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Marchegiani: “Sono legato alla Lazio. Da Zoff a Eriksson, vi racconto”
Luca Marchegiani, ex portiere della Lazio, è intervenuto ai microfoni ufficiali del club per raccontare gli anni vissuti in biancoceleste. Di seguito le sue dichiarazioni: "Sono veramente contento di essere a Formello, perché erano un po' di anno che mancavo. Obiettivamente ha cambiato faccia, ma era bello anche prima. Sono molto legato a quegli anni e a quei ricordi. Adesso è una struttura di altissimo livello".
Arrivi a 27 anni a Roma, fresco vincitore dell'ultimo trofeo della storia del Torino.
"La Coppa Italia contro la Roma, una buona credenziale per arrivare alla Lazio. Sono stati anni importanti, venivo da un calcio di Serie C e uno da non protagonista in B a Brescia. Ero sconosciuto, poi sono arrivato in nazionale. Devo tanto al Torino, mi ha formato sia da calciatore sia da uomo. Chiaro poi che le soddisfazioni vere ce le ho avute qui".
Quando sei arrivato a Roma c'era una Lazio qualificata in Europa, ma con delle difficoltà ad inizio stagione.
"A Roma abbiamo iniziato con delle difficoltà, si vedeva che la squadra sarebbe cresciuta negli anni. In quell'epoca era un momento in cui guadagnare posizioni nelle gerarchie del calcio italiano era difficile, c'erano corazzate che avevano l'egemonia sui risultati e sul mercato. Errori all'inizio son stati fatti, ma c'era la sensazione tra noi che sposavamo questo progetto che avremmo fatto qualcosa di buono".
Da portiere ad ex portieri, qual è stato il tuo rapporto con Lovati e Pulici?
"Sono stati una ricchezza per la Lazio, per i giocatori che arrivavano, capivano il mondo in cui si calavano e per me in particolare che, condividendo con loro il ruolo, avevo un codice privilegiato di dialogo. Mi sono molto appoggiato a loro, con entrambi è stato sempre un rapporto molto schietto, di stima reciproca e sincera".
Come si rapportava con te Zoff?
"Arrivare in una squadra allenata da Zoff era il completamento di un cerchio. Per me era un'icona, poter condividere lo stesso spogliatoio era una situazione da punto di arrivo per me. Racconto sempre che in una delle prime interviste che fece in ritiro, gli chiesero di me, e lui disse 'Dal portiere mi aspetto molto' e questa cosa qua è stata una rivelazione per me. Io dovevo venire alla Lazio già l'anno precedente, ma non avevo mai visualizzato le possibili aspettative sul mio arrivo. Il fatto che fosse Zoff a dirlo mi ha posto in una maniera nuova nei confronti di questa esperienza. Lui con me ha sempre fatto l'allenatore, non ha mai invaso il ruolo dell'allenatore dei portieri, che al tempo era De Lucia. Perché è un uomo che ha il rispetto del lavoro e del ruolo degli altri".
Il portiere di Zeman è un ruolo scomodo, ripercorriamo quell'esperienza.
"Io in quel periodo ero un giocatore importante della Lazio e ho preso con molto senso di responsabilità quel passaggio da Zoff a Zeman, un allenatore innovativo. Mi sono affidato al suo modo di concepire il calcio, che era molto vicino alla mia concezione. Mi ci sono buttato con entusiasmo e secondo me buoni risultati. Mi sono divertito molto e ho imparato molto da quella interpretazione".
Avevi la sensazione che si potesse vincere prima oppure è arrivato il tecnico giusto al momento giusto?
"Nonostante avessimo la consapevolezza di essere una squadra forte, non ho mai avuto la sensazione prima di quegli anni di poter vincere. Sicuramente è dipeso molto dall'arrivo di Sven e di persone abituate a combattere per certi obiettivi. Prima del loro arrivo ci mancava qualcosa, ma dal '98 in poi vennero i migliori giocatori che si potessero prendere. Noi abbiamo avuto tre anni in cui potevamo vincere. Un anno abbiamo vinto la coppa Italia, un anno la coppa delle Coppe e un anno il campionato. Forse l'anno successivo ci è mancato qualcosa, eravamo ancora più forti. La stagione 2000-01 avevamo una squadra fortissima, avevamo tutto. Il rammarico ce l'ho più per il 1998-99, se noi avessimo avuto Vieri anche nel girone di andata... poi sono successe anche cose un po' strane. Abbiamo pagato il fatto che eravamo nuovi a quel tavolo, gli ultimi invitati, e ci sono rimasti gli avanzi".
A Bologna esci dal campo in lacrime, qual erano le tue sensazioni?
"Ho vissuto un momento difficile. Al derby mi sono infortunato, mi ha dato problemi gravi. Quando allungavo il braccio destro in maniera repentina era come se mi paralizzasse, mi preoccupava. Poi piano piano si è risolto".
Sei tredicesimo nella classifica all-time della Serie A dei portieri per rigori parati. Era una tua caratteristica?
"Per caratteristiche non avevo quell'esplosività che ti permette di coprire la porta in modo efficace. Ne ho parati tanti di furbizia, me ne ricordo uno a Batistuta in un Lazio - Fiorentina. Lui li calciava fortissimo alla destra del portiere, prima che calciasse mi sono spostato e sono rimasto in piedi nell'ultimo terzo di porta. Lo paro in piedi, in due tempi".
Mihajlovic segna il suo ultimo gol con la maglia della Lazio in un Lazio-Chievo e tu sei il portiere che prende quel gol. Merita una dedica particolare.
"Sinisa era un amico. C'è stato un periodo in cui ci frequentavamo per far stare insieme i bambini quando erano piccoli. Ho tanti ricordi con lui, poi negli anni ognuno ha preso la sua strada ma ho un affetto per lui immutabile, una persona di una generosità e di una rettitudine morale e di valori come poche. Abbiamo vissuto talmente tante cose insieme che mi sembra di avercelo qui. Non mi rassegno io".
Il tuo rapporto con la Lazio a distanza di anni meriterebbe più calore da ricevere, ma anche da dare?
"Io sono fatto così di carattere. Per me è difficile esprimere in maniera reale quello che provo. Chiaro che alla Lazio sono legato e lo sono sempre stato. Ho fatto anche delle scelte che lo dimostrano, però capisco che non sono quel tipo di ex giocatore che accende gli entusiasmi. L'ho accettato molto serenamente, lo accetto adesso anche se non nego anche se non mi dispiacerebbe essere fatto in maniera diversa e riuscirmi a godere di più le cose che ho fatto. Perché poi in realtà di quello si tratta, significare qualcosa di più per chi ha condiviso degli anni che per me sono stati importantissimi. I dieci anni che ho vissuto qui per me sono stati tutto".
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