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Lazio, Simeone: “Mi piacerebbe allenare i biancocelesti. Nel 2000…”

Diego Simeone
Le dichiarazioni di Diego Pablo Simeone sullo scudetto vinto nel 2000 con la Lazio e su un possibile approdo in panchina nei prossimi anni
redazionecittaceleste

Il nome di Simeone è scolpito nella storia della Lazio per l'eternità. Non solo per i tanti gol decisivi segnati in biancoceleste, ma anche per l'attaccamento ai colori e al suo modo di incarnare la lazialità. Oggi, come molti giocatori di quegli anni, è uno dei migliori allenatori del mondo con l'Atletico Madrid. Il tecnico argentino è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport: ecco cosa ha detto sul passato biancoceleste e su un possibile futuro.

Più forte la sua Lazio tricolore del 2000 o il Napoli del Cholito oggi?

"Quella Lazio è la squadra più forte in cui abbia mai giocato, per individualità. Questo Napoli è ancora più solido come gruppo e meccanismi"

Almeyda, Sensini, Simeone, Veron, dopo lo scudetto pure Crespo e Lopez: quella Lazio era molto Argentina.

"Vero, ma c’erano tantissimi altri giocatori fortissimi. Ogni allenamento era una battaglia. Una volta ricordo che Mancini scattò ma io non gli passai la palla e si arrabbiò. Gli dissi: "Non saresti arrivato sul lancio". Lui rispose: “Dovevi fare un passaggio dietro la linea difensiva, non un lancio”. Aveva ragione. Quella frase mi rimase impressa e oggi lo insegno ai miei giocatori. Non eravamo grandi amici ma da quel gruppo sono venuti fuori buoni allenatori. Io e Veron non ci prendevamo, non ci parlavamo, ma in campo ci capivamo. Penso all’assist per il gol con cui abbiamo battuto la Juve a Torino. Una rete decisiva per lo scudetto". 

Lei è un totem all’Atletico e una bandiera di Inter e Lazio: ha mai pensato di tornare in Italia ad allenare?

"Sì. Quando lo feci a Catania maturai molto il mio approccio con la squadra, le mie idee. Non so quanto ancora potrò allenare, ho 53 anni: altri 5? Di sicuro il nostro è un mestiere stressante. Ma poi penso che sono bastati pochi giorni di vacanza per farmi tornare la voglia di rientrare in campo. Il prato è come una droga per noi. Spesso mi capita di incontrare tifosi interisti e laziali che mi chiedono di tornare. Chi può saperlo? Di sicuro mi farebbe piacere".