Continua lo scontro sulla riapertura degli stadi, con il Cts che chiede una capienza limitatissima, i presidenti di A che chiedono almeno il 50% effettivo. A spuntarla, alla fine, potrebbe essere Valentina Vezzali che, nel ruolo di mediatrice come Cittaceleste vi ha raccontato ieri, cerca di trovare un accordo che accontenti tutti. Intanto, però, la FIGC chiede aiuto al Governo per quanto riguarda un altro ambito. Stiamo parlando degli aiuti richiesti alle istituzioni per cercare di far ripartire il mondo del calcio italiano. Come riporta oggi Repubblica, infatti, è stato inviato la scorsa settimana il progetto al Presidente del Consiglio Mario Draghi. Ma di cosa si tratta?
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Serie A, la FIGC chiede aiuto al Governo: via al “Progetto Fenice”
La Federazione pronta a chiedere aiuto alle istituzioni alla ricerca di sostegno per un sistema non più sostenibile
I dettagli e i numeri
Si tratta del “Progetto Fenice”, un piano che analizza i numeri del calcio italiano negli ultimi dodici anni. Numeri che parlano di una perdita complessiva di 4,1 miliardi di euro e di un indebitamento quadruplicato. E che raccontano di un calcio non più sostenibile nel breve medio periodo. Il tutto senza considerare gli ultimi anni, segnati dal Covid. Per la sola Serie A, le perdite sono state drammatiche. Sono per esempio 302 i milioni persi dai ricavi degli stadi e 228 quelli persi dagli sponsor. E sono pari a poco più di 1 miliardo le perdite totali e a 5,2 miliardi i debiti accumulati.
Le soluzioni possibili
Misure di sostegno pari a 500 milioni: è questo quanto si chiede al Governo e, di questi, 360 sarebbero destinati alla Serie A. A cui si aggiunge la sospensione dei pagamenti fino al 2024, così come l’idea di allargare i vantaggi fiscali del decreto crescita a tutti i trasferimenti. Magari con anche un occhio di riguardo allo sviluppo del settore giovanile e del calcio femminile. Da parte sua, la FIGC si impegna invece a promuovere l’autosufficienza economica dell’intero sistema calcio. Inserendo magari un tetto di spesa e un sistema di monitoraggio. Ma soprattutto, conclude Repubblica, un salary cap con annessa luxury tax per quei trasferimenti che dovessero sfiorarlo.
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