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RIVIVI IL LIVE | Sarri: “Addio alla Lazio? Ecco perché. Lotito e il mercato: vi dico tutto”

Maurizio Sarri
L'ex tecnico biancoceleste torna a parlare dopo le dimissioni presentate a marzo: appuntamento alle 22:15 per seguire tutte le sue parole
Michele Cerrotta

Torna a parlare Maurizio Sarri. L'ex allenatore della Lazio lo fa in un'intervista, la prima dall'addio ai biancocelesti, rilasciata a Sportitalia. Tra futuro e passato, Sarri parla a tutto tondo: la Lazio, i giocatori, l'addio, i tifosi. Poi la chiosa sul mercato e Lotito. Questo le sue parole. “È la prima intervista in ufficio (ride, ndr). Quando sono a casa questo è il mio rifugio per tante ore ogni giorno, qui è dove si riflette, si studia e si programma provando ad avere l’umiltà di ripartire da dove si è sbagliato”.

Cosa rimane della Lazio?

Tante sensazioni, anche contraddittorio. A livello globale è stata una bella esperienza, con il miglior risultato della Lazio nell’era Lotito. Poi un pizzico di delusione per l’ultimo mese, ma non può scalfire la storia di tre anni. Secondo me ho preso la decisione giusta, la squadra aveva bisogno di una scossa forte in quel momento e ho capito che potevo darla solo io con una decisione forte. Ho avuto la sensazione che soprattutto da chi era lì da più tempo si facesse fatica a togliere lo stato di piattezza mentale. Era giusto togliersi da una condizione mentale che li portava a fare partite tristi”.

Ci stavi pensando anche nei mesi precedenti?

Io dissi che se avessi dovuto fare una scelta lucida ed egoistica avrei dovuto andar via dopo il secondo posto, era difficilissimo ripetersi su quei livelli. Quel risultato è stato sopravvalutato, era frutto di una nostra annata eccezionale e del fallimento di squadre più forti. E si è innescato un meccanismo di aspettative troppo elevate. Le dimissioni potevo darle o lì o durante il mercato”.

Ti sei pentito?

Non so, le decisioni vanno giudicare per lo stato d’animo in certi momenti. Stavo bene alla Lazio, con i tifosi e i giocatori. Mi sembrava di tradire ad andar via. Poi a livello personale forse avrei fatto bene. Ma è stata una scelta di cuore”.

Il contratto?

È giusto lasciarlo se arrivi a prendere una decisione di quel tipo. È chiaro che ne devi fare le spese anche te. Lo fanno in pochi, ma ci sono momenti in cui la scelta va fatta”.

Ti sei dato una spiegazione di quanto successo?

L’ho visto da chi era lì da più anni, ma non si può pensare a situazioni particolari dietro, non ho dubbi. Semplicemente non riuscivo a sollevarli da certe sensazioni negative. Era una cosa generalizzata, che riguardava i giocatori lì da più anni. I nuovi erano in una situazione mentale probabilmente diversa. Ma non ho dubbi sulla buona fede dei giocatori, a volte purtroppo ci sono situazioni in cui la squadra si appiattisce e ci vuole una scossa o dalla società, o dall’allenatore o dai ragazzi. Ho provato a darla io”.

E Kamada?

Ha fatto fatica per cinque mesi anche Platini. Normale che un ragazzo giapponese faccia fatica all’inizio. In allenamento si vedeva che era di buon livello, poi nei mesi con me ha fatto fatica, ma non avevo dubbi che sarebbe venuto fuori”.

A cosa è servito questo periodo? Da dove ripartirai?

La morte di un genitore non serve, è solo un’esperienza dolorosa. A livello calcistico ci sono dei momenti in cui è troppo facile dare la colpa a tutti e giustificare se stessi. Con lo staff stiamo provando a fare un percorso per capire dove probabilmente abbiamo sbagliato anche noi. Non possiamo risolvere problemi altrui, ma stiamo discutendo su cosa potevamo fare meglio noi”.

Una cosa che avete proprio sbagliato c’è?

