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Lazio, Zaccagni: “Meritiamo la Champions, siamo pronti. E Baroni…”

Zaccagni
Le parole del capitano biancoceleste sul finale di stagione della Lazio e sugli ultimi spunti dell'imprevedibile corsa alla Champions League
Edoardo Benedetti Redattore 

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Intervenuto nel corso di una lunga intervista ai taccuni de Il Corriere dello SportMattia Zaccagni ha parlato all'antivigilia della gara tra  Lazio e Juventus. Dalla lotta per la Champions League fino ad arrivare alla Nazionale, passando proprio per il big match in programma domani all'Olimpico. Tanti i temi toccati dal capitano biancoceleste, che ha fissato gli obiettivi biancocelesti e suonato la carica in vista del rush finale in campionato. Queste le parole di Zaccagni.

Diciamo la verità. L’estate scorsa nessuno immaginava la Lazio così in alto. Oggi, per il modo in cui si era messo il campionato, forse sarebbe una delusione restare fuori dalla Champions.

«È sempre bello far ricredere le persone e ribaltare i giudizi. Se gli addetti ai lavori dicono che resterai fuori dalle prime sei o sette, è un motivo in più per correre forte. Lo pensavo anche in estate. In ritiro avevo visto il mister e una squadra che volevano mettersi in gioco. Esistevano tutti i presupposti per un buonissimo campionato. Il cammino europeo credo sia stato straordinario, anche se restano i rimpianti per come è finito».

Non hai risposto. Sarebbe una delusione non qualificarsi?

«La corsa è apertissima e può finire in tutti i modi, ma rimarrà lo stesso un cammino bellissimo. Tante squadre in lotta per l’Europa League e la Champions come quest’anno non si erano mai viste. Puoi arrivare quarto o restare fuori. Io sarei soddisfatto se chiudessimo in Champions».

Cosa hai pensato guardando Inter-Barcellona?

«Sono state le semifinali più belle degli ultimi anni. Un calcio straordinario, giocatori stratosferici. L’estate scorsa all’Europeo lo abbiamo affrontato con l’Italia, Yamal ancora non era così forte. Adesso ha fatto lo step in più, ha quella sicurezza che gli permette di essere decisivo. Ho seguito la carriera di Messi. Non ricordo un giocatore così. Quando riceve palla o va a calciare in porta o fa l’assist, dal primo all’ultimo minuto è dentro la partita. Fenomenale. Ora fa un altro sport. Ho letto le parole di Bastoni, per lui non deve essere stato semplice ritrovarselo davanti. Tra l’altro ieri ho sentito Dimarco. Me lo ha raccontato anche Federico quanto sia impegnativo e nel ritorno a San Siro gli aveva preso meglio le misure. L’Inter ha fatto una partita intelligente, di grande spessore».

Per la Lazio sarebbe già tanto respirare l’aria della Champions. Un anno fa eravate agli ottavi con il Bayern.

«Tornare a confrontarci con queste squadre sarebbe veramente bello, è il nostro obiettivo».

Perché la Lazio non ha avuto la forza mentale nelle occasioni decisive come il derby e in altre partite che ora vi avrebbero consentito una posizione diversa?

«Ci vuole tempo. Crei questa forza mentale dopo qualche anno. L’Inter, oltre al blasone, ha un gruppo che gioca insieme da tanti anni. Si conoscono bene, fanno parte di un progetto. È lo step che dobbiamo fare noi della Lazio».

Il rimpianto è andare ai supplementari e prendere il gol che ti elimina dalla semifinale una volta raggiunto il 3-0 con il Bodø.

«Il gol lo potevi prendere prima, magari non sul 3-0, ma credo sia stata fatta una partita perfetta e non si può dire niente. Se c’è qualcosa che abbiamo sbagliato è la partita di andata. Non mi va giù la sconfitta in Norvegia, giocando su un campo particolare».

Finisce la partita di Empoli, bruttina. Umberto Previti, il figlio di Cesare, ex portiere della Primavera e tifoso della Lazio, si gira verso la prima fila della tribuna stampa e fa: “Oh... La Roma di Ranieri ne ha vinte dieci così”.

