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A metà anni '90 tutta la Spagna non fa altro che parlare di un 19enne, stella della Masia, che impressiona per la sua completezza in - quasi - tutti i fondamentali del calcio. Ivan De la Peña sembra essere destinato a una carriera iconica, tant'è che per vederlo in azione con la maglia del Barcellona B si scomoda anche Johan Cruijff. Con la palla lo spagnolo classe '76 fa quel che vuole, i limiti fisici (171 centimetri) lo frenano nel colpo di testa, ma nel resto De la Peña è al livello dei più grandi. Tutti sono entusiasti de Lo Pelat (Il Pelato in lingua catalana) che il 5 settembre 1995 fa il suo esordio nella Liga contro il Valladolid lasciando subito il segno.
E così Lo Pelat diventa El pequeño Buda (il Piccolo Buddha) per il suo modo geniale di giocare. Crea subito un feeling importante con Ronaldo, fornendogli assist a profusione e portando il Barcellona a vincere Supercoppa di Spagna, Copa del Rey e Coppa delle Coppe nella stagione 96/97. Con l'arrivo di van Gaal sulla panchina catalana, De la Peña perde posizioni nella gerarchia e scivola fra i panchinari. La decisione allora matura in fretta: è tempo di cambiare aria. Su di lui si posano gli occhi di Sergio Cragnotti che, ancora scottato per il mancato arrivo nella Capitale di Ronaldo, vira su chi più di tutti è stato il suo braccio destro: il suo assistman per eccellenza.
E così, il 9 luglio 1998, il Piccolo Buddha sbarca a Fiumicino: operazione da 30 miliardi al Barcellona e ben 6 a stagione allo spagnolo (per 4 anni). Nonostante al momento del suo arrivo De la Peña sia tutt'altro che in forma, assicura ai presenti: "Ho pronti assist per tutti. Ronaldo mi voleva all’Inter, ma io ho scelto la Lazio perché mi ha fatto sentire importante". Le premesse sono dunque delle migliori e al momento dell'esordio mantiene la parola data. La stagione inizia infatti con la Supercoppa italiana contro la Juventus di Lippi. La Lazio vince 2-1 con De la Peña che mette il suo zampino in entrambi i gol. Sembra il principio di una storia, quella tra De la Peña e la Lazio, destinata a grandi cose.
La speranza però è destinata a rimanere tale: la parabola dello spagnolo prende subito, complice anche l'esplosione di Stankovic, una traiettoria discendente. Per lui il passo dal campo alla panchina è brevissimo. Eriksson, che già mentre Cragnotti trattava con il Barcellona aveva espresso qualche perplessità su di lui, si affida a una mediana con Nedved, Almeyda e Stankovic e per la fantasia "basta"Mancini. De la Peña gioca poco (a fine stagione saranno 15 le presenze in Serie A, 4 le apparizioni in Coppa delle Coppe condite anche da un goal e 3 gettoni collezionati in Coppa Italia), si incupisce sempre di più fino all'epilogo inevitabile.
"De la Peña resta un giocatore importante per la Lazio, non sono pentito dell’investimento, il suo momento arriverà", dichiara Cragnotti nel gennaio del 1999. Così, purtroppo, non sarà e a fine stagione il classe '76 finisce in prestito al Marsiglia. Anche in Francia le cose non vanno meglio (19 presenze e 1 gol tra Ligue 1 e Champions), dove sembra l'ombra di se stesso. Nei 2 anni successivi le cose vanno, se possibile, ancora peggio. Torna al Barcellona per volere di Lorenzo Serra Ferrer (ex responsabile della Masia) ma anche a "casa" non lascia il segno. La stagione successiva torna alla Lazio in cerca di un riscatto che non arriva.
De la Peña chiude la sua seconda avventura in biancoceleste collezionando appena 2 presenze. Un epilogo amaro, di un campione che si è perso per strada, del Piccolo Buddha spagnolo schiacciato e non in grado di gestire la pressione e rimanendo per sempre una meteora passata ben 2 volte nella Capitale.
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