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Lazio, Lotito: “Stadi e norme, ecco cosa serve. Via dalla Federazione perché…”
Va in scena oggi, presso la Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari alla Camera dei Deputati, il convegno Stati Generali dello Sport, curato dal Dipartimento Sport di Forza Italia. Tra gli oratori presenti anche il presidente biancoceleste Claudio Lotito. Queste le parole del patron della Lazio: “Al tempo delle Olimpiadi nell’antica Grecia si fermavano le guerre perché lo sport era al di sopra di tutto. Il tempo ha fatto sì che poi diventasse solo uno strumento di affermazione. Ma bisogna fare in modo che la gente faccia sport sin da bambini, perché ci sono coinvolgimenti di carattere medico e non solo.
Sono presidente di una squadra di calcio da 21 anni. Sono contento di farlo perché fu un’intuizione di Berlusconi che mi chiamò a risolvere un problema, dicendomi che ero l’unico a poter risolvere. Conoscevo la situazione, ma contano le capacità: le idee si muovono con le gambe degli uomini, che spesso sono fallaci. Noi viviamo sempre con concetti che fanno parte del passato, non del futuro. Ma serve prima la visione, poi una cabina di regia e poi una squadra per trasformare la visione in fatti concreti. Non a caso la prima cosa che feci fu un sistema duale: un uomo solo al comando, accorciando la catena di comando. Mi pare che i fatti abbiano dimostrato che una società che veniva gestita in quella maniera aveva lasciato 550 milioni di debiti, ne fatturava 84 e ne perdeva 86,5. All’epoca si pensava che dopo tot anni si passasse tutto di mano. Ma nessuno ha mai fatto investimenti.
La Lazio, oggi, ha un patrimonio immobiliare di 300 milioni, forse tra quelle sportive è la più patrimonializzata d’Italia. Queste situazioni dovrebbero essere alla base della scelta di chi si occupa di sport. Lo sport deve prevenire e non curare, è un valore fondante della società civile. I ragazzi di oggi non hanno più una catena formativa: una volta andavi a scuola, poi all’oratorio. E c’era il confronto con i propri coetanei. Oggi questi aspetti non ci sono. Poi c’era l’attività politica e il servizio militare. Oggi ci sono i telefonini, io vado in giro con quelli con i segnali di fumo e nonostante questo li clonano, lo dico perché mi ci diverto. Dobbiamo riportare lo sport a elemento didascalico e formativo, dal punto di vista mentale e spirituale, non a caso a Formello sto costruendo una academy con la chiesa.
I caimani nascono dalla mancanza assoluta di valori, che sono persi. E noi attraverso lo sport dobbiamo ricostruirli: lo sport ha il valore dell’inclusione, del gioco di squadra, del rispetto, del merito, di essere contro le discriminazioni. Io sto organizzando con Maccabi un accordo a livello mondiale. Queste cose servono per includere, per superare le barriere. Le squadre di calcio sono fondamentali, perché per fare calcio a un bambino basta una palla che rotola. Poi, dopo, bisogna favorire certe organizzazioni. Le squadre presenti sul territorio nazionale sono superiori alle caserme dei carabinieri. In ogni comune c’è una farmacia, una caserma e una squadra di calcio. Serve un approccio on spirito imprenditoriale, con visione e capacità di trasformarla in fatti concreti. Tutti parlano e poi si perdono per strada, senza fatti. Nel calcio è così.
Quando sono entrato ero il più povero dei poveri: c’era Umberto Agnelli, Berlusconi, Moratti, Garrone. Io ero un poveraccio di paese, ma ho dimostrato che i soldi aiutano a stare meglio ma idee e organizzazione determinano scelte e risultati. Su ogni territorio abbiamo una squadra punto di riferimento e dobbiamo valorizzarlo. Dobbiamo distinguere sport di base e professionistico: servono normative funzionali per entrambi. L’errore è fare norme extra omnes, che valgono per tutti e creano danni. Le esigenze di una squadra professionistica sono diverse da quelle di una squadra dilettantistica. Lo stato si deve occupare di promuovere lo sport di base dotando le scuole delle palestre. Da vice presidente della federazione io feci una convenzione con la pubblica istruzione per tenere aperte le scuole e dare uno spazio ai ragazzi.
