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Ciak, si gioca: Lazio&Cinema – Lo spirito indomito di Baroni per un’Europa da Invictus
Di Lorenzo Bozzetti
Può capitare, a volte, che la storia di un determinato popolo sia segnata anche da periodi oscuri e complessi, da momenti cupi che ne influenzano e compromettono la fiducia rivolta al proprio futuro. Momenti delicati, dunque, che per essere davvero superati e trasformati in occasioni di rinascita richiedono l’emergere di una figura carismatica, provvista non solo di lungimiranza, ma anche della capacità di ascoltare, unire e riaccendere la speranza per un domani migliore. Una guida in grado quindi di mettere al centro le persone, di ravvivare quell’orgoglio nazionale indispensabile per tracciare un nuovo percorso credibile, concreto e condiviso. In altre parole, un leader al quale potersi aggrappare e affidargli il compito di rilanciare le proprie ambizioni. Simili considerazioni trovano pieno riscontro nel cammino europeo intrapreso all’inizio della scorsa stagione dalla Lazio di Marco Baroni che ha saputo sotto la sua guida risvegliare quei desideri ormai sopiti di rinascita non solo in campo nazionale, ma anche internazionale. Un percorso assolutamente esaltante soprattutto nei primi mesi, non solo dal punto di vista dei risultati ottenuti, ma anche sul piano delle prestazioni che ha saputo offrire il gruppo allenato dal tecnico fiorentino. Un inizio europeo dunque sorprendente, che ha consentito agli uomini di Baroni di regalare forti emozioni ai propri tifosi, vogliosi di vivere la competizione dell’Europa League da assoluti protagonisti.
Proprio la splendida cavalcata intrapresa dai biancocelesti ad inizio torneo può assumere i connotati di una narrazione epica raramente riscontrabile nella storia del club capitolino, almeno nel palcoscenico internazionale. Un’epicità riguardante non solo i risultati ottenuti sul campo (successi conquistati grazie a prestazioni di spessore), ma con al centro quello spirito resiliente e collettivo plasmato da Marco Baroni capace di coinvolgere ogni singola componente della piazza biancoceleste, rendendo quest’ultima un blocco unico e compatto formato da società, squadra e tifosi. Un blocco coeso e diretto verso un unico obiettivo: tornare ad essere protagonisti in Europa. Quell’animo indomito infuso da Baroni nel cuore dei propri giocatori, percepibile soprattutto nelle prime partite del torneo europeo, permette di trovare –inaspettatamente- dei collegamenti con la trama del film "Invictus - L'invincibile".
Invictus: un popolo, una squadra, un sogno
—Film del 2009 diretto da Clint Eastwood e basato sul libro “Ama il tuo nemico” (“Playing the Enemy: Nelson Mandela and the Game that Made a Nation”) di John Carlin, "Invictus - L'invincibile" narra della storica vittoria conquistata dal Sudafrica di Nelson Mandela della Coppa del mondo di rugby del 1995. Dopo la fine del regime dell’apartheid e l’elezione di Mandela come presidente, il Sudafrica affronta una fase estremamente delicata della propria storia. Subito dopo essersi insediato, Mandela (primo presidente nero del paese) si prefissa come scopo quello di riconciliare una nazione ancora profondamente segnata dalle evidenti tensioni tra la maggioranza nera e la minoranza bianca. A incarnare simbolicamente questa divisione sono gli Springboks, la nazionale di rugby, da sempre ritenuta un emblema atto a rappresentare l’orgoglio bianco Afrikaner, e per questo osteggiata dal resto della popolazione. In tal senso, Mandela (interpretato nel film da Morgan Freeman) decide di affidare agli Springboks e al loro capitano François Pienaar (nel film interpretato da Matt Damon) il compito di unire un’intera nazione attraverso il rugby, costruendola anche sul piano identitario ("Abbiamo bisogno di ispirazione François, perché per poter costruire la nostra nazione, dobbiamo tutti cercare di superare le nostre aspettative" come ribadito da Mandela a Pienaar nel film). Un sogno concretizzatosi su un campo da rugby, grazie alla storia vittoria del Mondiale, ottenuta grazie a uno straordinario successo nella finale contro gli All Blacks. Un trionfo dunque dal sapore speciale, arrivato contro ogni previsione, e che ha assunto i connotati di una vittoria dell’anima, piuttosto che di semplice trionfo sportivo.
