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Ledesma: “Imporsi a San Siro è una cosa che ti resta. Mi aspetto che la Lazio…”
Intervenuto ai taccuini del Corriere dello Sport, l'ex centrocampista biancoceleste, Cristian Ledesma, ha ricordato le tante sfide vissute con l'Inter a San Siro e non solo.
"Affrontare l'Inter a Milano è sempre una cosa particolare. Una sfida difficile, su un campo che regala emozioni. Riuscire a imporsi è qualcosa che ti resta. Il gol di Onazi? Me la ricordo bene la partita. Una vittoria sofferta, un risultato prestigioso, contro un'avversaria di qualità. Fu una gara dove successero tante cose, e che ricordo principalmente per due aspetti...".
Quali?
"Il primo è che giocammo quella partita con la testa che era gia in parte alla finale di Coppa Italia con la Roma. Il derby del 26 maggio si stava lentamente avvicinando e i nostri pensieri erano proiettati verso quel match. Si iniziava a respirare un'aria particolare nello spogliatoio e in città".
E il secondo aspetto?
"E che giocammo per la prima volta contro Tommaso Rocchi, che a gennaio aveva lasciato la Lazio per passare all'Inter. Fu molto particolare vederlo da avversario. Io poi con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto. Il suo finale di carriera con la Lazio poteva essere diverso. Ha segnato una valanga di gol, è stato capitano della squadra. L'esplosione di Zarate e un infortunio lo avevano già condizionato, poi quella stagione lasciò la Lazio a gennaio, per andare a Milano".
A lei è mai arrivata un'offerta dell'Inter?
"C'è stato qualcosa, soprattutto nel periodo in cui ero fuori rosa alla Lazio. Ma a me piace parlare di interessi veri e concreti, quando ci si siede intorno a un tavolino e le cose vengono messe nero su bianco. Altrimenti sono solo voci. Alla fine rimasi alla Lazio e andò bene così".
In quella sfida, lei scese in campo con la fascia di capitano. Cosa voleva dire rappresentare la Lazio con quel simbolo sul braccio?
"Una bella soddisfazione e una responsabilità, ma nel mio modo di essere cambiava poco. Per me essere da esempio, dare tutto in campo, parlare poco e fare i fatti, è sempre stato un principio di vita, che andava oltre la fascia di capitano. La mia più grande soddisfazione è che sono stati i compagni a scegliere me come capitano. Con Petkovic in panchina, venne fatto il mio nome. E questo è un motivo di grande orgoglio".
A distanza di pochi giorni da quell'Inter-Lazio arrivò la finale di Coppa Italia con la Roma, vinta grazie a un gol di Lulic È stato quello il momento più bello della sua esperienza con la maglia biancoceleste?
“Significativo sì, più bello forse no. Nel senso che ce ne sono stati anche tanti altri. Però vincere una finale, a Roma, contro i giallorossi, ha un valore incredibile. E io quella finale l'ho vissuta in modo intenso. Forse diverso rispetto ad altri. Ci sono arrivato da giocatore che si era innamorato della Lazio e quindi ero perfettamente a conoscenza di quello che rappresentava quella sfida”.
In quella stagione, che si chiuse con il successo a Milano con l'Inter e la vittoria in Coppa Italia, la Lazio poteva fare di più?
"Siamo partiti fortissimo, e in campionato eravamo messi bene. Così come in Europa League. Da gennaio in poi abbiamo avuto tanti problemi: Lulic e Klose saltarono tante partite e perdemmo terreno. In Europa poi arrivammo a un passo dalla semifinale. Ricordo ancora un arbitraggio incredibile in Turchia. Se quella gara non l'avessimo persa in quel modo, per quelle scelte, al ritorno sarebbe andata diversamente".
Che allenatore era Petkovic? Cosa riusci a trasmettere a quel gruppo?
"È stato un buon allenatore, che arrivò in un momento in cui era necessario cambiare e regalare un po' di aria nuova. Ha portato delle novità, delle idee buone. Ha cambiato la nostra classica metodologia di allenamenti e riuscì a far emergere le sue idee. Ricordo che prima degli allenamenti veniva a salutare uno a uno i giocatori dando a tutti la mano. È stato sicuramente un personaggio carismatico e importante".
San Siro è davvero la Scala del Calcio? Cosa regala giocare in questo stadio?
"San Siro è speciale. In quello stadio ho fatto la mia prima panchina in serie A, con la maglia del Lecce. Avevo diciotto anni, mi guardavo intorno e pensavo che tutto ricordava qualcosa di storico. È come se dentro ci fosse l'anima dei campioni del passato. È davvero la Scala del Calcio. Un impianto bello, dove è sempre emozionante scendere in campo".
Che altro ricorda delle gare giocate a San Siro con la Lazio?
"Ricordo una sfida giocata l'anno in cui l'Inter vinse il titolo e noi arrivammo terzi. Era una delle ultime partite ed era ininfluente per la classifica. Uscì fuori una gara divertente, che si chiuse 4-3 per loro. Io segnai su punizione. Ricordo che toccai il pallone a Pandev, lui lo fermò e io calciai. Per tutto il tempo che precedette il tiro, lui mi continuò a dire in modo quasi ossessivo di tirare sul lato del portiere. Era convinto che dovessi calciare così. Me l'ha ripetuto tante volte. Alla fine per tranquillizzarlo gli dissi che avrei fatto così. Ma quando lui stoppò la palla, calciai sul lato opposto e feci gol. Per fortuna non gli ho dato retta (ride, ndr)».
Che gara si aspetta?
"Mi aspetto che la Lazio riesca a trovare continuità, anche se non è facile per tutte le defezioni e le problematiche. La speranza è che si riesca a trovare una bella prestazione, insieme al risultato".
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