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Extra Lazio – Andreazzoli: Finale del 26 maggio? L’hanno persa Totti e De Rossi

Extra Lazio – Andreazzoli: Finale del 26 maggio? L’hanno persa Totti e De Rossi - immagine 1

L'allenatore dell'Empoli torna sulla trionfale vittoria della Lazio puntando l'indice contro i due leader romanisti

redazionecittaceleste

Alla fine, i sassolini dalla scarpa li ha tolti. Con stile, eleganza, quasi sottovoce. Confessandosi con il settimanale della Gazzetta Sportweek. Aurelio Andreazzoli torna sull’episodio principale che ha caratterizzato la sua carriera. E indica i colpevoli. La data è quella del 26 maggio 2013. La partita è la finale di Coppa Italia che va in scena all’Olimpico. Minuto 71. Cross di Candreva dalla destra, uscita maldestra di Lobont, difesa della Roma spiazzata. La porta del Paradiso è spalancata, Senad Lulic entra nella storia. La Lazio vince il derby più importante della storia confermando di essere la prima squadra della Capitale. Per genesi, storia, blasone e trofei.

"La mia conferma come allenatore della Roma sarebbe scattata in automatico se la squadra non avesse perso la finale di coppa Italia proprio contro la Lazio, per giunta all’Olimpico - sottolinea Andreazzoli - un mese dopo arriva Garcia, la squadra viene presentata allo stadio, entrando in campo sotto la Sud. In ordine alfabetico. Doppia A iniziale, nel nome e nel cognome, non si scappa. Quando sono entrato, i tifosi un po’ di casino lo hanno fatto: di certo non mi hanno applaudito. Ero quello che aveva perso il derby di Coppa Italia. Ma dire che l’avevo persa io, significherebbe dire che l’allenatore è più importante dei giocatori, e non è così. In quella squadra c’erano Totti, De Rossi Balzaretti: la finale la persero loro".

"Con Garcia tornai al mio vecchio ruolo di allenatore in caso di bisogno. A un certo punto mi stancai di non allenare e dissi: basta, torno a casa e smetto. Poi arriva la chiamata dell’Empoli: questi che vogliono? Sarebbe stato brutto dire Non mi interessa a chi, al contrario l’interesse nei tuoi confronti lo dimostra. Così studio la squadra, ci incontriamo, espongo le mie idee. A quel punto nasce l’Empoli del 4-3-1-2 che ora è un marchio tattico della squadra. Non avevo mai adottato quel sistema, ma mi sembrava ideale per i giocatori che avevo a mia disposizione".