I primi calci al pallone con la maglia del Savio, poi l’interesse della Lazio che lo porta a Formello. In biancoceleste tutto il percorso nelle giovanili, fino alla cessione alla Virtus Francavilla. Quindi gli anni di gavetta tra Serie C e Serie B, fino all’approdo in Serie A - sempre in prestito dal Napoli, che lo ha prelevato dalla squadra pugliese - con la maglia del Verona. Oggi Michael Folorunsho si gode i primi passi nella massima serie e il frutto del duro lavoro in questi anni di gavetta. E proprio per ripercorrere la sua carriera ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Cronache di Spogliatoio. Tanti i temi toccati, tra cui i primi passi con la maglia della Lazio e con l’allenatore dell’epoca, Simone Inzaghi. “Mi ha fatto esordire in Primavera, quel giorno entrai in campo… non nel migliore dei modi”, racconta il calciatore.
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Folorunsho: “Alla Lazio con Inzaghi un sogno, pensavo di essere arrivato. Ma…”
“Il mister ci teneva particolarmente a lanciarmi, quindi a fine partita mi ha ripreso davanti a tutti: nello spogliatoio la sua sgridata è subito diventata un meme, perché ha iniziato ad apostrofarmi in modo divertente e tutta la squadra è scoppiata a ridere. Da un diverbio, ne è nato un modo per confrontarsi: da quel giorno non mi ha più tolto”. Non solo l’avventura in Primavera, ma anche il primo assaggio del mondo del professionismo. “Grazie a Inzaghi ho realizzato parte di un sogno. Quando è andato in Prima Squadra, mi ha convocato per una panchina in Coppa Italia, a San Siro contro l’Inter. La mia prima panchina tra i professionisti, con la mia squadra del cuore. Era il sogno di una vita. A scuola sono da sempre il più competitivo quando si parla di calcio. A Roma in una classe, su 10 bambini… 8 tifano Roma! E io in qualche modo devo difendere la Lazio”.
Ma sul più bello arriva l’addio con i biancocelesti, che Folorunsho oggi analizza con lucidità: “Quando esci dalla Primavera, ti rendi conto di aver vissuto sulle nuvole. Credi che sia tutto bello là fuori, che sei bravo quanto i ragazzi che sono già in Prima Squadra. Pensi di essere arrivato, ma non è vero niente. Ognuno ha il proprio percorso, e io non ero pronto al salto. Per questo la Lazio ha deciso di non tenermi. Ho trovato un mondo completamente diverso in Serie C! La cosa più difficile? Vivere uno spogliatoio con persone più grandi di te, cambiano l’approccio e il modo di relazionarti. È l’impatto che ho subito di più”. Alla Virtus Francavilla le cose non sono andate bene: “Mi hanno messo ai margini dopo una bravata: tutti piccoli errori, ma era giunto il momento di sbatterci la testa e farmi capire che non devo commetterli”.
Quindi la presa di coscienza. “Mi sono detto: ‘Un anno fa eri in panchina con la Lazio a San Siro, ora ti alleni con la Berretti alle sette di sera, da solo. Che vuoi fare, la Serie C per sempre?’”. Una nuova occasione arriva però quando il Napoli lo nota, acquistandolo e girandolo in prestito al Bari. “Ero felicissimo: Bari ti sa formare come calciatore e come uomo, una piazza importante. Volevo fare bene, ma sono stato una delusione. Dopo due anni in C, mi sentivo pronto. Ho giocato poco e male, non ero in condizione e non ero al 100%. Sono ripartito dalla Reggina e lì sì che sono maturato davvero”.
Poi il passaggio al Pordenone e il ritorno al Bari, con la delusione della mancata promozione. “La delusione a fine campionato è stata tanta: non credo di avere la forza di parlare della finale play-off e di quel palo che ci ha fermato a un centimetro dalla gloria”. Quindi il ritiro col Napoli: “Non era il primo ritiro con i partenopei, ma a colpirmi è la mentalità: hanno appena vinto lo Scudetto e qui nessuno si è adagiato. Le doti tecniche non si discutono, ma è nella testa la vera chiave”. E infine l’arrivo a Verona: “Ritrovo Baroni come allenatore, quando siamo stati insieme alla Reggina mi ha cambiato la carriera. Mi ha completamente aperto la mente. Adesso ritrova un ragazzo che ha la stessa fame di quando mi ha scoperto: mi ha stravolto, io sono un gran lavoratore e voglio dargli qualcosa in cambio”.
Nessun rimpianto. “Non cambierei il mio percorso con niente. Tanti mi dicono che sarei potuto arrivare prima in Serie A: ci sono arrivato adesso, da giocatore maturo. Se ho esordito in Serie A lo devo a mia madre. Ce l’ha messa tutta. A scuola ero una frana e non riuscivo a dare il mio meglio, perché ero concentrato sul calcio: l’unico posto in cui i miei ritardi si possono contare sulle dita di una mano. Ogni volta che mi ha messo in punizione, non mi ha mai tolto la possibilità di giocare perché vedeva quanto impegno e diligenza ci mettessi, e soprattutto quanta voglia avessi”.
Infine, una chiusura sul Fantacalcio: “Quest’anno ho fatto la mia prima asta... da giocatore di Serie A, dentro al listone. I miei amici mi hanno rilanciato fino a 8. Li ho guardati: 'Ma siete pazzi? Secondo voi mi rilancio a 9? Mica li valgo!'. Ho già capito quest’anno... in direct prima mi scrivevano soltanto i tifosi del Bari, da quando ho firmato con il Verona mezzo mondo mi chiede i bonus!”.
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