Forse tanti errori vengono fuori a livello inconscio. Io sono uscito deluso dal mercato estivo e questa mia insoddisfazione inconsciamente l’ho trasmessa alla squadra. A livello conscio avevo cercato di cancellare tutto e ripartire con lo stesso entusiasmo, ma a livello inconscio è un’altra cosa”.

Cosa intendevi con progetto arrapante per il futuro?

Significa mettersi a sedere, avere di fronte una proposta su cui ti fermi subito capendo sia una cosa bella. Arrapante nel senso di fortemente stimolante, una cosa che vorresti fare tu e che ti dispiacerebbe veder fare ad altri”.

C’è un identikit?

Mi piacerebbe fare un percorso, anche con una squadra giovane in grado di stare insieme per un periodo medio lungo e vedere dove si può arrivare. Poi si parla di giovani a volte anche in maniera insensata: i giocatori sono forti o meno forti. Il giocatore forte e giovane è quello più stimolante, perché più facilmente plasmabile. Un percorso con una squadra giovane a me piacerebbe, così come una società che vuol crescere, che non ha fretta e che piano piano ha le idee chiare su come crescere”.

La Fiorentina?

“Quando si parla con voi tirate sempre fuori una frase da un contesto. Io non posso tornare a casa e leggere che mi sono proposto. Non l’ho fatto, ma ogni volta che scendo dalla macchina abitando in zona mi viene chiesto di Firenze. Ho chiarito: non c’è mai stato nessun approccio o nessuna trattativa. Quella sul Viola Park era una battuta”.

Thiago Motta è l’allenatore dell’anno?

Bellissima stagione, bel calcio espresso con una squadra giovane e bella. Ma Baroni è al secondo miracolo consecutivo, ha fatto una stagione straordinaria. Ma a livello mediatico di alcuni si parla molto, di altri poco”.

Un consiglio a Thiago Motta?

Io non so se andrà alla Juventus, è un’ipotesi. Secondo me sarà un allenatore da squadre di alto livello, ma deve rimanere quello che è senza piegarsi al nome della società in cui andrà a lavorare. Sicuramente è un ragazzo intelligente, ha presente le sue caratteristiche e le porterà avanti”.

È quello che hai fatto da Empoli a Napoli?

Lì ho avuto la fortuna di trovare una squadra molto adatta al mio modo di pensare calcio. Non c’è mai stato bisogno di snaturarsi”.

Se tu avessi fatto quello che ha fatto Allegri che sarebbe successo?

Sicuramente a me non è mai stato perdonato niente. Purtroppo faccio parte di quei pochi che arrivano dal basso e chi è in alto spesso lo vuole ricordare. Ma secondo me venire dal basso è una qualità. E durante la mia carriera ho spesso avuto questa sensazione. Non si può giudicare l’atteggiamento di un allenatore, perché le cose bisogna viverle. Ieri sera ho letto una cosa che mi ha lasciato perplesso: in un club in cui vincere è l’unica cosa che conta, forse non sono soddisfatti della Coppa Italia. È una constatazione. Se lo avessi fatto io quello che ha fatto Allegri, sicuramente non mi avrebbero trattato benissimo. Ma non serve fare vittimismo, serve consapevolezza e comportarsi di conseguenza”.

Quattro anni fa lo scudetto con la Juve, ma sembrava un portaombrelli. Che idea hai oggi di quella stagione?

Il fatto che la Juve non è allenabile a livello pubblico non l’ho mai detto, è un virgolettato che mi hanno attribuito. Ma va bene, va inserito tutto nel contesto di un club che vinceva da otto anni di fila. In quel momento sembrava una cosa scontata, il club faceva passare l’idea che avessimo l’obbligo di vincere la Champions ma eravamo il dodicesimo fatturato. Poi si può vincere lo stesso, ma mi sembrava troppo ottimistico sbandierarlo fuori come un obbligo”.

Giuntoli-Thiago Motta coppia da ciclo?

