Kamada si muove, ma con passo d’addio. La Serie A non s’ha da fare

A volte il destino non può nulla dinanzi alla realtà delle cose. Settimane fa avevamo tirato in ballo una parola giapponese – dialetto di Okinawa, ad essere precisi – che è Nankurunaisa. La traduzione in italiano, grossomodo, è questa: “Continua a comportarti come dovresti ed ogni cosa andrà al suo posto”. Kamada ha pagato scotto molte cose: le difficoltà della squadra, quelle tattiche di Sarri che non è riuscito a farlo coesistere con Luis Alberto, l’exploit di Guendouzi, il difficoltoso processo di ambientamento. Il quale, evidentemente, non è mai avvenuto. Introverso, taciturno, aveva detto di voler far parlare i fatti e non le parole. C’è tutta la saggezza nipponica nel suo che però è, ad oggi, un proposito mancato.

Le chance mancate

Le chance non sono state tante, ma nemmeno così poche. Le più clamorose quelle in Champions League contro il Feyenoord, quella di Salerno, quella contro l’Inter. Dinanzi ai nerazzurri non era nemmeno dispiaciuto il suo approccio iniziale, pienamente dentro il palleggio sarrista, ma è poi scemato di intensità fino a spengersi quando un sinistro dal limite – senza marcatura – è stato spedito di molto fuori lo specchio.

Kamada al passo d’addio

Si muove con talmente tanta lentezza, che sembrano passi d’addio. La Lazio crede in lui, non lo avrebbe preso altrimenti, ma forse è lui a non crederci. Non tanto nella Lazio, quanto nella Serie A. Kamada sembra essersi convinto che qui non si giochi il suo calcio. Troppo tatticismo, troppi spartiti. Qualora andasse in Coppa d’Asia, sarebbe indisponibile per un mese e vedrebbe praticamente concluse le sue occasioni di prendersi uno spazio in questa Lazio. E allora è tempo delle scelte pragmatiche: se è addio, meglio subito, per mettere il club nelle condizioni di remunerare un minimino l’investimento. L’ultima parola a Kamada: il primo – forse – a non crederci più.

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