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Lazio, Sarri: “Sono tornato per affetto. Derby? Se ne parliamo ora non arrivo…”

maurizio sarri
Dal Clinic Maurizio Sarri a Castiglione della Pescaia, il neo allenatore della Lazio ha analizzato vari temi in vista della prossima stagione
Stefania Palminteri Redattore 

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Direttamente dal Clinic Maurizio Sarri, a Castiglione della Pescaia, il nuovo allenatore della Lazio ha rilasciato una lunga intervista. L'allenatore toscano ha analizzato alcuni dettagli della prossima stagione e si è espresso su alcuni punti del calciomercato. Ecco le sue parole.

"Sono tornato per affetto. Da un punto di vista materiale è difficile fare meglio di un secondo posto, come quello del 2022-23. Non ci ho pensato tanto, sono legato molto a questi colori. Mi mancavano tutti: dai tifosi, ai magazzinieri, passando per i camerieri. Torno con lo spirito di prima, sul mercato litigherò sicuramente ma sono tutte cose che conosco.

Avrò le stesse pretese del passato, mi infurierò come già successo: se non fosse così sarebbe preoccupante. Non sono tornato per accontentarmi. Se si riesci a innescare un senso di divertimento prima nell’ambiente e poi nella squadra arriva, come conseguenza logica, anche al pubblico.

Quando squadra e tifosi si divertono, si incassano meglio anche le sconfitte e le difficoltà. Ci saranno comunque degli ostacoli, sarebbe sbagliato dire che stavolta sarà tutto rose e fiori: non è così. L’obiettivo sarà quello di tornare in Europa, a qualsiasi livello.

È chiaro che fa piacere avere a disposizione tutta la settimana per allenarsi, ma si vuole giocare anche in certi palcoscenici europei. Quando io parlo di calendari non intendo che voglio essere fuori dalle competizioni europee, ma per logica. Quattro o cinque anni fa mi hanno additato come una persona che si lamentava: ora sono tutti dalla mia parte.

È importante sottolineare che la questione delle troppe partite non riguarda il calcio, ma la politica sportiva. Il calendario è ai limiti e mi sono sempre lamentato di quello, non delle partite infrasettimanali europee. Non so bene cosa mi aspetta dai calciatori: dall’esterno non è mai bene giudicare.

A volte ti piace un calciatore, poi dopo dieci allenamenti scopri che non è adatto a te, o viceversa: succede spesso. Sono in attesa di vivere le cose dall’interno, anche se ci sono giocatori che conosco: vedremo anche se si riuscirà a ringiovanire la squadra. In questo momento consono tanti giocatori giovani in giro che riescono a incidere: è chiaro però che i 18enni forti di ora costano cifre esorbitanti.

Il lavoro sarà diverso dalla prima volta perché il calendario è diverso: da quel punto di vista c’è molto più tempo per lavorare. Attendo a dare giudizi da persona esterna, vedrò quelli adatti a me. Tuttavia i giudizi possono anche non essere veritieri: ci sono giocatori che impiegano più tempo a tornare in forma e altri che sono subito in condizione.

Il compito di un allenatore è far rendere la squadra al 100%, ma è chiaro che ci saranno anche ostacoli. Se una squadra da 7 dà il massimo è comunque 7: se ci sono 10 squadre da 8 c’è la possibilità di arrivare undicesimi. Rispetto alla scorsa stagione ci sarà il Como, che lotterà per l’Europa, e il Milan, che non arriverà ottavo come l’anno scorso. 

Io ho incontrato Fabregas a ottobre a Coverciano, quando il Como era terzultimo o penultimo in classifica. Mi disse che era sicuro di arrivare a metà classifica. La sua squadra non ha nulla a che vedere con la lotta per la retrocessione: Fabregas ha un’intelligenza unica. Ha dato mentalità alla sua squadra ed era facilmente prevedibile che potesse diventare un allenatore.

Allo stesso modo è quasi sicuro che nel giro di pochi anni sarà ad allenare una top europea. Rivedrò il direttore Fabiani la prossima settimana: lui porterà dai nomi e io farò altrettanto. Per quanto riguarda i ruoli mi sembra palese che a centrocampo siamo corti per giocare a 3: vedremo se ci sarà la possibilità di migliorare.

Non conosco i giocatori che non ho allenato: Dele-Bashiru è stato utilizzato sulla trequarti ma tutti i direttori sportivi mi dicono che non è un trequartista. Per quanto riguarda Isaksen, è un ragazzo che è arrivato 3 anni fa dalla Danimarca. Ha avuto sei mesi di difficoltà, come è normale per i giovani che vengono dall’estero.

Quest’anno ha alternato momenti ottimi da altri un po’ più altalenanti. Mi sembra che abbia imboccato la giusta strada: non sarà un problema. Noi abbiamo due portieri forti, il migliore dei due giocherà e se l’altro non sarà contento a gennaio andrà via. Funziona così, ma mettere dei paletti ora mi sembra prematuro.

Sono entrambi forti ma, ripeto, se uno sarà scontento a gennaio andrà via. Derby? Se si incomincia ora svengo. È devastante a livello emotivo, è una partita che dura una settimana e quando finisce ti senti vuoto dentro: servirebbero giorni di riposo. Se qualcuno pensa che il derby sia una partita, sbaglia. Se pensa che sia una partita importante, sbaglia. È una guerra tra due popoli."