«È vero, ma penso faccia parte della mentalità. Se inizi a vincere partite che dovresti pareggiare o perdere, vuol dire che stai iniziando un percorso importante. Giocare bene e vincere succede quasi sempre, il risultato è una conseguenza naturale. Devi vincere quando non sei al 100 per cento o la squadra non gira. Sono quelli i punti che fanno la differenza».

Quanto manca alla Lazio per diventare smaliziata?

«Torniamo al discorso di prima. Continuità, conoscersi meglio, così si migliorano le piccole cose».

La Roma vi ha rimontato 15 punti. Quanto ne avete parlate all’interno dello spogliatoio? Risposta sincera.

«Neanche tanto, ma bisogna dire che hanno fatto qualcosa di incredibile. Sono partiti dalle ultime posizioni e hanno recuperato tantissimi punti a tutti, non solo alla Lazio. Bisogna essere obiettivi, hanno fatto un percorso importante. Noi vogliamo lo stesso arrivare davanti».

In corsa anche Juve, Bologna e Fiorentina. Un motivo per cui la Lazio meriterebbe la Champions?

«Lo meritiamo perché siamo stati sempre sul pezzo, siamo andati avanti anche nei momenti di difficoltà, non ci siamo mai abbattuti dopo sconfitte pesanti. Penso che la Lazio sia pronta per giocarsi le sue chances».

Solo una vittoria su dieci partite all’Olimpico: c’è una spiegazione?

«Solo statistiche».

Tudor?

«Beh, Tudor qui... (pausa lunghissima, guardando Luigi Sinibaldi dell’ufficio stampa) . Ha fatto poche partite, quando è arrivato ha dato la scossa e ci ha permesso di arrivare in Europa League».

Risposta diplomatica. Ti faceva fare il terzino...

Sorride. «E che ti devo dire? Interpretazione del gioco».

Certi allenatori si adeguano alle caratteristiche dei giocatori, altri chiedono ai giocatori di adeguarsi. La mettiamo così?

«Lui ha questo modo di vedere il calcio, tutto in avanti, tutto a uomo. Ci può stare, lo propongono tante squadre, ma ci sono dei momenti in cui non puoi farlo, è logico».

Te avevi appena firmato il rinnovo, i precedenti di Guendouzi erano conosciuti, Rovella e Isaksen avrebbero chiesto la cessione. Lotito disse “non ne cambio otto”. Come sarebbe andata avanti la Lazio se Tudor fosse rimasto?

«Eh... Non lo so come sarebbe andata avanti».

Conceicao, forse il miglior esterno della Juve, con lui ha quasi smesso di giocare.

«Perchè l’esterno di Tudor deve essere di gamba e di fisico. Cerca il motore».

Ne avete ancora a livello fisico, oltre alle motivazioni, per battere la Juve?

«Noi la stiamo preparando nel modo giusto. Sappiamo che da questa partita dipende tanto, ci giochiamo tutto. Me l’aspetto difficile. Partiamo da un presupposto: la Juve, come individualità, ha un livello di qualità alta. Verranno a giocare una partita tosta, fisica, saranno duri da battere, ma noi siamo carichi e pronti».

Ti voleva Giuntoli. Quando non avevi ancora firmato con la Lazio, si era avvicinata la Juve. Lo sappiamo con certezza. «Sì, ma volevo il rinnovo, perché qui mi sono sentito subito in una famiglia, mi hanno accolto bene e volevo essere parte di qualcosa che sentivo anche mio. Sono veramente contento della scelta fatta e adesso voglio togliermi tutte le soddisfazioni possibili con questa maglia».

Nel tuo caso altri avrebbero deciso di guardarsi intorno, ma può essere meglio fermarsi come decise Ciro. A volte, salendo di livello, si diventa uno tra tanti altri campioni.

«Non voglio che passi il concetto di aver scelto la cosa più facile, anzi. Forse ho scelto la cosa più difficile, ma lo volevo. Mi sentivo di essere pronto per una responsabilità superiore, non volevo diventare un numero. Ci pensavo anche molti mesi prima di firmare. Sono stato sempre chiaro con i miei procuratori. La mia prima scelta era la Lazio. Poi, è chiaro, le cose si fanno in due. Se non fossero avvenute certe dinamiche, mi sarei guardato intorno».

