- Calciomercato
- Squadra
- Lazio Primavera
- Lazio Women
- Coppe Europee
- Coppa Italia
- Video
- Redazione
news
Vai nel canale Telegram di Cittaceleste >
Giornata importante per il mondo Lazio. Venticinque anni fa la squadra biancoceleste vinceva il suo secondo scudetto. Proprio per ricordare quei momenti, in esclusiva ai microfoni di Cittaceleste e Radiosei durante Quelli della Libertà, è intervenuto Roberto Mancini. Queste le parole dell’ex calciatore biancoceleste. “Il 14 maggio 2000? Sapevo che ero alla fine anche con il calcio giocato, era una giornata particolare. Ma bisogna ricordare lo scudetto, Roma è una grande città, la più bella del mondo, ma vincere non è semplice. È chiaro che è un ricordo bellissimo, indelebile nella mente di tutti quanti. Mi è successa una cosa simile da allenatore con il Manchester City, abbiamo vinto lo scudetto all’ultimo secondo dopo cinquant’anni. Non era ancora la squadra di oggi: lo stava diventando”.
Tanti i protagonisti di quella squadra, su due in particolare si sofferma Mancini. “Eriksson e Mihajlovic? Sono stati altri due artefici fondamentali di quello scudetto. Il mister aveva a che fare con ventitré-ventiquattro giocatori incredibili, sia tecnicamente che per personalità. Non era semplice gestirli, ma lui ci è riuscito perché era una grande persona e un grande allenatore. Conosceva il calcio come pochi. E Sinisa è stato uno dei più grandi giocatori al mondo”.
In panchina, però, non solo Eriksson: “Tord Grip e Luciano Spinosi erano i collaboratori di Sven. Luciano conosceva benissimo Roma avendoci giocato, conosceva le dinamiche della città. Tord era un uomo esperto, utile nei momenti davvero difficile. Anche lui è stato un personaggio importante per il mister”. C’è spazio poi anche per i vertici dirigenziali nel ricordo di Mancini: “Ma io ricorderei anche Nello Governato, quando arrivai lui era direttore sportivo, è stato anche lui una figura importante con il presidente Cragnotti, che è stato poi l’artefice di tutto. Cragnotti è stato sicuramente uno dei miei più grandi presidenti, sicuramente. Ne ho avuti tanti molto in gamba e visionari per fortuna. Senza di lui non ci sarebbe stato Formello”.
Dalla Samp alla Lazio, poi il tentativo di Cragnotti di fare di Mancini un dirigente: “Io scelsi la Lazio perché Cragnotti fu veloce a fare le cose. Prese Eriksson e mi fece capire che mi voleva, poi mi piaceva il progetto che aveva la Lazio di provare a fare una squadra forte e che potesse vincere. È stato molto convincente. Poi anche il fatto di venire a Roma in una squadra che aveva vinto poco e poteva essere un po’ come la Samp. Poi quando smisi Cragnotti voleva farmi fare il direttore generale, andammo insieme a cedere Vieri”.
Poi un nuovo accenno alla folle e gloriosa giornata del 14 maggio 2000: “L’anno prima dovevamo vincere ma siamo arrivati secondi, mentre quell’anno lì sembrava quasi perso perché eravamo a nove punti dalla Juve a sei giornate dalla fine. Sembrava impossibile, ma il calcio e lo sport sono anche queste. È un ricordo bellissimo, tutti noi che aspettavamo all’Olimpico la fine della partita di Perugia. Emozioni incredibili”. Infine, il ricordo di un celebre aneddoto di quello spogliatoio: “Il coltello tra Couto e Simeone? Sono cose che capitavano ogni tanto (ride, ndr). Quando ci sono giocatori di grande personalità che non vogliono mai perdere può capitare. Era una squadra molto unita per centrare l’obiettivo, ma i giocatori erano tutti davvero forti e di personalità. Nel calcio di oggi penso sia più difficile che possa capitare una cosa simile. È difficile, lì c’erano dei giocatori con una personalità enorme”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA