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“Sono rimasto in silenzio finché ho potuto, ma a un certo punto il silenzio diventa complicità, e io non ci sto. Se la mia voce potrà risparmiare anche solo un ragazzo o una ragazza in futuro, quella sarà la mia vera Serie A”. Spiega così, in uno dei due post affidati al proprio profilo LinkedIn, le ragioni del suo sfogo e della sua denuncia Gabriele Scatena. Il fischietto abruzzese, trentacinque anni, è uno dei nove arbitri (dieci con Orsato, ancora formalmente in organico fino a pochi giorni fa) dismessi al termine dell’ultima stagione sportiva.
Una decisione, quella presa dal designatore Gianluca Rocchi, che - sebbene formalmente prevista dai regolamenti interni - appare quanto mai inconsueta. Non si vede di frequente, infatti, un arbitro dismesso dopo una sola stagione nella Can. A maggior ragione se, come nel caso di Scatena, si è reduci da un’annata con appena otto partite in B (più una di Coppa Italia) e da un lungo periodo ai box per infortunio. Proprio riguardo il problema fisico, poi, un allegato condiviso dal fischietto della sezione di Avezzano nel post LinkedIn fa emergere nuovi dubbi sulle dinamiche che hanno portato poi alla sua dismissione.
Quella condivisa da Scatena sembra infatti essere lo stralcio di una conversazione in cui viene sollecitato un nuovo controllo medico a seguito dell’infortunio. Controllo effettuato e, secondo quanto raccolto dalla nostra redazione, con una diagnosi ancor più grave rispetto a quella del primo esame. “Mi sono ritrovato a dover ‘giustificare’ un infortunio muscolare, certificato da un medico dell’ASL, trattato con diffidenza, sottoposto a verifica in assenza di qualsiasi norma che lo consentisse” scrive infatti nella propria denuncia social l’arbitro.
Denuncia giustificata dalle vecchie norme AIA: fino una manciata di giorni fa nessun arbitro poteva infatti essere sottoposto a nuovi controlli medici in presenza di un certificato. Un procedimento curiosamente ammesso invece con le nuove direttive fresche di stampa: con la modifica dell’art. 43 del regolamento associativo AIA, infatti, dal 1 luglio 2025 (e non prima, come accaduto a Scatena) il medico oltre a prendere atto del certificato può anche chiedere una verifica in caso di congedo per più di 15 giorni. Ma non solo.
A cambiare, infatti, anche l’art. 19 del regolamento degli organi tecnici, che dal 1 luglio 2025 permette di accedere al corso Var con un solo anno di CAN e non più con due anni e dieci gare tra Var e Avar come accadeva prima. Guarda caso, scenario che sembrerebbe pensato proprio per la condizione di Scatena, l’unico che potrebbe beneficiarne tra i nove fischietti dismessi.
Proprio il fischietto abruzzese, però, ha deciso di rinunciare alla possibilità, come spiegato nella sua denuncia su LinkedIn: “Oggi potrei fare domanda per il corso VAR, accettare il compromesso, entrare in silenzio e fingere che nulla sia successo. Ma rinuncio, perché non posso dimenticare ciò che ho vissuto: non si resta in un sistema che ti ha prima escluso e poi comprato”.
Una delusione personale ancor prima che professionale quella di Scatena, che lamenta un trattamento disumano e dai forti contorni del mobbing. A sostenere questa ricostruzione anche quanto svelato in esclusiva a Cittaceleste da fonti confidenziali vicine al mondo arbitrale: “Il giorno prima della dismissione non è stato chiamato nessuno, cosa che è sempre prassi nel mondo della Can. Ma nei raduni precedenti il designatore è andato parlare con tutti, facendo capire o dicendo apertamente che li avrebbe dismessi. Tutti tranne Scatena, a cui non è stato detto niente”.
Da questo atteggiamento nei confronti di Scatena (e non solo, come dimostra l’ex assistente Tiziana Trasciatti, che sui social, nel ringraziare il Genoa per il messaggio ricevuto dopo le dimissioni, ha commentato così: “Un grazie di cuore per il graditissimo pensiero... Aspetto ancora la chiamata da parte dell’AIA!”), evidentemente, la reazione e il duro sfogo del fischietto abruzzese, vittima di un giudizio che sembra avere ben poco di tecnico, a differenza di quanto accaduto invece - pur tramite dinamiche fortemente contestate - all’assistente Domenico Rocca. Proprio quest’ultimo, del resto, in una lettera inviata alla Can aveva spiegato: “La stagione sportiva ha evidenziato, senza alcun dubbio, l'utilizzo parziale delle votazioni, l'assenza di criterio nelle designazioni, la violazione dei principi di correttezza e lealtà e, soprattutto, l'alterazione della corretta concorrenza e delle relative valutazioni”.
E ancora: “Tra i grandi errori di Trentalange e Baglioni c'è stato quello di cacciare Rizzoli per insediare Rocchi (che poi li avrebbe espressamente rinnegati e traditi) e questa commissione, che tratta le persone come fossero animali da macello, ma soprattutto, altera i regolamenti per ottenere i propri obiettivi e preservare i suoi uomini, contravvenendo ai massimi principi di correttezza e probità che dovrebbero attendere ad ogni comportamento”.
Che si tratti di motivazioni tecniche o di rapporti umani, insomma, nel giro di poche settimane ben due membri dell’AIA si sono ritrovati in forte polemica con la gestione Rocchi. A cui, a questo punto, verrebbe spontaneo porre una domanda: fino a quando potrà dirsi credibile e sostenibile un simile sistema?
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