Parliamo di Baroni. Non pensi sia troppo discusso e criticato a Roma? Piazza difficile, succedeva anche a Sarri e Inzaghi.

«Mi sembra che a volte si faccia un po’ troppo casino. Mi è capitato di leggere e di ascoltare tante cose. Usciamo con il Bodø e Baroni va via a fine anno, ora è pronto il rinnovo: l’equilibrio a Roma non c’è. Penso che il mister abbia fatto un lavoro straordinario con tanti giovani in squadra. Il cammino è stato fantastico. Nella prima parte della stagione giocava una squadra in Europa League e un’altra in campionato. Secondo me il mister merita tanto».

Perché poi siete calati?

«Qualche infortunio, la fatica e hanno inciso le tantissime partite. Non parlo dell’aspetto fisico. A un certo punto è stato pesante da sopportare a livello mentale. Erano tutte partite vicine e importanti. Da qualche parte qualcosa abbiamo lasciato».

Tra uno o due anni dove vedi la Lazio?

«Siamo all’inizio di un progetto, di un ciclo come si dice, e possiamo toglierci tante soddisfazioni».

Non è stata una stagione felice per la Lazio con gli arbitri e sei il capitano.

«Sì, ci sono stati molti episodi sfavorevoli e spesso in partite importanti, ma dobbiamo accettarlo, perché se ci aggrappiamo agli alibi e ci pensiamo, diventa uno svantaggio. Noi cerchiamo di giocare le nostre partite. Alla fine spero che tutto torni in equilibrio e le cose si sistemino».

Il fallo non fischiato, anche la decisione dubbia per un episodio banale vi fa scattare subito e protestate. Dalla tribuna è percepibile il nervo scoperto della Lazio.

«Non dobbiamo cadere in questo, dobbiamo andare oltre. Lo so, a volte è snervante. Parlo anche di me. Mi è capitato in più di una partita, non solo quest’anno. Subisco una quantità di falli dallo stesso difensore per tutta la partita. Poi, al primo fallo che commetto, vengo ammonito. È qui che esce il nervosismo».

Per il tuo modo di giocare e di proteggere la palla, prendi un sacco di calci. Ti senti penalizzato?

«Sotto certi aspetti sì. Perché spesso il fallo che mi viene fatto non è da sanzionare, ma se lo fai cinque o sei volte e l’arbitro non interviene con il cartellino giallo, è normale che il difensore continui a farlo. Così blocca la nostra azione, noi dobbiamo mettere la palla giù e loro si sistemano».

Il gioco ne risente, la fantasia non è tutelata, ma sul campo non bisogna perdere la pazienza.

«Lo devo fare per me e da capitano anche quando succede ai miei compagni. In campo bisogna veramente mantenere un equilibrio mentale di alto livello».

Tra un mese, a Oslo con la Norvegia, parte la caccia al Mondiale.

«È un mio obiettivo, penso lo sia per tanti di noi che indossano l’azzurro, chi non ci pensa? Sarebbe veramente bello andarci. Il girone non è facile, ma noi siamo l’Italia e dobbiamo qualificarci, non ci sono altri pensieri. Dopo l’Europeo, penso che il momento più complicato per la nazionale sia stato superato. Spero di esserci a Oslo, ma non lo so, non ho sicurezze, il modulo un pochino mi penalizza, anche se partendo da sinistra mi piace andare a giocare dentro al campo. Vedremo».

Il tuo amico Immobile tornerà a giocare in Italia?

«L’ho sentito pochi giorni fa, ma non ho affrontato il discorso, non gliel’ho chiesto. In ogni caso penso che ancora Ciro ne abbia, dovunque giochi».

L’ultima. Quanto è difficile essere il capitano del presidente Lotito?

«Diciamo che è impegnativo, ma da quando sono arrivato ho sempre avuto con lui un bel rapporto, raramente abbiamo discusso. Per ora grossi problemi non ce ne sono stati».