Tra sogno e orgoglio: l’eco degli Springboks nella rinascita europea della Lazio
—Il percorso intrapreso dagli Springboks nella Coppa del mondo del 1995 può essere paragonato all’esaltante prima parte di Europa League affrontata dalla Lazio nella scorsa stagione. Non tanto per i risultati raggiunti, quanto per l’entusiasmo che gli Springboks e la Lazio sono stati entrambi capaci di generare e far rivivere ai propri popoli di riferimento -da una parte quello sudafricano e dall’altra quello biancoceleste- durante il cammino nelle rispettive competizioni. Un entusiasmo che si è tramutato in un forte spirito di appartenenza che, nel caso della Lazio, si è vissuto nei primi mesi del nuovo formato di Europa League. In effetti, le prime otto giornate del macro-girone europeo vedono la squadra di Baroni comandare al primo posto in classifica, con 19 guadagnati insieme a una differenza reti che recita un positivo +12. Un risultato straordinario, che ha fatto della Lazio la principale sorpresa del torneo, in grado di mettersi alle spalle squadre di rilievo nell’attuale palcoscenico europeo, come il Manchester United, il Tottenham o l’Eintracht di Francoforte. Quello che si è consumato nei primi mesi di Europa League è stato quindi un eccellente andamento per la Lazio targata Baroni, non solo ed esclusivamente per il mero risultato sportivo. Ciò che si è potuto osservare è stato infatti un travolgente fronte biancoceleste formato da squadra e tifosi diretto a far ritrovare al club capitolino un posto importante nella cartina geografica d’Europa. Una squadra, quella di Baroni, capace quindi di entrare nella mente e nel cuore dei tifosi biancocelesti grazie a successi che resteranno nella storia europea del club: basti pensare alla schiacciante vittoria contro l’Ajax in quel di Amsterdam presso la Johan Cruijff Arena, al successo casalingo arrivato in extremis contro il Porto grazie alla rete di Pedro oppure al 3-1 rifilato all’Olimpico alla Real Sociedad.
Padroni del proprio destino
—Come gli Springboks, anche la Lazio di Baroni ha iniziato il proprio torneo senza avere il favore dei pronostici dalla propria parte. Tuttavia, come nella poesia di William Ernest Henley recitata da Mandela nel film e da cui prende il nome la stessa pellicola, "Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima", i biancocelesti si sono affermati quali padroni del proprio futuro. Un gruppo fatto di uomini che hanno voluto fare propria quella filosofia di gioco plasmata Baroni, fatta di intensità, ambizione e vogliosa di far emozionare i propri tifosi. Nel contesto europeo, la Lazio ha saputo convincere e conquistare l’affetto dei propri tifosi non solo grazie alla vittoria, ma anche grazie a quello spirito ribelle che le ha permesso di convertire la compattezza in forza e la sfida in opportunità e di smentire i pronostici iniziali di chi li vedeva tutt’altro che favoriti, proprio come gli Springboks nel film. Se l’Invictus realizzato in ambito cinematografico termina con una vittoria che entra di diritto nella storia, per la Lazio in quel momento c'era un futuro che era ancora tutto ancora da scrivere. Ma l’inizio brillante in Europa League degli uomini di Baroni lasciava comunque almeno la possibilità di poter sperare ad un destino roseo. In fondo, sia sul campo da calcio che nella vita, non sempre vince chi è favorito. Spesso vince chi, come Mandela e come Baroni, crede ciecamente nel potere del gruppo e nella forza di un'idea condivisa. Baroni si pone, quindi, quale leader indiscusso, capace di riunire la piazza biancoceleste, fortemente divisa tra società e tifosi a seguito del calciomercato estivo, conseguentemente alle performance ottenute dalla sua squadra in Europa.
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