Sarà una giornata densa di emozioni contrastanti quella di domani allo stadio Olimpico. Da un lato la celebrazione del decennale del 26 maggio, dall’altro il tributo a chi ha regalato una - quasi - intera vita calcistica alla Lazio. Nel mezzo una gara che potrà assicurare la certezza della qualificazione alla prossima Supercoppa e, altri risultati permettendo, magari anche quella del secondo posto. Le emozioni più intense, però, saranno inevitabilmente quelle che si troverà a vivere proprio Stefan Radu, che per l’ultima volta arriverà allo stadio Olimpico nelle vesti di calciatore. Proprio di questo, allora, il recordman di presenze in biancoceleste ha parlato ai microfoni dei canali ufficiali della società nel match program per la gara contro la Cremonese. Queste le sue parole.
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Radu: “Lascio una Lazio che ora fa paura, mi mancherà ogni cosa”
Boss, ci siamo: è arrivato il momento dell'ultima all'Olimpico...
“Sì, la mia ultima partita davanti ai nostri tifosi, sarà molto triste per me. Scusate, non riesco a dire altro (si commuove, ndr)”.
Non preoccuparti, tagliamo la risposta. Come sogni la partita contro la Cremonese?
“È una gara importante per centrare la qualificazione in Champions League anche senza la penalizzazione della Juventus. Vogliamo finire secondi in classifica perché questa squadra se lo merita dopo il grande lavoro fatto in questa stagione. È stata un'annata piena di impegni, tra campionato e coppe. La qualificazione alla prossima Champions League ci darà ancora più consapevolezza in futuro”.
La Lazio in questi ultimi 15 anni è cambiata tantissimo: che squadra pensi di lasciare rispetto a quella che hai trovato?
“Questa squadra è cresciuta tantissimo in questi anni. Da quando sono arrivato, ci sono stati dei miglioramenti continui. Adesso la Lazio fa paura, è diventata una big. Nei prossimi anni ci farà divertire tantissimo, ne sono sicuro”.
Sei il calciatore più presente nella storia di questo club: le ne sei reso conto oppure ancora no?
“Sono orgoglioso di essere diventato il calciatore più presente nella storia della Lazio ma, come già detto in passato, la mia priorità è sempre stata quella di ottenere risultati importanti per la squadra”.
Impossibile chiederti un nome da menzionare in questi 15 anni, vero?
“Esatto, non posso fare un solo nome perché sono legato anche a chi è andato via. Mi sono trovato bene con tutti, impossibile sceglierne uno solo. Nello spogliatoio ho sempre cercato di tenere alto l’umore del gruppo, a volte anche con alcuni scherzi particolari (ride, ndr)”.
Il ritiro ti spaventa oppure lo vedi come un nuovo inizio?
“Un po' sì, è inevitabile. Mi mancherà tutto, per 15 anni ho sempre fatto la stessa cosa: casa, Formello, casa. Arrivo però stanco, per questo ho deciso di dire basta. Forse l'unica cosa che non mi mancherà sarà il ritiro estivo (ride, ndr). L'ho già detto ai ragazzi: quest'estate li andrò a trovare ad Auronzo di Cadore in borghese”.
26 maggio a parte, di cui parlerai in un'altra intervista, qual è il ricordo, la cartolina, di questo meraviglioso viaggio che porterai sempre dentro?
“Un ricordo bellissimo fu la vittoria contro la Juventus a Torino ne 2017, con il rigore parato da Strakosha all'ultimo minuto. Vincemmo in casa loro dopo tanti anni. La mia preghiera al momento del rigore divenne virale, invocai tutti i Santi. Fu come un segno divino”.
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