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Lazio, amarcord Mihajlovic: da Eriksson a Inzaghi e la vendetta su Stam

Mihajlovic

Le parole dell'ex calciatore biancoceleste, oggi allenatore del Bologna, a margine del Festival dello Sport di Trento

redazionecittaceleste

Nella giornata di oggi, durante il Festival dello Sport andato in scena a Trento, sono arrivate anche le parole di Sinisa Mihajlovic, oggi allenatore del Bologna e un tempo calciatore biancoceleste. Dopo le parole di Gravina, che ha ufficializzato la volontà di ospitare Euro 2028, sono arrivate quindi anche quelle dell’allenatore rossoblu, che tra le altre cose ha voluto ricordare anche alcuni aneddoti relativi alle stagioni passate in biancoceleste. Di seguito le sue parole.

Eriksson e Inzaghi

Il cambio ruolo

Eriksson già stava pensando alla possibilità di arretrarmi: nella sua testa io dovevo giocare difensore centrale. Personalmente non ero d’accordo: io volevo giocare in avanti. Poi, contro il Cagliari in Coppa Italia, ho giocato più dietro e abbiamo fatto una buona partita. Nel match seguente ho di nuovo fatto bene. Poi abbiamo giocato a quattro contro la Fiorentina di Batistuta, da quel momento è partito tutto quanto. Nelle squadre poi serve sempre un difensore centrale in grado di comandare la difesa, che magari abbia esperienza, carattere, che può fare anche gli assist e i goal. E che mette paura agli avversari perché li minaccia, anche se ormai a oggi non è una cosa che si può più fare (ride, NdR)”.

Inzaghi contro Stam

La nostra era una squadra che non si tirava indietro di fronte alle minacce. Per quanto riguarda Stam, bastava guardarlo, anche se poi nella vita reale era un pezzo di pane. C’era stato uno screzino tra lui e Pippo Inzaghi, mentre noi ovviamente avevamo in squadra suo fratello Simone. Ricordo che mi diceva che gli avrebbe fatto vedere qualcosa… Poi è arrivato Stam e si è spogliato: un armadio, pelato, con i muscoli e tutto tatuato. Dissi a Simone ‘Ora vai a dirgli due cose…’ e lui mi rispose ‘Ma sei matto? Guarda quanto è grosso quello’. In campo io e Couto andavamo avanti a minacce: io litigavo e lui menava o viceversa. Questo perché se litigavo e menavo anche mi prendevo il giallo dall’arbitro. Oggi però non c’è più gusto: ogni contato è un fallo”.