Dino Zoff compie ottant’anni. É stato giocatore, allenatore, presidente. Ed è stato un pezzo di storia laziale, quella incastrata tra la rinascita e il trionfo. Arrivò a Roma all’indomani dei Mondiali del 1990. Le notti magiche erano finite anche per Superdino, congedato dalla Juventus dopo aver vinto - nello stesso anno - una Coppa Uefa e una Coppa Italia. Il capitano dell’Italia Mundial incassò il colpo, e si rimise in gioco. La Lazio di Calleri era una formazione più che dignitosa, costruita con grande abilità dal suo presidente che - in gioventù - era stato un calciatore della Lazio, e del direttore sportivo Carlo Regalia.
news
Extra Lazio – Dino Zoff compie 80 anni: ecco la sua storia laziale
E' entrato a far parte della famiglia laziale dal 1990. E' stato allenatore e presidente, sulla panchina non ha mai perso un derby
Zoff abbracciò quella nuova avventura con cauto entusiasmo, come imponeva la sua indole friulana. Da allenatore, Dino Zoff ha un primato significativo: non ha mai perso un derby nella sua esperienza laziale. Con quella squadra, Zoff iniziò a edificare un progetto che nel giro di un decennio avrebbe poi portato ai fantastici successi dell’era Cragnotti. La prima stagione fu ordinaria: tanti pareggi e qualche squillo di tromba, come il successo ottenuto in campionato contro la Juventus, un’impresa lontana di almeno un decennio. Nella seconda stagione, il club alzò il livello qualitativo della rosa puntando sul tedesco dell’ex DDR Thomas Doll. L’ingresso in società di Sergio Cragnotti - inizialmente con quote minoritarie - non solo fu la svolta della stagione, ma fu la svolta della storia laziale.
Cragnotti conferma Zoff sulla panchina della Lazio, rivoluziona la squadra, punta dritto al successo. Zoff si ritrova un organico rivoluzionato. Ma soprattutto si ritrova Paul Gascoigne. Mai, due personaggi così diversi si sono legati come Dino e Gazza. Il pudore del friulano e la spudoratezza dell’inglese erano due forze contrapposte che finivano inevitabilmente con una vicendevole attrazione. Nella Lazio di Zoff c’è anche Beppe Signori che andrà a vincere il titolo cannonieri al primo colpo. E ci sono Aaron Winter e Diego Fuser, centrocampisti dall’eccellente rendimento. Zoff per loro è una guida sapiente: a fine stagione la Lazio torna in Europa.
Il club continua a investire, la squadra cresce ancora. Zoff ora ha disposizione anche Marchegiani, Negro e Favalli, ai quali aggiunge un giovanissimo Alessandro Nesta, promosso dalla formazione Primavera. E’ la difesa della squadra leggendaria che di lì a poco andrà a vincere tutto. I risultati ci sono, ma il gioco non soddisfa. Il Presidente Cragnotti sceglie Zeman per la stagione successiva, ma promuove Zoff come presidente. E’ un ruolo dirigenziale, che il friulano accetta quasi malvolentieri: si sente uomo di campo, vuol stare a contatto con il terreno di gioco. Ma l’intuizione di Sergio Cragnotti - come al solito - è buona.
Zoff è il Ministro degli Esteri di una Lazio che viaggia in Europa, e che ha un presidente conosciuto in ogni angolo del mondo. Quando accompagna la squadra in trasferta, Zoff è l’unico che passa la frontiera senza passaporto: non solo non gli chiedono i documenti, ma gli agenti doganali si mettono sempre in fila per un autografo. Sul campo la squadra trova un gioco spumeggiante, ricco di gol e di giocate offensive. Dopo due stagioni esaltanti, la Lazio si inchioda, e Zoff - nel gennaio del - 1997 - torna nuovamente in panchina. Pochi accorgimenti, e la squadra torna a spiccare il volo. Ma è un’esperienza momentanea, dopo pochi mesi Zoff si riprende il suo ruolo di presidente lasciando la squadra in mano a Sven Goran Eriksson.
Zoff, intanto diventa ct della Nazionale, portando l’Italia a un passo dalla vittoria dell’Europeo. La sua grande dignità gli impone di dimettersi quando le critiche del Premier Berlusconi lo colpiscono ferocemente all’indomani della finale persa con la Francia. Ma Superdino resta senza panchina per pochi mesi: la Lazio scudettata sbanda, Eriksson cede alle lusinghe della Nazionale inglese, e Zoff viene chiamato per guidare ancora una volta la squadra biancoceleste. “Mi sento un uomo del casato, non potevo dire di no alla chiamata di una squadra che reputo essere anche la mia famiglia". Calciatore, allenatore, presidente. Commendatore, cavaliere della Repubblica, e Campione del Mondo. Ma soprattutto un Mito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA