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ESCLUSIVA – Alessandro Vocalelli: “Non basta Sarri per risollevare la Lazio”

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Intervenuto in esclusiva a Cittaceleste, l’ex direttore del Corriere dello Sport analizza l’attuale momento della Lazio sotto ogni aspetto
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Di Lorenzo Bozzetti

Nel corso delle ultime settimane in casa Lazio si è potuto assistere ad alcuni ribaltamenti di fronte, a partire dalla guida tecnica, con la separazione da mister Baroni e il ritorno di Maurizio Sarri sulla panchina biancoceleste. A tenere banco vi è anche la situazione legata al mercato, con un indice di liquidità che tarda a far decollare le operazioni in entrata dei biancocelesti. Proprio al fine di poter analizzare questi e altri aspetti riguardanti il presente e il futuro della Lazio, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di CittacelesteAlessandro Vocalelli, noto giornalista romano.

Partiamo dal ritorno di Maurizio Sarri sulla panchina della Lazio. Secondo lei, quali potrebbero essere gli aspetti positivi da cui poter ripartire e quali eventualmente i possibili "rischi" del Sarri-bis?

"Premesso che per me Baroni ha fatto bene, perché io credo che nei programmi iniziali nessuno poteva pensare che la Lazio potesse far meglio del sesto posto in coabitazione con la Fiorentina. Quella era la posizione che si poteva sperare di ottenere, e lui ha pagato paradossalmente di essere partito molto forte e di aver alimentato delle speranze che per me erano delle illusioni. Lo continuavo a pensare anche nei momenti in cui la Lazio andava molto bene. In qualsiasi campionato, ogni squadra va giudicata complessivamente, non per tre mesi. Partendo da questo, io penso che il ritorno di Sarri è il ritorno di un ottimo, grande allenatore che io ho sempre stimato e continuavo a difendere anche quando molti lo ritenevano il problema della Lazio, per cui anzi mi stupisce che adesso quelli che lo ritenevano un po' il problema della Lazio lo considerino invece il salvatore della Lazio. Credo che ci sia bisogno di un po' di equilibrio. Punti positivi? Tanti, perché lui è un maestro di calcio, è sicuramente un allenatore di grande esperienza, di grande qualità. Il rischio è di pensare che possa bastare Sarri per rivalorizzare e rivalutare la Lazio. Io penso che qualsiasi allenatore, anche il più bravo, ha comunque bisogno dei giocatori giusti e di una squadra che vada migliorata".

 

Adesso è periodo di calciomercato. Guardando alla rosa, quali sarebbero i rinforzi a cui dovrebbe puntare maggiormente la Lazio? Profili d’esperienza oppure giovani con cui dare vita a un nuovo ciclo con Sarri?

"Sarri come tutti gli ottimi, grandi allenatori non ha mai fatto differenza tra giovani e anziani, o giocatori di esperienza. La linea rossa comune, il filo comune deve essere la qualità, per cui se uno è giovane di qualità va benissimo, se è un giocatore più esperto di qualità va altrettanto bene. Non basta una delle due varianti, cioè l'esperienza o la gioventù, per promuovere un giocatore. Sono sempre stato contrario a queste generalizzazioni. Credo, anche io, che servano giocatori di qualità. Faccio un paradosso. Se tu prendi Yamal, a 17 anni, va bene, non solo perché è giovane, ma perché è un grande giocatore. Così come prendi Pedro, che ha 37 anni, ma è ancora un grande giocatore, per cui non è che la discriminante sia una delle due. Penso che lui abbia bisogno di giocatori di qualità, soprattutto a centrocampo serve aggiungere qualità, che io ho sempre pensato che l'anno scorso sia mancata ed è stato quello il motivo per cui la Lazio non ha vinto alcune partite con squadre che si chiudevano. Non è casuale che la Lazio ha faticato soprattutto in casa perché dove serve diciamo scardinare le partite serve la qualità e la Lazio non ce l'aveva molta fino a che non si è affittata a Pedro. Inoltre credo che serva un giocatore che faccia gol con frequenza, i gol facili, i gol sporchi, i gol d’area di rigore. Io credo che qualsiasi squadra con un attaccante che fa gol ha risolto il 50% dei problemi. In questo momento la Lazio ha due buoni attaccanti, ma non ha quello dai 20 gol, che secondo me è il giocatore che risolve le situazioni anche più spinose".

 

Puntare quindi in maniera ancor più insistente sull’attacco, reparto che può fare la differenza soprattutto a campionato in corso.

"Sarri ha avuto a Napoli una squadra che giocava alla grande, ma non sarebbe stata la stessa squadra, non sarebbe bastato se non avesse avuto Higuain o Mertens che facevano 25-30 gol al campionato".

 

Rimanendo sempre in ambito mercato, la Lazio vorrebbe trattenere i suoi principali big: da Rovella a Castellanos, fino ad arrivare a Gila e Tavares. Come giudica questa strategia?

"Comunicativa. Io penso che sia una strategia comunicativa. Nel momento in cui per voglia o per necessità ci siano poche possibilità di acquistare, si tende a valorizzare quello che c'è in casa, dicendo che quello che c'è a casa è già il massimo. Allora, Lazio ha sicuramente dei buoni e bravi giocatori, in qualche caso, però è una squadra molto migliorabile, per cui pensare che quelli che ha la Lazio siano i migliori del mondo, per cui si rifiutano offerte da 40-50 milioni per tutti, mi sembra una strategia comunicativa per cercare in qualche modo di far pensare che la Lazio va bene così, invece questo non è assolutamente il caso. Non è casuale che il Napoli vince lo scudetto e poi prende subito De Bruyne. Non esalta la forza di Lukaku o di McTominay, ma prende De Bruyne. Per cui ci si migliora e si deve migliorare. Mi sembra quindi una strategia comunicativa che tra l'altro è anche abbastanza incomprensibile, nel senso che se veramente qualcuno, come ho letto, ti offre 40 milioni per Castellanos, non vedo un motivo per non vederlo".

 

Quindi una strategia volta soprattutto a dare un'immagine di un club che comunque si ritiene forte, che vuole trasmettere ai propri tifosi una dimensione di forza, di squadra che pensa a trattenere i suoi big.

"La Lazio ha sempre avuto questa idea di se stessa. Dalla Lazio che è come una Ferrari alla Lazio che è fortissima. Si è sempre rappresentata la Lazio molto meglio di quello che è. Io invece credo che sarebbe giusto raccontare alla gente come stanno le cose, per esempio affermando che magari non è facile migliorare la squadra ma ci si proverà. Io penso che parlare sinceramente con il cuore in mano alla gente sia meglio che provare a fargli credere una realtà che non è".

 

In casa Lazio è deflagrato un enorme problema economico-finanziario. Il presidente sembra alle strette.

"Lotito deve parlare chiaramente alla gente e prendersi le sue responsabilità e dire se è in grado di dare ai tifosi quelli che meritano".

 

Capitolo direttore sportivo. La Lazio per diversi anni si è affidata a Igli Tare. Negli ultimi anni invece ha preso il suo posto Angelo Fabiani. Come ritiene il suo operato?

"Io credo che i direttori sportivi seguano le indicazioni della proprietà, per cui Igli Tare ha fatto delle ottime cose, cercando con un budget limitato di far bene e Fabiani sta cercando di fare altrettanto. Quello che non condivido è quando sia Tare sia Fabiani, li capisco anche perché poi sono comunque dei dipendenti, però mi convincono di meno quando anche loro sposano questa strategia comunicativa di far pensare che quasi che alla Lazio siano i più bravi di tutti e sono gli altri che non capiscono. Ecco, quello un po' fastidioso. Per il resto io capisco che il direttore sportivo della Lazio, chiunque sia, deve un po' fare i conti con quello che è il budget che viene messo a disposizione dalla società".

 

Come vede la figura di Lotito degli ultimi anni? Visto il doppio incarico, da una parte quello politico-istituzionale e dall’altra quello imprenditoriale-sportivo, secondo lei ci sono ancora i margini affinché vada avanti la storia di Lotito come Presidente della Lazio?