Penso di sì: Thiago ha idee, è forte. E Cristiano è un fuoriclasse assoluto: componente, determinato, tosto, lucido. Sa capire che allenatore ha e quali giocatori servono, che gestione serve nello spogliatoio. Penso sia una coppia destinata a crescere”.

Il Napoli?

Riparte da una squadra forte, dopo l’Inter era la più forte per me. Ma purtroppo capitano stagioni così, vinci il campionato e poi hai un down amplificato. A Napoli tutto lo è: è la sua bellezza, ma anche un rischio. Ma non si può pensare che ora sia una squadra scarsa. Si è persa, ma ci sono le basi per ricostruire una squadra forte”.

E l’allenatore?

Dipenderà dalla società, spesso anche andando controcorrente ha fatto bene. Dipenderà da loro”.

L’Inter?

Ho seguito poco. A volte ho detto che mi piace andare dove il proprietario è una faccia, altrimenti poi ti trovi in storie di questo tipo. Il fondo d’investimento prende una società per rivenderla e guadagnare, penso ci si dovrà fare l’abitudine: è il calcio moderno”.

Inzaghi?

Stagione di grande livello, lo scorso anno erano in finale di Champions e quest’anno hanno vinto il campionato a fine girone di andata”.

Da nuovo ciclo?

È una squadra un po’ da ringiovanire, ma si stanno muovendo per farlo. Hanno uno dei centrocampi più forti d’Europa. Se la squadra rimane questa ripartiranno un passo avanti a tutti. Poi le stagioni non sono sempre le stesse”.

Perché il Milan cerca allenatori stranieri? Gli italiani sono ancora i migliori?

Se si parla di allenatori i nostri a livello di media sono i più forti. Ma non significa che uno forte non possa arrivare dall’estero: ce ne sono anche di più forti. Se si parla di livello medio, però, quelli italiani sono ancora leggermente superiori”.

Se fossi un presidente sceglieresti un allenatore italiano?

Io per mentalità se potessi scegliere non solo prenderei l’allenatore italiano, ma anche in squadra più italiani possibili. L’identità si forma più così che in altri modi: la Juve del ciclo vincente aveva tanti italiani”.

Si può vincere l’Europeo?

Abbiamo una squadra di buon livello, ma da qui a vincere una manifestazione che è un torneo ci sono duemila fattori. Mi viene spesso da ridere quando vedo che i giornalisti individuano le nuove tendenze del calcio mondiale in questi tornei: è una cazzata assoluta. Si tratta di squadre che stanno insieme venti giorni. È un torneo, con tutti i suoi rischi: come arriviamo dal punto di vista fisico, mentale. Il rischio è quello della stanchezza mentale dei nostri: da noi il calcio è più pesante, dopo dieci mesi non è facile arrivarci sempre con la testa lucida. Ci sono due milioni di componenti, ma possiamo essere competitivi”.

Cosa ha portato Spalletti?

Entusiasmo, freschezza tattica e mentale. Senso d’appartenenza. Penso stia facendo bene”.

Scamacca è l’attaccante ideale?

In questi ultimi due-tre mesi ha dato sensazioni di crescita, sarà nella rosa di chi andrà all’Europeo sperando possa essere la sorpresa”.

Il tuo 4-3-3 resta un riferimento anche in prospettiva? È perfezionabile in cosa?

Penso che la tattica nel sistema centri poco. È lo stile di gioco che conta e in questo momento spesso si fa calciare come calcio moderno quello uomo contro uomo degli Anni Settanta con la differenza che una volta c’era il cosiddetto libero. Se guardi le semifinali delle competizioni europee non c’è una squadra che gioca così. Poi c’è da fare un distinguo tra precursori e seguaci. L’uomo contro uomo di Gasperini è molto raffinato, con scalature in avanti ben precise. Nei seguaci di raffinato non c’è nulla. Gasperini è un allenatore straordinario, che gioca in modo completamente diverso dal mio: modi diversi di interpretare il calcio, ma bellissimo. Poi non mi sono piaciuti i seguaci, che hanno estremizzato il gioco ma senza raffinatezza. Si è innescato un modo di giocare che è andato all’eccesso”.

