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Gottardi: “Disposto a tutto pur di giocare in quella Lazio. La finale con il Milan…”
Guerino Gottardi, intervistato da Il Cuoio, ha parlato della finale di Coppa Italia contro il Milan che ha deciso con una sua rete e non solo. Di seguito le sue dichiarazioni:
"Non potrò mai dimenticare quella Coppa Italia e soprattutto quella finale contro il Milan. Un'emozione indimenticabile. Crescevamo anno dopo anno. Ogni stagione arrivava un campione, un tassello, che ti permetteva di crescere e di puntare a traguardi sempre più prestigiosi. Ho cercato di sfruttare la mia duttilità. Ho giocato un po' ovunque, sono stato un jolly. Pur di giocare in quella Lazio, ero disposto a tutto.
Cosa ho pensato quando sono entrato? Niente di particolare. Sapevo che Eriksson si fidava di me e sono entrato tranquillo. Il gol nel derby è stato bellissimo e importantissimo, e ancora oggi i tifosi me lo ricordano, ma io considero il momento più alto della mia avventura, quel gol in finale di Coppa Italia con il Milan. È stata una soddisfazione straordinaria, indimenticabile.
È stato bellissimo vincere, alzare al cielo un trofeo davanti ai nostri tifosi e sapere di aver contribuito con un gol in finale è davvero fantastico. Quella vittoria poi è stato l'inizio di un percorso che ci ha portato a vincere anche la Coppa delle Coppe, la Supercoppa europea e infine lo scudetto. Valencia in Champions League? Arrivavano da tutte le parti: come ci avvicinavamo segnando un gol che riapriva la partita, loro ne facevano un altro. Ricordo che il giorno dopo a Formello mi si avvicinò Sinisa Mihajlovic e mi disse: 'Guerino, io ancora non c'ho capito niente'.
Zeman? Grandissimo nella fase offensiva, in quegli anni ci siamo divertiti e abbiamo fatto divertire. Solo che dopo un po' era difficile continuare a seguirlo. Zoff ed Eriksson due grandi allenatori e due signori. Zoff una leggenda e un tecnico preparato, Eriksson era straordinario, tatticamente e nel modo di gestire il gruppo. Quando c'era da chiudere un occhio lo faceva, se avevi qualche problema lo capiva immediatamente. Era sempre sereno e non perdeva mai la testa. Credo di non averlo mai visto arrabbiato. Tanti lo vedevano come un difetto, ma era un signore, con una classe e una signorilità incredibile".
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