatori in carriera.

Quando ho sentito della malattia di Eriksson ci sono rimasto malissimo, come tutti coloro che lo hanno conosciuto e lo hanno avuto come allenatore. E una persona splendida, un grande tecnico, un signore vero del calcio. Ho avuto grandi mister come Simoni, Reja, ma i migliori sono stati Fascetti e soprattutto Bagnoli, che fu un padre per me a quei tempi”.

La Lazio non passa un bel momento: di chi è la colpa?

La Lazio la vedo in grandissima difficoltà soprattutto dal punto di vista mentale. È arrivata alla fine di un ciclo e mi dispiace. Si parla molto delle colpe di Sarri, ma io lo vedo come ultimo colpevole di questa situazione. In primis sul banco degli imputati ci metto la società, poi i calciatori che sono quelli che scendono in campo e determinano nel bene o nel male il futuro di una squadra. Ci sarà molto da fare dal punto di vista del mercato, il gruppo è assolutamente da ricostruire”.

Quindi Sarri non doveva dimettersi?

Lui aveva richiesto da inizio stagione giocatori diversi, non è stato accontentato e per come lavora e intende il calcio ci vuole tempo per preparare dei giocatori che non hanno mai giocato con quel modulo. Lo stesso tempo è necessario per entrare nei meccanismi del tecnico toscano e capire a pieno la sua mentalità e il suo modo di intendere il calcio. Aveva chiesto atleti pronti fin da subito, ma sono arrivati altri giocatori. L'anno scorso è stato un mezzo miracolo e il merito è proprio di Sarri. Contro l'Udinese è stato il punto più basso della Lazio in questa stagione. Ci sarà molto da ricostruire. Ora che non c'è, è stato tolto un capro espiatorio ai giocatori. Lui è il meno colpevole. Credo ormai sia impossibile che la squadra arrivi in Europa, a meno che non accada qualcosa di incredibile. Ora ho ancora più stima in Sarri, perché le sue dimissioni sono state un gesto significativo. Ha capito che non c'era modo di andare avanti”.

Il Frosinone è favorito sulla Lazio?

In questo momento il Frosinone ha fame, ha voglia di salvarsi. Di Francesco ha fatto un ottimo lavoro e meritava più punti di quelli che ha attualmente in classifica. È una squadra che gioca, che costruisce, che ha sprecato molte occasioni da gol e in questo assomiglia alla Lazio. Il Frosinone però crea tantissimo, al contrario dei biancocelesti, ma è poco cattivo sotto porta. Sarà una partita difficilissima per la squadra di Martusciello. Per Di Francesco allo Stirpe sarà una grande opportunità, perché si troverà di fronte una Lazio in grande difficoltà. La Lazio è una squadra vuota, si scioglie come neve al sole”.

Cosa prova un calciatore contestato dalla sua gente?

Stiamo vivendo un momento in cui i tifosi della Lazio contestano la società, come abbiamo visto al termine della sfida contro l'Udinese. Ma dall'altra parte c'è del malcontento anche in casa Frosinone perché i ciociari non sono sicuramente in un'ottima situazione di classifica e devono lottare duramente per sperare di salvarsi. Da calciatore certe situazioni si vivono male. Nella testa dei giocatori della Lazio c'è il secondo posto dello scorso anno, l'ottavo di Champions giocato contro il Bayern Monaco, una semifinale di Coppa Italia. I tifosi, che siano della Lazio o del Frosinone in questo caso, meritano rispetto perché sostengono la squadra, non la lasciano mai sola. La Lazio ha una tifoseria che, anche e soprattutto in trasferta, va solo ringraziata”.

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