Nel format "Gen Z", presentato sui canali ufficiali della Lazio, è stato intervistato Filipe Bordon, difensore biancoceleste della Primavera. Ecco le sue parole. "Arrivare a Roma, una grande capitale, da una piccola città del Brasile, cambia la vita ad un ragazzo giovane come me. Io, mio padre e mio fratello siamo difensori: tutti e tre altri e grossi, caratteristiche giuste per fare il centrale "cattivo".
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PRIMAVERA | Lazio, Filipe Bordon: “Il club mi ha dato tanto. Ho legato molto con Felipe Anderson”
A casa ho avuto l'esempio di mio padre: grazie a lui sia io che mio fratello abbiamo iniziato a giocare a calcio. Quando ero piccolo, aveva un centro sportivo, simile ad una piccola scuola calcio, dove abbiamo giocato fino a 11 anni. Successivamente sono andato a giocare con squadre professionistiche: sia nella mia città, sia più lontano.
Quando ero piccolo facevo l'attaccante o il centrocampista, poi sono diventato il più alto dei miei compagni e mi sono spostato nel reparto difensivo. Come me, anche mio padre ha avuto l'opportunità di esordire in nazionale: ha giocato la Copa America e l'ha vinta. Ha giocato con tanti fenomeni di quell'epoca e per lui è stata una grande soddisfazione, come lo è stata per me.
Ho dimenticato un po' l'italiano perché sono stato due mesi fuori a giocare la Copa America in Venezuela. Adesso, piano piano, mi abituerò nuovamente. L'esperienza in nazionale è stata incredibile: non mi sarei mai aspettato di vivere un'emozione come questa. Per me è stato davvero un orgoglio vincere la Copa America con la maglia verdeoro.
Sinceramente non mi aspettavo la chiamata del Brasile: io sono un giovane che gioca all'estero, invece loro tendono a dare la priorità ai giocatori che giocano in patria. La convocazione è stata una soddisfazione incredibile: sono andato lì con grandi giocatori, anche se giovani. L'inizio, tuttavia, non è stato semplice.
Abbiamo perso nella prima gara contro l'Argentina, i nostri grandi rivali, per 6-0. La nostra testa, però, ha guardato sempre l'obiettivo finale: eravamo consapevoli di potercela giocare fino alla fine, nonostante la sconfitta iniziale. La prima fase è stata davvero complicata, abbiamo perso due gare, ma quello che conta è che siamo noi ad esserci laureati campioni.
Abbiamo festeggiato tanto: non era scontato, perché il paese, la nostra formazione e anche la prima squadra non venivamo da un bel momento. Proprio per questo vincere il torneo si è rivelato ancora più soddisfacente. La mia famiglia è sempre al primo posto: faccio di tutto per ripagare ciò che loro hanno dato a me, lo stesso vale per mio fratello.
Io e Ricardo siamo molto legati, ormai facciamo coppia, tanto in campo quanto fuori dal rettangolo. Ci aiutiamo sempre: siamo uniti a prescindere da quello che succede. Siamo più simili che differenti: una coppia perfetta. Avevamo già giocato insieme da piccoli, in Brasile, e ora siamo tornati a condividere questa gioia.
Giocare con mio fratello, tornare a casa insieme a lui, è bellissimo: è un compagno di vita, oltre che di squadra. Al di là del fatto che sia mio fratello, anche lui è difensore e devo coprirgli le spalle, sempre. Il mio idolo da piccolo era mio padre: abbiamo le sue foto in casa, anche nella mia stanza.
Di mio padre calciatore ammiro il suo spirito da leader. In tutte le squadre dove è andato ha portato la sua leadership. Io giocavo in una squadra brasiliana di Serie D, acquistata dal mio procuratore, quando mi hanno detto che c'era la possibilità di venire in Europa ho accettato senza alcun dubbio.
L'hanno scorso ho conosciuto Felipe Anderson: abbiamo legato molto. È una bravissima persona, oltre che ad essere un gran calciatore. Oggi un difensore moderno deve avere tre caratteristiche: essere bravo con i piedi, essere veloce e avere una forte leadership, la cattiveria agonistica non può mai mancare.
Prima di arrivare a Roma avevo anche avuto la possibilità di andare al Bologna. Parlando con la mia famiglia e i procuratori, successivamente, ho capito che venire alla Lazio fosse la cosa più giusta per me: era ciò che volevo. Appena sono arrivato ho capito subito l'importanza di giocare con l'aquila sul petto. Ogni giorno voglio dare più perché la Lazio ha fatto tanto per me.
Il mio obiettivo è quello di arrivare al top: nella mia testa posso arrivare dove voglio, consapevole che devo crescere ogni giorno sempre di più. Adesso sogno di esordire in Serie A con la maglia della Lazio e giocare, magari, anche in Europa. Finché non arriva il momento giusto, continuerò a lavorare. Ho molta fiducia nella mia squadra e credo che anche loro contino su di me: il momento giusto arriverà."
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