"Sì, io penso che questo francamente non sia il problema principale. Perché noi abbiamo avuto degli esempi. Berlusconi è stato non senatore, ma è stato presidente del Consiglio, mentre continuava a fare il presidente del Milan. È chiaro che quando hai degli impegni anche istituzionali, tanto più devi strutturare la società, e mettendo delle persone che siano poi, come il Milan ha fatto con Galliani, che siano giorno per giorno a disposizione della società. Ci sono tanti imprenditori che svolgono altre attività, non solo istituzionali, ma imprenditoriali in giro per il mondo, l'importante è creare una struttura che sia in grado di portare avanti la quotidianità. La Lazio mi sembra una società abbastanza destrutturata, quindi Lotito non dovrebbe accentrare tutto, io non so se lo fa, penso di sì, comunque accentrare tutto è sempre un modo per ritardare le decisioni, perché a volte invece bisognerebbe lasciare margini di azione maggiori alle persone apicali che vengono messe a guida del club".

 

Quindi lei non considera la politica come una sorta di "ostacolo" per il ruolo di presidente di Lotito della Lazio? Crede che sia in grado da questo punto di vista di saper combinare entrambe le situazioni?

"Non so se è il caso di Lotito, penso in assoluto che non sia un ostacolo. È stato Presidente del Consiglio Berlusconi, è senatore della Repubblica Viola alla Roma, ci sono stati altri Presidenti che hanno avuto ruoli istituzionali. Ripeto: io penso che poi dipende da caso a caso e soprattutto dal modo come ci si organizza. È chiaro che se uno passa la giornata a fare il politico e poi dalle 10 alle 11 di sera torna a essere presidente della Lazio e vuole decidere tutto, ecco quello non è possibile. Se uno invece delega e poi prende lui le tre decisioni strategiche, ma il resto lo lascia fare ai suoi uomini di riferimento, quello è una cosa possibile".

 

Un suo parere sulla questione Flaminio. Si può risolvere nel giro di qualche mese dal punto di vista delle ufficialità, degli accordi istituzionali? Secondo lei la Lazio potrà dare vita al suo nuovo stadio?

"Io me lo auguro fortemente. Sarebbe un segno di identità per la Lazio trovare uno stadio storico come il Flaminio e farne la propria casa. Io non so a che punto sono i lavori progettuali, burocratici, però mi auguro che questo possa succedere. Anche qui mi auguro che la comunicazione non faccia parte neanche di questo, non se ne parli tanto perché si sa che è una cosa che fa piacere ai tifosi ma che si tende comunque a rappresentare una cosa più lontana di quello che è. Anche in questo caso mi auguro che ci vengano dette le cose in maniera concreta perché è importante, ribadisco, in un rapporto speciale come quello tra un club e i suoi tifosi: da questo punto di vista la chiarezza, la trasparenza, la schiettezza sono tutti elementi fondamentali".

 

Qual è, secondo lei, l'obiettivo a cui deve puntare il club biancoceleste il prossimo anno? La Champions, oppure ritrovare una sorta di identità ben riconoscibile sotto la guida di Sarri?

"Io non so quello che succederà l'anno prossimo perché appunto il mercato deve ancora cominciare. Io penso che la Lazio debba ambire per la sua storia, per il suo blasone, per i tifosi che rappresenta, che sono straordinari. Perché come l'unica componente veramente da Champions sono i tifosi, che sono stati quelli che erano il quarto numero di abbonati tra tutte le squadre di Serie A. L'unica vera componente da Champions sono i tifosi, ma anche per quello la Lazio che rappresenta, come città e storia. Non è questione di quest'anno, l'anno prossimo, o tra due anni. La Lazio deve stabilmente essere una realtà del calcio italiano e poter competere per essere una protagonista. Poi c'è l'anno che puoi essere più sfortunato, quello in cui le cose ti vanno bene, ma che la Lazio debba essere stabilmente una realtà del calcio italiano, di questo io francamente non ho alcun dubbio. Io quello mi auguro per la Lazio. Se penso all'Atalanta, che negli ultimi sette anni, credo, è stata cinque volte in Champions, ha lottato per lo scudetto, ha vinto l'Europa League, io mi chiedo perché la Lazio deve essere di meno dell'Atalanta".