Lo sport deve coinvolgere, significa passione. C’è gente che cambia moglie, ma mai squadra. Noi dobbiamo sfruttare questa passione, andare a svolgere un ruolo sociale sul territorio valorizzandone le potenzialità. I territori hanno vocazioni specifiche, autoctone: bisogna fare sinergie come feci io con la Salernitana, tutelando il territorio. Ci sono logiche che devono essere supportate dalle norme, poi abbiamo messo le seconde squadre e un giorno qualcuno ci dirà a cosa servono. Chi deve amministrare deve conoscere i problemi. Lo sport implica il coinvolgimenti di tremila discipline: mediche, economiche.
Io ho proposto lo stadio con una logica di struttura al servizio servizio della collettività. Deve essere un punto di riferimento da vivere h24, lì acquisisci anche la cultura della legalità: se vivi a casa tua, la tuteli. Non vai allo stadio e fai migliaia di euro di danni. Tutte queste cose come si risolvono? Con pianificazione, come in tutte le aziende. Lo stadio deve fare un piano Marshall che riguardi gli stadi. Qui ognuno interviene e gli stadi non si fanno mai. In Inghilterra si fecero gli stadi perché a un certo punto intervenne il governo inglese, mettendo anche fuori i delinquenti e distinguendoli dai tifosi. Il delinquente comune va trattato col codice penale, non ha niente a che vedere col tifoso. I poliziotti rischiano la vita per quattro delinquenti che vengono qualificati come tifosi ma non lo sono. Fare le cose è semplice, ma serve il coraggio di assumersi la responsabilità di farle, nell’interesse della collettività.
Calcio e sport devono tutelare le vocazioni dei territori, formare i giovani alla cultura della legalità e al senso civico, al rispetto di regole e istituzioni. Se non ricreiamo queste condizioni è inutile fare piani di intervento per gli stadi, credito e gse. Io feci la norma che entro 90 giorni la sovrintendenza doveva esprimere un parere, altrimenti veniva avocato dal direttore generale del ministero dei beni culturali che aveva 30 giorni. Altrimenti veniva sottoposto al giudizio della corte dei conti.
Dobbiamo avere il coraggio delle scelte e fino a oggi non l’abbiamo mai avuto. Non è un problema di maggioranza e minoranza, ma di uomini e persone: coinvolgere le componenti e fare un piano per lo sport professionistico e dilettantistico. Fare norme specifiche per accedere a finanziamenti, a energia alternativa. Basterebbe mettere la pala eolica, ma chi te la fa mettere? Ci sono tremila modi, il problema è farli e non avere intralci di persone che vanno lì e mettono bocca per motivi che conosciamo tutti. Facciamo le norme, ci sono le condizioni per farlo: ci mettiamo intorno al tavolo, ho visto quelle uscite in Senato, è una cosa che non prende posizione in modo determinante.
Se dobbiamo risolvere i problemi bisogna usare il bisturi se serve. Io sono dovuto uscire dalla federazione perché andavo a perdere tempo: proponevo qualcosa e dopo tre secondi c’era qualcosa. Rimbocchiamoci le maniche, facciamo un testo con un approccio sulle necessità urgenti e poi a medio e lungo termine. Gli stadi stanno lì da anni, nessuno li ha fatti. Io sono l’unico che non ha fatto il plastico perché i soldi non li butto. Questo convegno deve essere utile per tradurlo in fatti concreti. Portiamo un canovaccio sulla dicotomia tra sport di base e professionistico, diamo le soluzioni”.
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