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La Lazio e il Flaminio come Achille e la tartaruga. E sebbene quest'ultimo rappresenti un caposaldo della filosofia classica, la questione della nuova casa biancoceleste è tutt'altro che memorabile. Il presidente Lotito, che più volte ha sottolineato come i passi fatti siano in linea con i piani, deve ancora aspettare per avere l'approvazione di Roma Capitale per ottenere o il diritto di superficie sull'area intorno al Flaminio oppure la proprietà dell'impianto stesso.
Un consenso che è tutt'altro che scontato (basti pensare che la Roma avrebbe il diritto di superficie ma a Pietralata al momento non c'è neanche una costruzione). La situazione del Flaminio è comunque diversa da quella che riguarda lo stadio dei giallorossi, ma Lotito dal canto suo non vuole sentir parlare di concessioni e lo fa facendo leva su altri due precedenti. Uno è lo stadio dell'Udinese (di proprietà), l'altro la questione Milano, dove si è deciso di vendere l'area di San Siro dove verrà costruito il nuovo impianto (con Inter e Milan che stanno chiudendo per la proprietà dell'area).
Il motivo per cui Lotito, anche nei confronti delle banche, non può accettare una semplice concessione è chiaro: si è di fronte a un progetto da 430 milioni di euro. Intanto il tempo passa, la famosa conferenza dei servizi sarebbe dovuta partite non più tardi della prima metà di giugno, con Lotito che però, prima di presentare formalmente il progetto (manca ancora anche il piano economico finanziario, ovvero il documento che certifica la sostenibilità del progetto) vuole abbassare il rischio di incassare dei no dalle varie Sovraintendenza. E intanto il tempo passa. E della "nuova casa" dei laziali rimane ancora solo la toeria.
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