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“La Lazio mi dà coraggio, qui situazione delicata”: la storia del sergente Soliani

Tifosi Lazio
Mayer Soliani, sergente dell'esercito israeliano nato a cresciuto a Roma, si è raccontato parlando della sua fede e della guerra in Israele
Michele Cerrotta

Immobile e la Lazio mi danno coraggio”, con queste parole al Corriere dello Sport il sergente dell'esercito israeliano Mayer Soliani ha messo per un attimo in secondo piano gli eventi drammatici che stanno andando avanti in Medioriente. Drammatica del resto è la testimonianza che arriva dal fronte. “Io riesco a seguire le partite da qui quando posso, le guardo, magari non per 90 minuti ma spesso ci riesco. La situazione qui purtroppo è molto delicata, io sapevo cosa mi aspettava, ma finché non lo vedi con gli occhi tuoi non lo capisci veramente, ma non ho paura, sono più arrabbiato che spaventato. Sono nato a Roma, ho 21 anni, mi sono trasferito in Israele che avevo quasi 12 anni e mi sono arruolato due anni fa. Ho cominciato il servizio militare come soldato semplice per poi diventare Sergente”.

La Lazio ha però uno spazio importante nella vita del sergente Soliani: “La Lazio per me è non dico tutto ma quasi, sono cresciuto all’Olimpico con mio padre, avevo l’abbonamento, ho un tatuaggio della Lazio e di Immobile sulla gamba. Tutti gli anni riesco ad andare allo stadio a vedere la mia Lazio e a godermela, è l’unica cosa che mi dà tranquillità e che mi stacca un po’ dalla realtà. Torno a Roma in base alle partite che ci sono. L’ultima volta mi sono fatto Lazio-AZ, Bologna-Lazio e il derby. Ora ho in progetto di andare a Madrid per Atletico Madrid-Lazio se la situazione si calma. Ho già i biglietti aerei e tutto, spero di riuscire ad andare. In campionato ovviamente vorrei vedere il derby, la partita più importante, e poi un giorno mi farebbe piacere vedere Juventus-Lazio a Torino, non ci sono mai stato. Quello per la Lazio penso che sia l’amore più puro della mia vita, sono veramente fiero dei miei colori”.

Nasce da lontano l'amore per la Lazio: “Mio padre si faceva tutte le partite allo stadio e le trasferte. Io sono cresciuto allo stadio, ho un tatuaggio di me e papà fuori dallo stadio, lui ha in mano la bandiera della Lazio, io la maglia di Immobile con il 17 e sotto la scritta 'di Padre in figlio'. Sono molto legato ai valori che trasmette questa squadra”. Eppure c'è qualcosa che vorrebbe cambiasse: “Se devo dirla tutta è diventato un po’ spiacevole andare allo stadio, perché io sono laziale da sempre e penso che non esista amore più puro di quello per la Lazio, però ultimamente hanno iniziato a fare molti cori contro di noi e spero che magari quest’articolo faccia aprire gli occhi a tutti quanti perché è veramente brutto andare allo stadio e sentire la tua curva insultare la tua religione per 90 minuti”.

Un amore, quello per la Lazio e il calcio, cresciuto anche grazie a Immobile, che il sergente Soliani ha tatuato sulla gamba. Inevitabile allora non sia passata inosservata la recente intervista del capitano biancoceleste. "Ho un tatuaggio con il suo nome e il suo numero sulla gamba, è la persona che più mi ha fatto appassionare a questo sport, veramente e non potrò mai smettere di ringraziarlo. Capisco che un po’ gli abbia dato fastidio quello che hanno detto alcuni tifosi e non esiste, non puoi criticare una persona che ha fatto così tanto per quella maglia. Però spero che siano solo cose dette così e che torni sui suoi passi perché non sono pronto mentalmente a dirgli addio". Un messaggio da Ciro o da un altro biancoceleste?Certo che mi farebbe piacere ricevere un regalo o un incoraggiamento da un giocatore. Andrebbe bene chiunque davvero, poi se devo esprimere una preferenza, Immobile ha il cuore mio, oppure Luis Alberto, il Mago mi fa divertire tanto da tanti anni, posso solo ringraziarli. Loro mi danno conforto già semplicemente giocando bene e segnando per noi”.

L'amore per la Lazio è stato ribadito dal sergente Soliani anche ai microfoni di Rai News e sulle colonne del Messaggero, a cui ha riservato anche qualche passaggio sulla guerra in corso. “Non avere paura è stupido. Io so cosa mi sto giocando, ma so anche che sto proteggendo il mio popolo e il mio Stato, e così riesco a non avere paura. Ci hanno preparato bene: ho fatto un anno e mezzo di addestramento. Nessuno immaginava quest'attacco, ci hanno spiazzato. Il livello di allerta era pari a zero. La leva non è obbligatoria. Compiuti 18 anni l'esercito ti manda una lettera a casa in cui ti invita a svolgere il servizio militare. Due anni fa, dopo aver terminato le scuole superiori, mi sono arruolato nel corpo dei carri armati. L'ho sempre voluto. Sono cresciuto con i racconti del mio bisnonno deportato. Sento un obbligo morale nei suoi confronti, spero che mi guardi da lassù e sia orgoglioso di me". Infine un pensiero al futuro e agli amici rimasti a Roma. “Vorrei studiare psicologia e criminologia. Mi piacerebbe sondare l'animo dei criminali. Se mi sembra strano che i miei amici a Roma facciano l'aperitivo mentre io combatto? Sì, è strano. Ma per me è anche un onore”.

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