Le tue rinunce sono le stesse di De Zerbi. C’è qualcuno che ancora può mettersi in finestra a costo di rinunciare a un contratto oneroso?

Se posso dargli un consiglio è di rimanere in Premier. Io ho fatto l’errore di lasciarla, se tornassi indietro non lo farei. In quel periodo Abramovich poteva entrare in Inghilterra solo col visto da turista. Non venne mai in Inghilterra, l’ho visto sempre all’estero e lo fece rallentare a livello di investimenti. In quel Chelsea un allenatore non finiva mai il secondo anno, ma non era importante: magari l’anno dopo andavi all’Arsenal o al Tottenham. I momenti sono decisivi nelle scelte”.

Perché il clinic?

Per dare una mano a una società del mio territorio in cui mio figlio si è ritrovato presidente. Io e il mio staff partecipiamo volentieri, per dare una mano a una società del territorio. È una bella iniziativa, dal 5 al 7 giugno. Io parteciperò a tutte e tre le giornate. La prima è dedicata ai preparatori atletici, secondo me sarà una giornata di livello altissimo. Poi nel dibattito finale parteciperò anche io per far capire l’evoluzione di questo ruolo negli staff. Ormai è un ruolo che devi fare in grande sinergia con tutto lo staff. Il secondo giorno sarà per i preparatori atletico. Nel secondo giorno, se non sarà in Nazionale, ci sarà anche Provedel. Ormai si va verso un ruolo con tre-quattro parate a partita, tre-quattro uscite e quaranta tocchi di piede. L’ultimo giorno intervengo io con Dionisi che verrà e sarà tirato in ballo. Parleremo della preparazione della partita, con video di ciò che si è fatto con la squadra e ciò che avverrà in campo. Alla fine, però, l’argomento base è solo la base scatenante per il domanda e risposta”.

Vuoi salutare i tifosi della Lazio?

I tifosi della Lazio sono stati una sorpresa in positivo, un popolo bello. Molto spesso in Italia quasi tutti abbiamo un’idea sbagliata di questo popolo, perché spesso ormai sono etichettati. Ma è un popolo bellissimo, allo stadio vedi genitori con i figli piccolissimi. È stato un popolo sorprendente”.

La festa dei cinquant’anni del primo scudetto ti ha colpito?

Mi ha colpito, mi ha fatto dolore non esserci perché la storia di Maestrelli mi ha sempre affascinato in maniera particolare. È un imprinting che avevo sin da bambino, questo condottiero con grande personalità. È qualcosa che avevo dentro, la festa per i cinquant’anni l’avrei fatta volentieri”.

Avremo novità prima del clinic?

A livello diretto ho avuto contatti diretti solo con società straniere. Sto prendendo un attimino di tempo, ma è normale. Se mi cerca una società straniera mi devo mettere lì e vedere una decina di partite, ammesso sia sufficiente. Poi devi vedere anche le altre per farti un’idea del livello. È inutile vedere una squadra basandosi su cosa potrebbe fare in Italia se gioca in un contesto diverso. Voglio vedere anche il contesto. Sette-otto giorni per queste valutazioni occorrono, poi sono valutazioni che io richiedo a me stesso e al mio staff, che in questo periodo non voglio sentire: mi serve una relazione finale a prescindere da quello che penso. L’Italia? È sempre l’Italia, in ogni momento della vita di una persona ci sono delle priorità, io al momento ho necessità e qualche responsabilità personale. Vediamo”.

Vuoi mandare un messaggio a Lotito?

Io con Claudio sono stato bene. È un personaggio diverso da quello che appare pubblicamente. Mai un’interferenza dal punto di vista tecnico, è un grandissimo pregio. Ci sono stato bene, poi è chiaro che a livello di investimenti avrei fatto cose decisamente diverse. Ma poi come dicevo sempre la società è la sua, non ce lo dimentichiamo. È giusto faccia lui le scelte. Non ero d’accordo con quello che ha fatto quest’anno, ma è un presidente con cui sono stato bene”.